L’azienda sembra essere ad un passo dalla soluzione di un problema fondamentale del design dei computer quantici, il piccolo problema è che non si riesce a capire se l’abbia risolto o meno!
Il computer quantistico è uno dei grandi ambiti di ricerca dell’informatica. Sono studio da anni e alcuni modelli sono già stato prodotti e commercializzati (per ora limitatamente a centri di ricerca o grandi compagnie hi-tech), ma la loro efficacia è ancora dubbia. L’architettura su cui si basano è in piena evoluzione, d’altronde la metodologia attraverso la quale eseguono calcoli e interpretano le informazioni è molto diversa dai sistemi a transistor dei computer classici. Essi ricorrono a principi della meccanica quantistica come la sovrapposizione di stati e l’entanglement delle particelle per accelerare i calcoli rispetto alla classica lettura sequenziale del codice binario, ma questo metodo i rende particolarmente efficienti solo in determinati tipi di operazioni, e poco indicati come macchine general purpose come i personal computer cui tutti siamo abituati.
Ora tanto Google, quanto la startup Quantinuum del Colorado, potrebbero aver trovato la soluzione a molti dei limiti di cui soffrono attualmente i computer quantistici. C’è un solo problema: nemmeno loro hanno capito se ci sono riusciti o meno!
Le due aziende hanno annunciato di aver individuato il problema principale che impedisce ai computer quantistici di elaborare efficacemente algoritmi complessi. La difficoltà risiederebbe nella necessità di sviluppare un componente tecnologico specifico a cui hanno dato il nome di qubit topologico, che dovrebbe aiutare a manipolare ed interpretare in modo più efficace gli stati dei qubit (l’unità minima di informazione utilizzata dai computer quantistici, che si differenzia dai classici bit proprio per l’indeterminatezza del suo stato che non è inequivocabilmente 0 o 1 ma può essere entrambi contemporaneamente). L’importanza di questa intuizione potrebbe essere la chiave di volta per garantire a questa tecnologia quel balzo in avanti necessario a renderla effettivamente competitiva ed efficace per i calcoli complessi e l’elaborazione di enormi quantità di dati, con infinite applicazioni nel campo della ricerca medica, dello sviluppo delle AI e chi più ne ha più ne metta.
Questo potrebbe essere l’equivalente del momento dell’invenzione dei transitor per l’evoluzione del calcolo quantistico – il fatto che siamo riusciti ad utilizzare un computer quantistico come un utensile per costruire i qubit topologici è un passo avanti significativo verso il calcolo quantistico a prova di errore, e ciò è un ulteriore prova della nostra convinzione rispetto al fatto che i sistemi quantistici possano essere costruiti nel modo migliore se realizzati a loro volta da altri sistemi quantistici.
– Ilyas Kahn, fondatore di Quantinuum, For the First Time Ever, Quantinuum’s New H2 Quantum Computer Has Created Non-Abelian Topological Quantum Matter and Braided its Anyons – 9 maggio 2023
Il riferimento è alla creazione del processore quantistico H2, creato appunto da Quantinuum, che è stato in grado per la prima volta di realizzare uno stato di 32-qubit GHZ, mettendo cioè in entaglement un rack di 32 qubit, il più grande mai realizzato. La loro vicendevole influenza permette di migliorare sensibilmente la velocità e i risultati del calcolo quantistico.
Tutto risolto, quindi? Non proprio. Anche Google, infatti, sostiene di essere arrivata ad ottenere simili risultati con il computer quantistico che hanno sviluppato internamente. Solo che l’azienda di Mountain View sostiene che non si tratti di qubit topologico! Insomma entrambe le aziende sostengono di aver risolto uno dei principali problemi del calcolo quantistico ma sembrano non essere d’accordo su quale sia effettivamente la soluzione trovata.
Cerchiamo di capire qualcosa di più sul qubit topologico: questo tipo di immagazzinamento dell’informazione è reso possibile da alcuni microscopici oggetti chiamati qualunquoni non-Abeliani (non-Abelyan anyons), un tipo di quasiparticelle che esistono a livello di matematica teorica, ma che non sono ancora mai stati concretamente osservati a livello fisico. Queste quasiparticelle non si definiscono in base al materiale bensì alle loro proprietà fisiche, proprio come le onde sono fenomeni fisici che possono poi declinarsi in vari materiali e/o fenomeni, dalle onde dell’acqua ai fasci di luce. Una delle proprietà fondamentali dei qualunquoni non-Abeliani è il fatto che conservino una traccia dei loro movimenti passati, dunque tramite il processo tecnologico del qubit topologico, le coppie di qualunquoni collegate in entaglement dovrebbero poter essere scambiate tenendo traccia delle loro posizioni, che potrebbero quindi essere determinate e tradotte in informazioni di tipo binario, peraltro senza essere soggette ad interferenze tipiche dei sistemi informatici classici, disturbati da vibrazioni o cambi di temperatura, poiché appunto i qualunquoni non sono dipendenti dalla materia propriamente detta.
Un team di ricerca che collabora con Google, capitanato dalla fisica Eun-Ah Kim, sostiene di essere riuscito a creare il qubit topologico, poiché sarebbe stato in grado di tenere traccia dei movimenti dei qualunquoni non-Abeliani. Tuttavia Google stessa non è d’accordo. Come hanno scritto a WIRED, i ricercatori di Google Andersen e Lensky sostengono infatti che non ci sia garanzia che tale sistema non sia ancora in grado, all’atto pratico, di evitare errori di calcolo, e lo stesso varrebbe per la soluzione annunciata dal sistema messo a punto da Quantinuum. Ciò che mancherebbe, in sostanza, è una “prova del 9” che assicuri che non siano compiuti errori di calcolo, prova che nessuno dei due sistemi è per il momento riuscita a garantire. E questo non è risolvibile fintanto che il qubit topologico non sarà definito in modo univoco e condiviso dall’intera comunità scientifico-tecnologica. Insomma se non ci si mette d’accordo sul significato dei termini, difficilmente si potrà dimostrare di essere riusciti in qualcosa di specifico!
Inoltre dando per buono che sia Google sia Quantinuum abbiano trovato una soluzione pratica ad un problema teorico, questo non risolve ancora il problema principale del calcolo quantistico, ovvero quello di essere ancora sensibilmente inferiore a quello classico in termini di potenza di calcolo. Insomma siamo ancora ben lontani da una convenienza pratica del ricorso a questi sistemi rispetto all’informatica cui siamo abituati, anche perché ci sono scogli di natura fisica e matematica non indifferenti. Ciò non toglie che i passi avanti ci siano, ma la strada della ricerca sembra ancora molto lunga.
This post was published on 5 Gennaio 2024 17:00
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