“Nel 2000 le auto voleranno”… ecco, magari no, ma sicuramente il settore automobilistico si sta evolvendo per affiancarsi ai bisogni di veicoli più green, con meno emissioni e che utilizzino meno materiale possibile. Se nel nostro immaginario il capostipite del settore degli EV, Electric Vehicles, è sicuramente Tesla, c’era anche un’altra azienda che si proponeva come una rivoluzione soprattutto dei veicoli da trasporto, Arrival. Sembra però che il sogno di Arrival stia giungendo ad una triste fine.
Arrival, compagnia britannica con sede nel Lussemburgo, si era proposta ben otto anni fa come l’azienda che sarebbe riuscita a rendere la produzione dei veicoli elettrici “radicalmente più efficiente”. L’idea era quella di avere un unico gigantesco polo industriale, per ridurre drasticamente i tempi di produzione, purtroppo però non è stato esattamente così.
Fallito il piano di questa mega-industria, Arrival ha deciso di aprire diverse “microfactories”, micro-industrie, che tramite l’automazione sarebbero riuscite a produrre a gran velocità furgoncini elettrici per UPS, auto elettriche per i guidatori di Uber e persino bus completamente elettrici per il mercato Britannico, Italiano e Californiano. Negli ultimi 15 mesi però la situazione si è fatta tutt’altro che rosea.
La situazione economica traballante dell’azienda ha portato a ben quattro ondate di licenziamenti, al taglio degli obiettivi produttivi e anche all’annullamento dei piani per il mercato Uber e bus. L’azienda sta evidentemente anche avendo difficoltà a rispettare le deadline per i report sulla sicurezza della propria azienda e dei propri prodotti, secondo la prassi del Nasdaq, uno dei maggiori mercati borsistici americani.
Nel Luglio 2022, l’azienda aveva annunciato la prima ondata di licenziamenti, che avrebbe compreso il 30% della forza lavoro allora impiegata: dei 2700 dipendenti tra Gran Bretagna, Europa e Stati Uniti, ben 800 lavoratori avrebbero perso il loro posto. In quel periodo la startup godeva del supporto di grandi aziende del settore automotive e finanziario, come Hyundai, BlackRock e UPS; di certo però non era l’unica azienda a licenziare in massa, visto che anche i competitor, Tesla e Rivian, avevano attuato gli stessi tagli di fronte all’aumento dei tassi di interesse, dell’inflazione e dei problemi infrastrutturali dovuti alla pandemia, sempre a detta delle stesse aziende
certificazioni EU per furgoncini e bus, non mancando di celebrare le prove su strade pubbliche dei veicoli. Secondo lo stesso CEO, la produzione dei primi veicoli elettrici sarebbe iniziata di lì ad una settimana, e avrebbe “fondamentalmente cambiato il mercato automotive”, promettendo anche la consegna entro l’anno dei primi veicoli per UPS, aprendo un polo industriale a Charlotte, North Carolina, nel 2023. Il capitale attivo dell’azienda, ben 513 milioni di dollari, sarebbe stato integrato dalla vendita di azioni per circa 300 milioni di dollari; $77 per azione.
Alla fine di Settembre 2022 l’azienda aveva completato la costruzione del primo veicolo elettrico, a detta del CEO obiettivo “più difficile da raggiungere di quanto non immaginassimo”; l’azienda avrebbe trattenuto questi veicoli per “continuare i test”, portando la consegna dei 10.000 veicoli a UPS “tra 2020 e 2024” ad avere solo due anni di tempo.
La svolta sarebbe arrivata però ad Ottobre dello stesso anno.
A metà Ottobre, le azioni di Arrival crollano in borsa: dai $77 di qualche mese prima, scendono a circa $35 per azione. Il 20 Ottobre, l’azienda annuncia che “a causa degli attuali prezzi delle azioni e dei volumi di scambio” non era riuscita a trovare una “fonte di capitale affidabile”, insomma, addio 300 milioni. Nel mentre, per salvare i piani di espansione negli USA l’azienda riduce la produzione in Gran Bretagna. L’azienda aveva anche ricevuto ben 45 milioni di dollari in fondi pubblici dall’amministrazione della South Carolina per la produzione di bus elettrici a Rock Hill, avendo tempo fino al 3 Dicembre 2025 per rispettare i patti, a pena di dover restituire i fondi. Ad oggi non un singolo bus elettrico è stato ancora prodotto.
A Novembre, l’azienda aveva perso 310.3 milioni di dollari. Arrival dunque, per affrontare la congiuntura negativa, cerca capitale in borsa, mentre taglia posti di lavoro “soprattutto in UK”. L’azienda non ha mai dichiarato i numeri, ma si può stimare che si siano persi circa 300 posti di lavoro. Qualche settimana dopo, il fondatore e CEO di Arrival si dimette, Sverdlov lascia il suo posto a Peter Cuneo, precedentemente amministratore di Marvel. La nuova missione è “diventare maestri di un metodo più efficiente” di produrre EV. Questo non salva le azioni dal crollare a $17 per azione.
Alla fine di Gennaio, Arrival sostituisce nuovamente il CEO, tagliando anche la forza lavoro a soli 800 impiegati. Nel mentre, l’azienda riesce a stare a galla; non per molto però. A Marzo l’azienda perde il supporto di Hyundai, e deve nel mese successivo fondersi con un’altra azienda nel tentativo di evitare la bancarotta. A Maggio, del capitale originale rimangono solo 130 milioni di dollari; due anni prima, le stime del NASDAQ la quotavano a 13 miliardi. I piani di fusione non vanno a buon fine però, e le azioni di Arrival arrivano al minimo storico: $2.60 per azione. La risposta dell’azienda è dunque quella di continuare a tagliare la forza lavoro, questa volta del 25%, anche se non è chiaro, vista la poca trasparenza dell’azienda, quante persone abbiano perso il posto di lavoro.
Insomma, sembra che il grande sogno di Arrival, di rendere la produzione di EV modulare, scalabile ed economica, sia finito in cenere, a causa della gestione economica della stessa azienda. Staremo a vedere come finirà la situazione, ma il fatto che Arrival non abbia prodotto, dal 2020, un singolo veicolo ad uso commerciale rende molto difficile immaginare un futuro roseo per la compagnia.
This post was published on 6 Novembre 2023 20:00
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