Per la prima volta nella storia della scienza si è riusciti a “mappare” la struttura dei protoni!
Siamo abituati a immaginare agli scienziati che studiano materie complesse come la fisica subatomica come persone alienate dal mondo reale, che vivono da reclusi perennemente chini su complicatissimi fogli di calcolo, per elaborare chissà quali strampalate teorie difficili da comprendere. Queste sono immaginazioni calligrafiche, magari con un fondo di verità, ma a molti sfugge che anche negli studi scientifici è necessaria una certa creatività, o comunque un certo pensiero laterale che aiuti a inquadrare i problemi sotto punti di vista originali, che permettano di scorgere soluzioni dove meno ce lo si aspetta.
Lo studio dei protoni e, in generale, delle particelle subatomiche costituisce un buon esempio: di recente si stanno facendo enormi passi avanti nella comprensione della struttura e proprietà di queste particelle, e questo possibile dal momento in cui si è iniziato a considerarli non tanto come degli elementi da analizzare, ma dei pianeti da esplorare: ecco che i ricercatori non sono più meri scienziati, ma cartografi del’infinitamente piccolo, e che sta diventando finalmente possibile mappare queste particelle tracciando un atlante di cartografia subatomica.
Latifa Elouadrhiri, fisica presso la Thomas Jefferson National Accelerator Facility di Newport News, in Virginia, non ha dubbi: siamo di fronte a un processo epocale che rivoluzionerà il modo di concepire la fisica.
Intendiamo [questa scoperta, ndr] come l’apertura di una direzione completamente nuova che cambierà per sempre il nostro modo di guardare alla struttura della materia.
Il team di ricercatori ha raccontato sulle pagine di Wired l’innovativo metodo messo a punto per riuscire a studiare in modo nuovo i protoni, grazie alle proprietà della luce. Per molto tempo gli scienziati hanno approcciato lo studio di queste particelle – una delle componenti fondamentali del nucleo degli atomi, assieme ai neutroni – nell’ottica di misurare e descrivere le sue influenze elettromagnetiche. Ora il nuovo studio intrapreso dal laboratorio Thomas Jefferson ha adottato un approccio differente, volto a esaminare la sua influenza gravitazionale, dunque la distribuzione dell’energia, della pressione che esercita la sua massa e di come queste forze si relazionino con lo spazio e con il tempo, proprio ciò che si fa solitamente in astronomia quando si studiano i corpi celesti e l’influenza della loro massa sull’ambiente circostante.
Per fare ciò gli scienziati ricorrono all’utilizzo della proprietà della luce: in particolare osservano il modo in cui coppie di fotoni (le particelle fondamentali della luce) possano imitare i gravitoni, ovvero particelle ipotetiche (cioè di cui si suppone l’esistenza che però non è mai stata riscontrata oggettivamente) responsabili della mediazione dell’interazione gravitazionale. In pratica, i gravitoni “trasporterebbero” la forza di gravità attraverso lo spaziotempo, e secondo gli scienziati anche i fotoni sarebbero in grado di fare lo stesso. Quindi, “sparando” fotoni verso il protone, l’equipe studia come cambiano le proprietà gravitazionali dello stesso.
Il nuovo approccio allo studio dei protoni va in una direzione decisamente diversa da quanto è stato fatto negli ultimi 70 anni, in cui si è proceduto a esaminare queste particelle solamente in base alla loro relazione con gli elettroni. Ciò ha permesso di comprendere più approfonditamente le sue proprietà elettriche, ma ha lasciato fuori molto altro, che pure costituisce la struttura di queste particelle subatomiche, come la loro componente materiale ed energetica. Attualmente conosciamo aspetti del protone quali la sua massa e il suo spin come le nostre tasche, mentre non sappiamo assolutamente nulla del suo Druck, termine mutuato dal tedesco che sta a indicare l’insieme delle caratteristiche inerenti la pressione e altre forze che ne governano le proprietà meccaniche.
Per molto tempo si è ritenuto che tali proprietà ci sarebbero rimaste sempre sconosciute per limiti fisici di poter effettuare esperimenti in grado di misurarle, ma ora le cose stanno cambiando. Quando gli scienziati sparano un fotone contro il protone, dopo un certo tempo esso ne viene rispedito fuori: analizzando il percorso intrapreso e il tempo impiegato da questo fotone in uscita, gli scienziati possono ricavare informazioni utilissimi sulle forze gravitazionali e interne al protone, che non si potrebbero vedere in nessun altro modo. Così facendo saranno finalmente in grado di “mappare” l’interno dei protoni e collocarli nel posto giusto dell’atlante che va a descrivere l’affascinante cartografia subatomica.
This post was published on 16 Aprile 2024 16:15
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