Quando si parla di molti colossi del mondo di internet e dell’informatica, una delle costanti che li riguarda è quella che – prima o poi – qualcuno gli farà causa: a riguardo basti pensare a OpenAI che nei mesi precedenti ha visto l’apertura di una causa da parte di molti scrittori americani, tra cui vi era anche George R. R. Martin, in quanto ChatGPT per addestrarsi utilizzò diverse opere coperte dal diritto d’autore (trovate il nostro articolo a riguardo al seguente link diretto). Ebbene di recente a dover pagare dazio è stato Google, a seguito di una causa aperta fin dal 2020.
Non è la prima volta che qualcuno fa causa a Google. Nei mesi precedenti abbiamo parlato di Ulku Rowe: esecutiva di Google Cloud che fece causa al colosso statunitense per 1,1 milioni di dollari. La donna citò in giudizio l’azienda in quanto accusata di aver favorito di base l’ascesa degli uomini nella compagnia.
Infatti stando a quanto affermò all’epoca, Google favorì gli uomini dando loro maggiori stipendi e garantendo promozioni, nonostante in buona parte dei casi non fossero portati per i ruoli preposti. Durante il processo svoltosi diversi mesi fa, la giuria che lo presiedette diede ragione alla donna e per questo Google dovette risarcire a lei sia i danni materiali, sia quelli emotivi. Inoltre pare che prima dello svolgimento del processo, la compagnia l’abbia trattata pure male: una vera e propria assurdità.
Sull’argomento si espresse all’epoca la legale della donna chiamata Cara Green, che disse quanto segue:
“Il verdetto unanime della giuria non solo convalida le accuse di maltrattamenti da parte di Google nei confronti della signora Rowe, ma allo stesso tempo permette di inviare un importante messaggio: discriminazioni e ritorsioni non saranno tollerate all’interno dei luoghi di lavoro”
A partire dal 2020 è stata intentata una nuova causa nei confronti di Google, che ha compreso al suo interno tantissime persone coinvolte nelle vicenda fin dal 2016. Nello specifico i querelanti hanno preso di mira Chrome: uno dei browser più utilizzati al mondo e prodotto di punta della grande G. Infatti molte delle persone che hanno preso parte alla causa si sono lamentate del fatto che la loro attività fosse monitorata nel browser, nonostante facessero uso della modalità in incognito che permette di navigare senza che i propri dati di navigazione vengano salvati (tuttavia non impedisce ai siti web di identificare il navigante).
Google ha tentato in tutti i casi di difendersi da queste accuse, ma alla fine ha dovuto cedere: infatti di recente questa causa dal valore di 5 miliardi di dollari ha finalmente un epilogo, in quanto la compagnia americana avrebbe raggiunto un accordo per impedire che la causa diventi ancora più pesante di come non lo fosse già. Appunto per questo Google dovrà risarcire, stando alle stime, fino a 5 mila dollari di danni per ogni singolo utente coinvolto (stando alle leggi e alle regolamentazioni sulla privacy delle persone attive in California, in quanto il processo si è svolto nell’omonimo stato americano).
I termini dell’accordo non sono stati rivelati, ma molto probabilmente verranno rivelati nel corso del 2024 quando gli avvocati faranno una richiesta formale per l’approvazione dell’accordo da parte del tribunale. Questa situazione permette di capire come ancora oggi, a inizio del 2024, la gestione dei dati personali e della privacy siano estremamente complessi e di come molte aziende attive nel settore non siano sempre molto trasparenti (per quanto Google stessa abbia affermato di esserlo stata).
This post was published on 3 Gennaio 2024 18:30
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