Tra i documenti usciti fuori durante il processo a Google per l’antitrust c’è anche quello che certifica la spaventosa cifra che Google offre ad Apple per mantenere il suo motore di ricerca su iOS.
Recentemente abbiamo parlato di come Google sia al centro di una notevole diatriba legale per comportamenti monopolistici. In America all’interno di processi del genere i documenti vengono molto spesso desecretati, permettendo a giornalisti e appassionati di scavare all’interno dei funzionamenti delle grandi aziende.
Fortunatamente, grazie agli sforzi (che abbiamo parzialmente documentato) di diversi avvocati i documenti relativi al comportamento monopolistico di Google sono finiti nelle mani giuste e sempre più persone stanno scoprendo cose interessanti sulla vicenda.
Tipo sapete quanti soldi da Google a Apple per mantenere il suo motore di ricerca il principale all’interno di iOS? Una montagna.
Fino a qualche settimana fa di base le informazioni che avevamo a disposizione parlavano di quasi venti miliardi di dollari versati da Google ad Apple per mantenere il motore di ricerca come predefinito durante il corso di un singolo anno.
Durante una delle udienze difensive tenutesi recentemente a Washington D.C invece, Kevin Murphy, un professore dell’università di Chicago che collabora con Alphabet (la holding a cui fa capo Google) come esperto dei economia, si è lasciato sfuggire che Google offre ad Apple il 36% dei ricavi derivanti dalle ricerche effettuate sui dispositivi con iOS, con notevole imbarazzo da parte di John Schmidtlein, l’avvocato legato a Google.
Quello che si sapeva prima di questa dichiarazione è che Google manteneva un qualche tipo di accordo con Apple per tenere il suo motore di ricerca il predefinito su tutto l’ecosistema di iOS (iPhone, iPad, Mac) sin dal 2002, ben 5 anni prima della nascita degli smartphone ma nessuno era riuscito a certificare le modalità di attuazione dell’arccordo.
Con l’arrivo degli smartphone la collaborazione tra Google e Apple è diventata ancora più importante, portando a riscritture continue delle stesso e a condizioni sempre più vantaggiose per Apple; d’altronde lei da sola è buona parte del mercato degli smartphone.
La causa contro Google per posizione monopolista continua a infervorare tanti appassionati di tecnologia sparsi per tutto il mondo. Il dipartimento di giustizia americano infatti dichiara che Google ha un monopolio de facto legato ai motori di ricerca e cerca di mantenere la sua posizione dominante tanto in quel settore quanto in quello direttamente collegato del mercato delle inserzioni pubblicitarie.
Durante lo scorso dello scorso mese sono avvenute diverse delle udienze con a testimoni personaggi arcinoti delle aziende; il vice presidente dei servizi di Apple, Eddy Cue, ad esempio ha dichiarato che Google è il motore di ricerca predefinito su iPhone semplicemente perché è il migliore tra quelli disponibili; una frase che stride fortemente con il fatto che ci siano dei contratti che prevedono oltre un terzo dei ricavi condivis.
Sempre durante lo scorso mese è stata la volta di Satya Nadella, CEO di Microsoft, che ha dichiarato che l’accordo tra Google e Apple ha reso virtualmente impossibile una reale penetrazione di motori di ricerca come Bing all’interno del mercato.
Di chiaro c’è un fatto: l’accordo che finora è stato in vigore tra Google e Apple ha dato portato valore a entrambe le aziende e, con tutta probabilità, ha aiutato ulteriormente Google a cementare la sua posizione monopolistica all’interno del mercato. Proprio per questo genere di motivo è necessario che l’antitrust americano continui ad analizzare la situazione, valutando correttamente a situazione attuale.
Per il momento restano incerti gli esiti, anche perché la situazione è infinitamente più complessa di questa ed è probabile che prima di qualche anno sarà difficile parlare di risultati definitivi da una parte o l’altra.
Nel mentre avete iniziato a pensare al motore di ricerca da utilizzare una volta che Google si rivelerà effettivamente per l’azienda crudele che è da almeno un decennio a questa parte o continuate a credere nel don’t be evil che ha plausibilmente animato davvero la compagnia pre 2010?
Le alternative non offriranno lo stesso livello di qualità o saranno associate ad aziende con il quale magari non volete semplicemente avere a che fare ma, almeno, non rischiano di cancellare il vostro prodotto preferito dopo giusto un paio d’anni di vita.
This post was published on 16 Novembre 2023 14:30
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