Nel Gennaio di quest’anno tre artisti, Sarah Andersen, Kelly McKernan e Karla Ortiz, avevano aperto una class action contro Stability AI, Midjourney e DeviantArt per violazione del Digital Millennium Copyright Act. Gli artisti sostenevano infatti che, siccome i modelli IA possono generare immagini “nello stile d[ei]” loro lavori, allora questi debbano essere considerati lavori derivativi, che potrebbero essere percepiti come falsi. La denuncia, che si era presto tramutata in un vero e proprio processo, aveva catalizzato i sentimenti della comunità artistica, mentre alcuni segnalavano come un’azione del genere avrebbe potuto peggiorare ancora di più la situazione. Adesso, a distanza di quasi 10 mesi, ci sono stati importanti sviluppi nei procedimenti.
Un buco nell’acqua?
Il processo, che era partito con così tanta carica emotiva da parte dei querelanti sembra aver incontrato un muro invalicabile. Le discussioni in tribunale sembrano essersi fermate a fine mese scorso, quando il giudice distrettuale William H. Orrick ha rigettato le istanze di moltissimi partecipanti alla class action, insieme a quelle di due dei tre querelanti originali, l’artista indipendente Kelly McKernan e la concept artist e illustratrice Karla Ortiz.
A quanto risulta dai procedimenti, che lo stesso giudice definisce “viziati in numerosi aspetti”, i due querelanti sopracitati non avevano mai registrato nessuna delle opere oggetto di disputa all’Ufficio Copyright. Questo vuol dire che non esiste alcun copyright su quelle immagini, e che dunque la loro denuncia è stata istantaneamente annullata.
Questo non vuol dire però che il processo si sia risolto con la vittoria delle IA; se McKernan e Ortiz sono fuori dal procedimento, rimane la ricorrente principale, l’illustratrice e cartoonist Sarah Andersen, che adesso avrà 30 giorni per correggere la denuncia e mantenere in piedi la disputa. Gli avvocati rappresentanti gli artisti in causa, Matthew Butterick e Joseph Saveri, hanno confermato in un’intervista che gli artisti firmeranno un emendamento alla denuncia mese prossimo, dicendosi non sorpresi di questa svolta, visto che il giudice l’aveva già fatto notare ad inizio procedimenti.
Il giudice William H. Orrick sembra dunque pendere verso il lato dei difensori sul fatto che gli artisti sembrano essere un po’ confusi su come effettivamente funzioni un modello di generazione di immagini. La denuncia affermava che Stable Diffusion funzionasse utilizzando “copie compresse” delle immagini, cosa che i difensori segnalavano come contraddittorio rispetto a come i denuncianti descrivevano il processo di diffusione, ovvero come un “metodo matematico e statistico per conservare meglio le immagini senza comprimerle”. Il giudice è dunque intervenuto, chiedendo espressamente ai querelanti di:
Chiarificare la propria teoria rispetto alle copie compresse delle Immagini di Training e di dimostrare fattualmente come Stable Diffusion -programma open source, almeno in parte- operi rispetto a queste immagini. Se i querelanti affermano che Stable diffusion contenga “copie compresse” delle immagini, devono definire “copie compresse” e portare prove plausibili a supporto. Se la teoria dei denuncianti è basata sull’idea che Stable Diffusion utilizzi metodi matematici o statistici per ricostruire le Immagini di Training, totalmente o parzialmente, per creare l’immagine finale, devono chiarire la loro posizione e portare prove a supporto.
Stability AI aveva provato a combattere la denuncia affermando che Andersen non potesse procedere con le accuse di rottura del copyright a meno di non riuscire ad identificare specificamente quale lavoro registrato pensa sia stato usato nell’addestrare il modello Stable Diffusion. Il giudice era però intervenuto, affermando che già la possibilità di utilizzare nei prompt la voce “nello stile di” costituiva un caso di plausibilità sufficiente. Riguardo all’idea che degli “impostori” potessero usare i modelli IA per fingersi gli artisti originali il giudice ha deciso di dichiararla “priva di argomenti”, dopo che gli stessi querelanti avevano ammesso che “è improbabile che le immagini generate possano assomigliare strettamente alle immagini utilizzate nel training”.
Midjourney, a seguito di questi nuovi sviluppi, aveva presentato un’istanza di archiviazione della denuncia, che però è stata contrastata dal giudice Orrick, che l’ha ritenuta prematura e preclusiva della possibilità della class-action di certificare le proprie posizioni. Dunque adesso il processo continua, ed il futuro delle pratiche di scraping e della protezione degli artisti risiede tutto nelle mani di Andersen e del suo team legale.