Il tavolo tecnico tenta di allineare gli enti europei e americani sulle misure necessarie a controllare il fenomeno.
Come ogni nuovo fenomeno tecnologico, le intelligenze artificiali sono viste con un misto di ammirazione e terrore. C’è chi le salta per le loro indubbie potenzialità, e c’è chi vorrebbe vederle sparire dalla faccia della terra e possibilmente mandare in galera i loro creatori, additati come volgari ladri di idee altrui, specie nel caso degli strumenti utilizzati in ambito artistico. Laddove i governi siano lenti a riconoscere i cambiamenti e legiferare su di essi, intervengono solitamente gli organi giudiziari – è il caso del processo intentato dal New York Times contro Open AI, la cui sentenza inevitabilmente detterà giurisprudenza in materia – oppure gli enti regolatori di competenza.
Nel caso specifico della AI, sta effettivamente avvenendo anche questa seconda circostanza: in settimana si sono riuniti a Bruxelles rappresentanti dei principali organi antitrust europei e americani, per discutere assieme di come affrontare nel migliore dei modi questo delicato tema che sarà sempre più pressante nella vita non solo tecnologica, ma anche economica e socioculturale dei prossimi anni.
L’evento tenutosi a Bruxelles è stato promosso da Cristina Caffarra, economista ed esperta di big tech, regolamentazione di ecosistemi digitali e AI governance. Caffarra è cofondatrice e vice capo del Centre for Economic Policy Research (CEPR) di Londra, ma anche membro della società di consulenza finanziaria e tecnologica Keystone, specializzata in ambito informatico e nella branca delle intelligenze artificiali. La tavola rotonda organizzata in Belgio si è articolata in una serie di tavoli di confronto e ha preso il nome collettivo di Antitrust, Regulation and the Next World Order.
Sebbene le tematiche comprendessero vari ambiti di riflessione, la maggior parte dei dibattiti è stato rivolto al tema caldo delle AI, con annessi rischi ed opportunità, e la necessità di individuare dei percorsi comuni tra gli enti regolatori di tutto il mondo per delineare regolamentazioni che siano il più omogenee ed uniformi possibili. In quest’ottica il confronto tra rappresentanti europei e americani è stata utile per condividere le premesse metodologiche e “filosofiche” dei vari enti, per analizzare somiglianze e differenze negli approcci alla materia messe in pratica dalle due sponde dell’Atlantico e gettare le basi per una cooperazione sul tema.
Dal lato americano, rappresentati della FTC hanno sottolineato le responsabilità dei governi nell’aver lasciato campo libero a chiunque volesse utilizzare questi strumenti per qualsiasi fine e tramite qualsiasi mezzo. In sostanza, le autorità degli stati dove queste tecnologie sono emerse inizialmente hanno fatto spallucce, disinteressandosi totalmente alla questione e permettendo agli imprenditori del settore di fare tutto quello che volevano, senza alcun controllo. Un regime di assenza di regolamentazioni di questo tipo può essere forse tollerabile nelle primissime fasi di emersione di una nuova tecnologia, quando le sue implicazioni non sono ancora de tutto chiare, ma alla lunga non può che dar vita a distorsioni che risultano molto difficili da correggere a posteriori. Come ha spiegato Lina Khan, presidente della FTC:
C’è la sensazione che questi mercati si muovano talmente velocemente ce per i governi è meglio non immischiarsi e levarsi di torno. E dopo due decenni di questa attitudine, ne osserviamo ancora avvolti negli strascichi di questa mentalità. Abbiamo osservato il consolidamento e l’accettazione di modelli di business basati sullo sfruttamento, che hanno effetti catastrofici sulla cittadinanza. Abbiamo osservato le realtà più importanti del settore acquistare tutte quelle realtà che potevano rappresentare una minaccia per loro, rendendole sempre più inattaccabili sul lungo periodo. La FTC ad esempio ha una causa in corso contro Meta, poiché ritiene che le acquisizioni di WhatsApp e Instagram fossero illegali. Vogliamo assicurarci di aver imparato da queste esperienze e che errori simili non vengano ripetuti, il che richiede di rimanere straordinariamente vigili.
– Antitrust enforcers admit they’re in a race to understand how to tackle AI – 1 febbraio 2024
Anche i rappresentanti europei concordano sulla lentezza delle procedure messe in atto dai governi in merito alla regolamentazione del settore delle intelligenze artificiali, intendevole però come un aspetto di un più ampio problema che riguarda l’atteggiamento predatorio delle Big Tech, affamate di continue acquisizioni dietro cui si celano ambizioni monopolistiche. In questo senso, gli enti regolatori europei hanno dimostrato un’attenzione crescente negli ultimi anni, a partire dalla lunga trafila riguardante l’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft, resa infine possibile solo tramite lo scorporo del segmento cloud gaming, o le recenti imposizioni inflitte ad Apple in merito all’apertura dei propri sistemi iOS all’inclusione di store e circuiti di pagamento di terze parti. I rappresentanti europei concordano con quelli americani sul fatto che l’acquisizione di WhatsApp da parte di Meta sia stato un punto di svolta che abbia fatto aprire gli occhi a tutti rispetto ai rischi che si stavano correndo, come spiega Oliver Guersent, direttore generale del dipartimento concorrenza dell’Unione Europea:
Non credo che oggigiorno lo avremmo permesso [l’acquisizione di Whatsapp, ndr] ma è successo 8 anni fa. E fu allora che iniziammo a dire che mancavamo di profondità di analisi sul tema. Non ci abbiamo mai riflettuto abbastanza. Non avevamo effettuato ricerca empirica sull’argomento… come in tutte le cose, non si decide dall’oggi al domani di cambiare le proprie politiche. Ci vuole tempo. (…) Andando avanti è arrivato il cloud. Sono arrivate le AI. L’intelligenza artificiale è una materia divisiva pressoché in ogni campo. (…) Credo che l’unico modo di affrontare efficacemente questi problemi sia all’interno dell’ECN [European Competition Network] perché abbiamo bisogno di una massa critica di cervelli e forza lavoro di cui la Commissione non dispone ora e non disporrà nel prossimo futuro.
– Ibidem
Dunque Guersent pone l’accento non tanto sulla disattenzione passata, ma sulle necessità presenti di ottenere risorse economiche e in primo luogo umane per istituire commissioni apposite che studino sistematicamente il problema ed elaborino proposte di risoluzione. L’ECN di cui parla Guersent è una rete di 28 autorità garanti della concorrenza di vari paesi europei. Questa associazione tuttavia non ha poteri effettivi e funge solamente da organo di coordinamento, che assegna e smista gli incarichi tra i vari enti a seocnda delle opportunità e ne promuove lo scambio di informazioni. All’interno dell’Unione in molti si sono espressi nel corso degli anni a favore id un’evoluzione dell’ECN in un organo più evoluto e dai più ampi poteri, che concorra ad uniformare le regolamentazioni vigenti nei vari paesi, che possono differire notevolmente le une dalle altre. L’Europa insomma ha un problema a monte rispetto agli USA, ovvero manca di un ente centrale coeso, la cui esistenza costituirebbe un indubbio passo avanti nella semplificazione ed efficacia dei reoglamenti.
Insomma la strada per la regolamentazione della Ai è ancora lunga e passa anche per un efficientamento e razionalizzazione degli stessi organi di vigilanza. Insomma, più coesione tra gli stati Europei e i suoi enti è quantomai auspicabile da questo punto di vista.
This post was published on 7 Febbraio 2024 8:30
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