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Una percentuale non trascurabile dei lavoratori è dipendente dalle Ai a lavoro | I numeri parlano chiaro

Sono sempre di più le persone che ricorrono a ChatGPT anche sul luogo di lavoro.

L’intelligenza artificiale è l’argomento sulla bocca di tutti, non solo per quanto riguarda gli appassionati di informatica e di nuove tecnologie: un tempo il comune argomento di chiacchiere erano le partite di calcio, o gli scandali politici, ora invece sembrano essere le frontiere continuamente infrante dagli algoritmi. Dagli LLM usati per l’assistenza clienti dei grandi store digitali all’implementazione delle AI nelle pipeline di sviluppo videoludico, fino agli utilizzi nefasti come strumenti di disinformazione e propaganda politica, sembra che ormai l’intelligenza artificiale pervade ogni cosa che facciamo, ogni strumento tecnologico che utilizziamo, e che abbia ormai monopolizzato non solo il dibattito pubblico ma anche le conversazioni quotidiane.

Secondo una recente ricerca condotta negli Stati Uniti, non ci si limita però solamente a parlare di AI: la si usa effettivamente sempre più spesso. E se all’inizio interloquire con ChatGPT poteva sembrare poco più che un divertente passatempo, oggigiorno è in costante aumento il numero di persone che lo utilizza per lavorare.

ChatGPT al lavoro? Perché no!

Chat bot concept with 3d rendering humanoid robot with headset work on computer notebook

Il Pew Reasearch Center ha condotto una ricerca su un campione di oltre 10.000 americani in merito alla penetrazione di ChatGPT nei trend culturali della società. La ricerca mirava cioè a indagare quanto fosse diffusa nella popolazione la conoscenza della sua esistenza, del suo funzionamento, e quanto sia effettivamente utilizzato nella vita quotidiana. Rispetto alla conoscenza di che cosa sia ChatGPT, il 44% del campione ha dichiarato di avere una conoscenza sommaria sull’argomento, mentre il 22% di essere ben informata a riguardo. Permane tuttavia una cospicua fetta di popolazione, pari al 34% del campione, che afferma di non saperne assolutamente nulla. Dunque un americano su 3 risulta ancora tagliato fuori (per scelta o per altro motivo, non è chiaro) dal trend tecnologico che sta sconvolgendo il mondo dell’informatica e non solo negli ultimi anni.

Tra coloro che hanno familiarità con ChatGPT, comunque, si registra un incremento sempre maggiore della percentuale di popolazione che ne fa un uso sistematico: il 17% degli intervistati ha affermato di aver ricorso occasionalmente all’algoritmo LLM per ragioni di intrattenimento o svago, in ogni caso non per questioni particolarmente importanti; tuttavia un ulteriore 17% ha dichiarato di averlo utilizzato per apprendere qualcosa di nuovo, vedendo quindi in questo strumento un modo per accrescere le proprie conoscenze personali. Inoltre, il 20% del campione ha affermato di ricorrere abitualmente a ChatGPT per ragioni lavorative. Il dato è significativo per l’aumento molto rapido rispetto al valore riscontrato dalla stessa ricerca condotta solamente sei mesi prima (era il 12%). Nel giro di un anno, da marzo 2023 a febbraio 2024 tale percentuale è passata dall’8% al 20%, con un incremento di 12 punti percentuali, una crescita davvero impressionante.

Sempre più AI, sempre più evolute

Gli assistenti AI sono in rapida diffusione

La situazione radiografata da questa ricerca è stupefacente, ma fa riflettere su quanto rapida siano l’avanzamento tecnologico e gli investimenti nel settore delle intelligenze artificiali. Del resto ChatGPT è forse il più noto, ma non certo l’unico algoritmo in circolazione. Tutte le big tech stanno sviluppando i propri modelli, e recentemente Microsoft ha addirittura implementato un assistente AI in modo nativo nelle più recenti versioni di Windows 11, con il nome Copilot. Anche Google sta lavorando alacremente in questo senso, avendo lanciato Bard pochi anni fa, cui è recentemente succeduto Gemini, anche se poco tempo fa l’ha momentaneamente ritirato a causa di qualche problema inerente la funzione text-to-image.

Certo lo sviluppo delle AI non è tutto rosa e fiori, anzi pone numerosi problemi, a partire dall’annoso problema delle allucinazioni, ovvero l’occasionale incapacità dell’algoritmo di fornire risposte coerenti e complete a richieste semplici, o la problematica inerente il rispetto delle leggi sul copyright, che i dataset utilizzati per addestrare questi algoritmi sembrano in molti casi compromettere. Le sfide tecnologiche, legali ed etiche sono insomma numerose e il cammino sembra più in salita che in discesa, ma con questi numeri e il sempre maggior utilizzo di questi strumenti presso ampie fasce della popolazione, il sentiero tracciato sembra ormai inalterabile: le AI sono qui per restare, tanto vale rimboccarsi le maniche e cercare di far sì che siano le migliori intelligenze artificiali possibili!

This post was published on 4 Aprile 2024 7:30

Alessandro Giovannini

Puoi scrivermi in modo sicuro a: alessandro.giovannini.1990@proton.me Cinema e videogiochi: le mie due più grandi passioni. Da bambino mi alzavo presto la mattina per giocare con il Sega Mega Drive II prima di andare a scuola; passavo i pomeriggi a guardare Terminator 2 fino a consumare il nastro della VHS; impiegavo le serate a cimentarmi nelle avventure grafiche di Lucas Arts su un glorioso PC con Windows 95 in compagnia di mio fratello. Poi è venuta la laurea in cinema, nonché le esperienze di redattore presso siti di informazione cinematografica e gaming. Su Player mi sono specializzato in analisi di mercato e monografie su developers e franchise storici della gaming industry. Ho anche lanciato la newsletter Gamer's Digest che offre una rassegna settimanale della principali novità dell'industria del gaming. Primo videogioco: The Adventures of Captain Comic (DOS) Videogioco console casalinga preferito: Final Fantasy VII (PSX) Videogioco console mobile preferito: Advance Wars (GBA) Piattaforme di gioco possedute: Super Famicom, Game Boy Color, Mega Drive II, PSX, PS2, PS3, PS4, Xbox One S, PC.

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