Ancora una volta la fantascienza diventa scienza: le famose tute distillanti di Dune sono ora una solida realtà.
La fantascienza come al solito precede la vera scienza, con i più grandi e visionari autori che in qualche modo influenzano le tecniche e le scoperte successive, ancora una volta vantando poteri da oracolo. Tra macchine guidate in modo automatico, IA che prende il controllo di ogni campo produttivo e computer in grado di starci nel palmo di una mano, il futuro è nei libri del passato.
Uno dei padri della fantascienza moderna è senza dubbio Frank Herbert, scrittore americano che nel 1965 pubblicò Dune, il primo libro di una serie composta da 5 titoli imperdibili. Immediatamente vinse il premio Nebula e il premio Hugo, il massimo per chi scrive di fantascienza. La sua storia è così complessa e apprezzata che ritorna, ciclicamente, alla ribalta.
Dopo diversi videogiochi e i film di David Lynch, ora la saga di Dune è stata riportata in auge e al cinema dal famoso regista Denis Villeneuve, che nel 2021 e poi nel 2024 ha portato due film di quella che lui ha immaginato una trilogia per raccontare una delle storie più appassionati e controverse della fantascienza moderna. Che continua a influenzare l’umanità.
Quando si pensa a Dune si pensa al famoso pianeta Arrakis, che in passato era proprio chiamato Dune. Un luogo dove la spezia, il melange, rappresenta la risorsa più rara e più ricercata della galassia, fornendo poteri mentali fondamentali a far funzionare la complessa macchina imperiale e delle singole casate che lottano per il suo dominio.
Pianeta inospitale e desertico, Arrakis ha costretto i Fremen, i locali anti-imperialisti, a costruire delle particolari tute in grado di filtrare ogni singola secrezione del corpo, dal sudore all’urina, affinché possa essere recuperata e trasformata in acqua potabile. Una risorsa forse ancora più preziosa dalla spezia quando si vive in un pianeta fatto di sabbia e vermi giganti.
Ebbene anche nella realtà c’è chi sta lavorando e con grande attenzione per creare delle tute del genere, che ci permettano dir accogliere tutte le nostre secrezioni e ripulirle, raccogliendo di nuovo l’acqua che abbiamo perso. I Ricercatori della Cornell University hanno progettato un prototipo di tuta per astronauti in grado di riciclare la loro urina in acqua potabile durante le passeggiate spaziali.
Il progetto è stato mostrato in un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Frontiers in Space Technologies. Questo permetterebbe ai nostro astronauti di muoversi per molto più tempo nello spazio, aumentare la loro efficienza e ampliare i nostri orizzonti. E chissà, magari riuscire davvero a trovare Arrakis da qualche parte nello spazio profondo.
This post was published on 14 Luglio 2024 7:00
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