Il National Climate Assessment ha stilato un documento riassuntivo che evidenzia le principali criticità che sarà indispensabile affrontare nel prossimo futuro.
Orma bisogna vivere con i paraocchi per non essere consapevoli dell’emergenza climatica in cui viviamo. Le stesse temperature di quest’autunno, roventi fino a inizio novembre, dovrebbero far capire che le attività umane stanno sconvolgendo il normale fluire delle stagioni cui le precedenti generazioni erano abituate da secoli, e l’aumento dell’inquinamento concorre al riscaldamento globale sella superficie del pianeta, con conseguenze imprevedibili e nefaste per l’esistenza di numerose specie animali e vegetali. Se non altro, la consapevolezza di tutto questo è il primo passo per tentare di risolvere i problemi e correggere la rotta del progresso. Nessuno vuole rinunciare la benessere, ma bisogna cercare di conciliarlo con la tenuta dell’ecosistema altrimenti nel giro di qualche decennio ci sarà ben poco di cui godere.
Qual è lo stato di salute del nostro clima e quali sono le urgenze più imminenti, sulle quali è necessario agire tempestivamente? A questi questi ha tentato di rispondere il report stilato dal Fifth National Climate Assessment, appena conclusosi negli Stati Uniti, che ha evidenziato i fattori determinanti per l’emergenza climatica in corso cercando di capire come sia possibile risolverli.
Un programma per salvare il mondo
Che la conoscenza dell’emergenza climatica sia diffusa e riconosciuta dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica mondiale è testimoniato dai frequenti meeting internazionali sul tema nonché dalla quantità di enti ed osservatori che si occupano di monitorare lo stato di salute del pianeta da questo punto di vista. Gli USA hanno dedicato a queste attività il Global Change Research Program, costituito in ottemperanza al Global Change Research Act promulgato nel 1990. L’ente comunica i risultati delle proprie ricerche a vari livelli, sia accademico che divulgativo, tramite vari canali di informazione, dal sito ufficiale al podcast (NCA5 Companion Podcast), dalle mappe interattive ad mostre artistiche per sensibilizzare sul tema. Ovviamente la sua attività principale è la ricerca, che da qualche anno si condensa nella realizzazione di un report che fa il punto sulle principali emergenze, suggerendo linee d’azioni atte a contrastarle.
Il report stilato dal Fifth National Climate Assessment consiste di una ricerca molto approfondita che analizza lo stato della salute climatica del pianeta, l’impatto delle attività umane su di esso, e l’efficacia delle contromisure adottate a livello statale per combattere i fenomeni negativi, ovviamente limitato al governo degli Stati Uniti. Questi ultimi continuano ad essere responsabili in buona parte per il surriscaldamento del pianeta (sebbene negli ultimi anni abbiano ridotto sensibilmente le proprie emissioni di CO2), allontanando l’obiettivo del Net Zero Emissions.
Inoltre il report certifica una paura ormai comprovata: nell’ultimo anno, il 2022, gli USA sono stati colpiti dalla più grande serie di calamità naturali mai registrata, prova lampante delle alterazioni cui il clima terrestre sta andando incontro. I fenomeni atmosferici estremi sono moltiplicati e si sono ingigantiti, divenendo sempre più violenti. Ovviamente tutto questo ha ricadute economiche, infatti il 2022 è l’anno in cui si sono registrati maggiori danni causati da fenomeni atmosferici: ben 18 eventi estremi hanno causato danni per oltre 1 miliardo di dollari.
Pagheremo caro, pagheremo tutti
Come abbiamo visto i fenomeni climatici non costituiscono solo un pericolo per la vita umana, ma anche una spesa economica di non poco conto, e il problema aumenterà sempre più. Questi fenomeni evidenzieranno ancor più le disparità sociali, poiché negli USA i danni da cataclismi climatici andranno ad impattare in modo particolare le comunità afroamericane, mediamente più povere delle altre, storicamente collocate in regione più soggette a questo tipo di eventi, in primis le esondazioni dei grandi fiumi degli stati del Sud. Inoltre le città o i quartieri abitati da ceti meno abbienti solitamente hanno meno verde pubblico, il che li sottopone a bolle di calore in frequenza ed intensità maggiori rispetto ai al resto dei cittadini. Si calcola che si sia una discrepanza di temperatura circa 12°F tra quartieri ricchi e poveri durante fenomeni di ondate di calore!
Le conseguenze dei disastri climatici sono anche di tipo sanitario: le zone colpite da calamità sono più soggette alla diffusione di virus e infezioni, e registrano una mortalità mediamente più alta di altre aree geografiche. In particolare sono stati registrati aumenti di malattie cardiovascolari, polmonari e neurologiche, oltre che un preoccupante aumento dei casi di disturbi mentali. I disastri climatici rendono più difficile l’accesso e la distribuzione di acqua pulita ad uso alimentare, favorendo al contrario i casi di contaminazione di acqua e cibo, con conseguenze nefaste per l’organismo. Ambienti insalubri attirano poi animali e insetti portatori o vettori di malattie, in primis le zanzare, cui si deve la rapida diffusione di virus, come accaduto per il COVID-19.
Il contrasto a questi fenomeni ed il ricorso a soluzioni pratiche deve passare, secondo il report, in primis per un confronto con le comunità locali, che bisogna cercare in tutti i modi di preservare: indigeni che abitano un territorio da generazioni sono i migliori conoscitori di determinate aree geografiche, dei loro ecosistemi e delle loro criticità, dunque il loro coinvolgimento è essenziale per lo studio di misure ad hoc da adottare in ogni singola area a rischio. Tali misure consentono poi di incentivare la partecipazione delle minoranze alla vita pubblica, diminuendo il rischio di una loro dispersione ed allontanamento dai territori che secolarmente appartengono a loro e alle loro culture. ovviamente rimangono sempre valide le direttive volte ad incentivare la transazione energica, l’utilizzo di messi di trasporto green e l’aumento del verde pubblico.