La nuova legge europea sulla libertà di informazione potrebbe costarci molto caro

Libertà di informazione

L’articolo 17 della Media Freedom Act in discussione al parlamento Europeo rischia di causare più problemi di quanti ne risolva.

Come sappiamo la legiferazione del Parlamento Europeo è molto attiva in materia di difesa della privacy e trattamento dei dati sensibili sul web, essendo artefice del GDPR che qualche hanno fa ha imposto requisiti di trasparenza molto precisi riguardo a modalità e finalità di raccolta dati degli utenti sui siti web. Ora l’UE ha un nuovo obiettivo, riguardante la trasparenza e correttezza dell’informazione su Internet che intende affrontare con una legge quadro denominata Media Freedom Act, il cui testo preliminare è stato stilato nel 2022 e la cui discussione in merito all’approvazione si sta verificando proprio in questi giorni.

Emiciclo del Parlamento Europeo a Strasburgo
Emiciclo del Parlamento Europeo a Strasburgo

Pur sottolineando lo zelo delle istituzioni europee, che si sono spesso dimostrate avanguardie ed apripista di legiferazioni chiare n merito alla regolamentazione e diffusione di dati e informazioni sul web, il tutto a salvaguardia degli utenti, questa volta il testo della legge in questione sta causando un vivace dibattito in merito ad un potenziale effetto boomerang che rischia paradossalmente di aumentare il tasso di fake news sul web. Dove sta l’inghippo?

Media Freedom Act, un pasticcio?

Il testo del media Freedom Act è reperibile sul portale EUR-Lex, gazzettino ufficiale di tutti i testi di legge approvati e in discussione presso il Parlamento Europeo. Il testo della legge è stato approvato la scorsa settimana, con 448 voti a favore 102 contrari e 75 astenuti. L’elemento che ha suscitato clamore è l’articolo 17, che introduce una nuova normativa rispetto alla condotta che le cosiddette VOLPs (very large platforms, sostanzialmente i grandi social network che fungono anche da canali di informazione per molti internauti, come Facebook e X) devono adottare nei riguardi della diffusione di notizie sulle proprie piattaforme. Ecco alcuni passaggi del testo in questione:

1. I provider delle VOLPs devono disporre di una funzione che consenta a chi ne usufruisce di poter dichiarare:

a) di essere un media service provider, così come definito nell’articolo 2(2);

b) di essere editorialmente indipendente dai governi dei Paesi membri o terzi; e

c) di essere soggetto ai requisiti normativi per l’esercizio della responsabilità editoriale in uno o più stati membri, o di aderire ad un meccanismo di co-regolamentazione o auto-regolamentazione che disciplina gli standard editoriali, ampiamente riconosciuto e accettato nel settore dei media di uno o più Stati membri. estratto dall’Articolo 17 del Media Freedom Act, consultabile sul portale EUR-Lex – consultato in data 7 ottobre 2023

Sabine Verheyen, deputata del Partito Popolare europeo, ha tenuto al conferenza stampa di presentazione del testo della legge
Sabine Verheyen, deputata del Partito Popolare europeo, ha tenuto al conferenza stampa di presentazione del testo della legge

Salta subito agli occhi un evidente contraddizione: l’UE vorrebbe tutelare la libertà degli organi di informazione di poter pubblicare le notizie che vogliono sulle grandi piattaforme, senza subire una censura preventiva da parte della piattaforma stessa che, qualora fosse politicizzata o avesse interessi particolari, potrebbe decidere di oscurare alcune notizie e pubblicarne altre per orientare l’opinione pubblica degli utenti iscritti. Il testo di questo articolo rischia però di essere la proverbiale pezza uscita peggio del buco: la soluzione escogitata dalla legge a questo problema sarebbe infatti quello di ricorrere ad una sorta di autocertificazione da parte degli organi di informazione, che dovrebbero autonomamente dichiararsi tali senza alcuna possibilità di verifica e controprova da parte del proprietario della piattaforma social.

