Negare che al momento vi è una crisi climatica è da irresponsabili, a maggior ragione dopo quanto avvenuto la scorsa estate e recentemente in Toscana (dove a causa di piogge anomale si è assistito a inondazioni che hanno tartassato una zona ampissima, comprendente Firenze, Prato, Pisa e Livorno). Tuttavia in futuro a rappresentare una minaccia ancora peggiore sarà il caldo, in quanto stando a una recente analisi entro il 2050 le morti legate a esso potrebbero quintuplicare.
Un caldo anomalo che porterà a degli effetti disastrosi
A dire ciò è stata la nota rivista scientifica Lancet, che recentemente ha pubblicato un report dedicato al clima e alla salute umana e quanto è saltato fuori è assai preoccupante. Infatti molto probabilmente entro il 2050, se non si farà qualcosa per invertire l’attuale tendenza in corso d’opera, si assisterà a un aumento ancora più alto delle temperature che porterà per forza di cose a un aumento delle morti (e non solo a effetti disastrosi sulla natura, gli ecosistemi e gli animali).
A questo report ci hanno lavorato 100 esperti provenienti da oltre 50 istituzioni, tra cui abbiamo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Stando a quanto detto al suo interno solo nell’ultimo decennio, le morti legate al caldo sono aumentate dell’85% rispetto agli anni Novanta (con particolare riferimento alle persone con un’età superiore ai 65 anni).
Ma non solo, l’aumento delle temperature e l’arrivo del caldo anomalo ha portato ad altri effetti, quali una crisi alimentare molto grave in grado di mettere irrimediabilmente a rischio la salute di tantissime persone in tutto il mondo, anche se a soffrirne di più inizialmente saranno i paesi più poveri. Allo stesso tempo questo sconvolgimento a livello climatico favorirà anche la diffusione di determinate malattie.
Quali le cause?
Gli scienziati e gli esperti che hanno partecipato alla creazione del report hanno accusato principalmente a governi, aziende e banche che continuano a investire nel combustibile fossile: tutt’oggi uno dei maggiori responsabili della crisi climatica. Non a caso all’interno del documento di Lancet viene detto che alcune delle aziende più grandi al mondo di petrolio e gas abbiano aumentato la produzione nel corso del 2023 rispetto al 2022. A causa di questo aumento solo nel corso di quest’anno si è assistito a un aumento della temperatura globale, che rischia di alzare ancora di più la soglia rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale avvenuta tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Pertanto siamo davvero vicini al punto di non ritorno.
Di vedute simili è anche l’ONU, che ha affermato recentemente come molti dei governi mondiali abbiano preso poche contromisure, attuando semplici piccoli passi: solo nel caso in cui ci sarà una presa di posizione netta e drastica allora ci potrà essere un cambiamento (per quanto l’ONU ritenga che in ogni caso ci sia ancora il tempo di cambiare con azioni graduali). Insomma, un’affermazione dura e molto importante, a maggior ragione considerando che il 30 novembre si terrà la Cop28 a Dubai (un po’ assurda come location, considerando che fa parte degli Emirati Arabi Uniti: uno dei maggiori esportatori di greggio al mondo assieme a molti stati arabi vicini come per esempio l’Arabia Saudita).