A mali estremi… vecchi rimedi!
L’invasione russa dell’Ucraina ha provocato l’isolamento politico della Russia dai maggiori consessi internazionali, nonché imponenti danni commerciali che passano anche per lo scambio e compravendita di tecnologie. Uno dei principi fondamentali dell’economia politica è che la specializzazione conviene rispetto alla generalizzazione, ma questo vale solo in condizioni di pace. Se tutti i paesi sono in pace fra loro, possono fare affare specializzandosi ognuno in settori produttivi diversi, in modo da produrre beni di altissima qualità che si può scambiare vicendevolmente tramite leggi di domanda e offerta.
Anche la tecnologia è uno di questi beni, e anche ad essa di applica il vantaggio della specializzazione: alcuni paesi sono specializzati nella produzione di microchip, ad esempio, e li esportano in tutto il mondo in virtù dell’elevata tecnologia di produzione. La Russia da questo punto di vista è sfortunata, perché a causa dei numerosi embarghi commerciali cui è stata sottoposta come ritorsione per aver causato lo scoppio della guerra in Ucraina è impossibilitata ad importare le ultime tecnologie informatiche nel suo territorio.
Questa situazione la sta costringendo a riorganizzare l’intera filiera tecnologica interna, mettendo in piedi impianti di produzione, ricerca e sviluppo e altre attività corollarie per raggiungere una sorta di autarchia tecnologica. Tuttavia la strada è particolarmente impervia quando si prova fare tutto da soli, soprattutto se il proprio punto di partenza è fissato 16 anni nel passato!
Per realizzare i microchip, componente fondamentale per qualsiasi sistema informatico moderno, è necessario avere a disposizione tecnologie in grado di lavorare i materiali di cui sono costituiti, ovvero i semiconduttori: metalli caratterizzati da alta conduzione elettrica come il silicio e il germanio. La Russia non dispone internamente di tali tecnologie, ma ora si trova nella condizione di doverle implementare per sopperire agli embarghi che ne impediscono l’ingresso dall’estero. Per fare ciò si è posta l’ambizioso obiettivo di rendere operativa tale industria indigena entro il 2030, con un investimento che sfiora i 40 miliardi di dollari.
Ovviamente la Russia tenta comunque di approvvigionarsi di microchip attraverso vari magheggi di mercato e accordi sottobanco, cosa in parte riuscita finora secondo alcune ricerche indipendenti che dimostrerebbero come queste tecnologie riescano comunque a penetrare la “cortina di ferro” grazie a triangolazioni che spesso transitano per la Cina e con la compiacenza di singole compagnie occidentali conniventi. In ogni caso questi sono tamponi che possono solo risolvere marginalmente il problema nell’immediato, mentre la Russia è al lavoro anche sul lungo periodo.
Ora i piani della Russia sono quelli di rivitalizzare la lavorazione intera di semiconduttori per poter produrre microchip in autonomia, ma le tecnologie che può sperare di ottenere in tempi ragionevoli sono già oggi molto anziane: precisamente hanno ben 16 anni di età!
Il piano della Russia è quello di produrre chip con tecnologia a 28 nanometri entro il 2027, per poi raffinare tale tecnologia portando alla produzione di chip a 14 nanometri entro il 2030. Nell’immediato, un primo investimento da 5 miliardi di dollari dovrebbe consentire in tempi rapidi una produzione iniziale di chip a 90 nanometri. Leggere numeri del genere riferiti agli anni correnti dà l’impressione di star viaggiando nel tempo: la TSMC, azienda di Taiwan che è leader mondiale nella produzione di microchip, mise a punto al tecnologia di produzione a 28nm nel 2011, e quella a 14nm nel 2014! Ciò significa che, qualora la Russia riuscisse effettivamente a produrre chip a 28nnm nel 2027 (obiettivo comunque non scontato), sconterebbe un ritardo tecnologico sul resto del mondo di ben 16 anni!
Non che la Russia ora come ora abbia molta altra scelta: come detto il mercato dei chip sottobanco non può certo sostentare un intero apparato industriale, tanto più se parliamo della nazione più grande del mondo. Fare questo tipo di investimento ora è una scelta obbligata, che obbligherà il paese a sacrifici enormi per poi arrivare ad essere comunque in una situazione di fortissimo ritardo tecnologico sul resto del mondo. D’altronde la Russia è sempre stata specializzata sul lato software più che sull’hardware, e ora non le resta che investire tutto quello che può nella formazione interna e in programmi di reverse engineering su tecnologie occidentali ricorrendo, per tuto ciò che è impossibilitata a produrre, all’unico partner commerciale che le è rimasto ovvero la Cina.
Intanto il mondo corre verso il futuro: proprio TSMC ha annunciato che punta a produrre i primi chip a 2 nanometri entro il 2026.
This post was published on 18 Ottobre 2023 9:00
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