Intendiamoci, in linea di principio si potrebbe anche ritenere corretto il fatto che non stia al Facebook di turno verificare la bontà o correttezza dei contenuti pubblicati dai singoli utenti, poiché tra le funzioni di una società privata non vi è certo quella di polizia postale. Tuttavia, da qui a lasciare le porte spalancate a chiunque si identifichi come media outlet ce ne passa! Mettiamola in un altro modo: se non la piattaforma, chi mai potrebbe o dovrebbe controllare la veridicità delle dichiarazioni fornite da tali organi di informazione? Il rischio della proliferazione di account appartenenti a pseudo-siti di informazione che spargono fake news è dietro l’angolo.

Continuando la lettura dell’articolo 17 emerge ancor più chiaramente la volontà da parte delle istituzioni di inibire qualunque capacità di intervento e controllo dei gestori della piattaforma in merito alla supposta informazione pubblicata dai media outlet. Vi sono infatti procedure molto stringenti a cui la VOLP dovrebbe attenersi qualora decidesse di interrompere i propri servizi di intermediazione online a tali sedicenti organi di stampa; la necessità di garantire azioni di supporto agli stessi in caso di reclami; l’obbligo di pubblicare report annuali in merito ad eventuali restrizioni o limitazioni imposti a tali sedicenti enti. Insomma, ribadendo la bontà della filosofia concettuale della legge in sé, che mira a proteggere la libertà di informazione, è evidente che l’effetto boomerang di un “liberi tutti” di questo genere è quantomai concreto, aprendo le maglie ad una potenziale proliferazione di fake news incontrollate che potrebbero finire col fare più danni di quelli che si vorrebbero evitare.

Fuori dal coro

L’articolo 17 del media Freedom Act ha suscitato malumori nell’intero settore dei media, all’estero e in Europa stessa. Infatti, al di là delle aspre critiche che il testo di questa legge sta raccogliendo nel mondo del giornalismo extraeuropeo (vedere ad esempio questa durissima critica da parte di TechCrunch), c’è da segnaalre che nemmeno in Europa manca un certo allarmismo verso le potenziali derive nefaste dell’adozione del testo così com’è. Ad affrontare la questione di petto è ad esempio Club De Madrid, un’associazione di ex capi di stato europei che vigila sul funzionamento delle istituzioni. L’ente ha pubblicato una lettera aperta sul proprio sito, che porta le prestigiosissime firme, tanto per dirne un paio, dell’ex cancelliere d’Austria Alfred Gusanbauer e dell’ex presidente della Polonia Aleksander Kwaśniewski. La lettera è molto puntuale nel descrivere i possibili rischi dell’applicazione di questo testo, e la conseguente richiesta di rivalutarlo alla luce degli stessi.

Benché riconosciamo che il Media Freedom Act sia un passo nella direzione del rafforzamento delle democrazie europee tramite la promozione di un sistema di informazione pluralistico e libero all’interno dell’Europa, siamo estremamente preoccupati dalle possibili implicazioni date dall’attuazione dell’articolo 17. (…)
In particolare siamo preoccupati dall’identificazione dei fornitori di servizi media tramite autodichiarazione, e per il rischio che tale procedura possa essere sfruttata come mezzo per diffondere disinformazione, fake news e propaganda con maggiore facilità e minore controllo. La questione dell’identificazione degli organi di informazione è profondamente difettosa, arbitraria e soggetta a potenziali abusi. (…)
La proliferazione di organi di stampa auto-designatisi tali, spesso operanti con secondi fini che esulano dall’etica giornalistica, minaccia le basi stesse di una cittadinanza informata ben informata e consapevole. ADVOCACY LETTER ON ARTICLE 17 OF THE EUROPEAN MEDIA FREEDOM ACT (EMFA) – 26 settembre 2023

Insomma non c’è dubbio sul fatto che l’articolo 17 sia un punto estremamente problematico, che rischia di vanificare i lodevoli intenti che animano lo spirito e le finalità di questa legge. C’è da sperare quindi che la discussione in sede parlamentare ottemperi ad una profonda revisione dell’articolo, i cui potenziali effetti negativi sulla circolazione di cattiva informazione sono evidenti agli occhi di tutti.