Il leggendario co-fondatore di Studio Ghibli aveva espresso parole dure sull’intelligenza artificiale alcuni anni fa, e la sua profezia si sta tristemente avverando.
L’avvento delle AI in ogni campo della tecnologia ha coinvolto anche la produzione artistica, come dimostrano le notizie che puntualmente arrivano su dibattiti che si scatenano ogni volta che emerge l’utilizzo di questi algoritmi nella realizzazione di opere digitali quali videogiochi, animazione, illustrazioni eccetera.
Spaccata fra apocalittici ed integrati, l’opinione pubblica sulla questione è quantomai variegata, e anche tra gli stessi artisti non tutte le voci cantano all’unisono. Vi sono studi di animazione che vi ricorrono senza problemi, considerandola un validissimo tool al servizio dei creativi, in grado di migliorare e velocizzare il loro lavoro automatizzando una serie di operazioni ché richiederebbero tempo e fatica. E vi sono coloro che sono fermamente contrati all’introduzione di tali tecnologie, considerandole addirittura una minaccia per i posti di lavoro nel settore, o comunque svilenti rispetto ad una produzione artistica che, in quanto tale, dovrebbe essere soggetta in tutto e per tutto alla volontà di un creatore umano.
Studio Ghibli, o meglio, il suo co-fondatore Hayao Miyazaki, è uno dei più strenui oppositori all’introduzione delle AI nell’animazione, per lo meno nel suo specifico ambito di lavoro. I capolavori di Miyazaki e soci non sono certo privi di integrazioni digitali, ma i film dello Studio Ghibli sono sempre e comunque frutto del lavoro certosino di animatori di altissimo livello, che fa della purezza e perfezione del disegno a mano il suo centro nevralgico. Proprio Miyazaki si è reso protagonista, anni fa, di uno scambio di battute divenuto subito un meme, e rivelatosi profetico circa il l’odierno dibattito su questa tencologia.
Era il 2016 quando la NHK, la rete televisiva pubblica giapponese, mmndò in onda il documentario Never-Ending Man, incentrato sulla figura di Miyazaki ed il suo lavoro all’interno dello Studio Ghibli. Il documentario mostrava le sessioni di lavoro quotidiane del team, regalava scorci privati sul modus operandi del grande maestro, oltre a raccogliere le sue riflessioni sulla vita, sull’arte e una varietà di altre questioni. In retrospettiva, il documentario è divenuto celebre anche perché ha rivelato l’opinione di Miyazaki sull’utilizzo delle AI nell’animazione. Parole che, udite con le orecchie di oggi, suonano incredibilmente anticipatorie rispetto al dibattito che si è scatenato negli ultimi anni attor o all’utilizzo di tali tecnologie.
In particolare, il momento più famoso del documentario è una breve clip che ha iniziato a circolare per il web divenendo un meme istantaneo, e periodicamente riesumato proprio in occasione dell’allargamento del dibattito pubblico sull’integrazione delle Ai nel mondo dell’animazione e dell’arte digitale in generale. La clip in questione, presente sul canale YouTube di NHK a questo indirizzo, non è visibile con IP italiana a causa di questioni di copyright; tuttavia alcuni scampoli della stessa sono rintracciabili in rete, qualora non aveste modo di reperire un IP estero.
L’azione ha luogo in un ufficio dove è in corso una riunione tra Miyazaki e alcuni animatori, che gli mostrano ci a cui stanno lavorando. Si tratta di un esperimento di utilizzo di AI per realizzare una particolare animazione, presentato dall’assistente di produzione Nobuo Kawakami per evidenziare le potenzialità degli algoritmi di intelligenza artificiale, in grado di realizzare un’animazione di stampo horror in cui uno zombie smembrato utilizza la sua testa per strisciare su un pavimento. Kawakami spiega a Miyazaki che tale tipo di tecnologia può essere utilizzata proficuamente come strumento al servizio di una pletora di prodotti diversi, quell’esempio in particolare era particolarmente adatto ad un videogioco horror.
Dopo qualche istante di silenzio, Miyazaki prende la parola e riflette su quanto abbia trovato disgustosa questa presentazione. Spiega di incontrare ogni giorno un amico disabile, e di conoscere la sofferenza provocata dall’avere problemi di deambulazione. Giudica quindi che l’animazione che ha appena visto evidenzi una profonda mancanza di empatia verso l’essere umano ed il concetto di sofferenza fisica. In conclusione il maestro pronuncia la battuta divenuta iconica, ovvero che considera questo esperimento “un insulto alla vita stessa”. A questa accusa Kawakami si rifugia in una risposta generica riguardo alla natura ancora sperimentale dell’esempio mostrato; mentre alla domanda di Miyazaki su quale sia lo scopo ultimo che vogliano ottenere con questa tecnologia, un altro dipendente risponde che puntano a realizzare “un macchina in grado di disegnare e animare come un essere umano”. Il documentario, subito dopo questa battuta, inserisce il commento amaro di Miyazaki che riflette sul fatto di temere che la fine del mondo sia vicina.
Al di là della specificità dell’animazione in sé vista da Miyazaki, la sua bocciatura senza appello è stata utilizzata come meme per reagire a qualsiasi cosa che non si consideri degna di attenzione o anzi riprovevole. Ma in ambito strettamente attinente alla tecnologia e all’impiego delle AI, è stata una delle prime voci estremamente critiche provenienti da un addetto ai lavori, e non uno qualsiasi bensì un riconosciuto maestro internazionale nel suo campo.
Certo, per un Miyazaki che vi si oppone, vi sono decine di creativi e studi che invece abbracciano le AI ritenendole utili e vantaggio per il proprio lavoro, salvo magari attirarsi un po’ di pubblicità negativa e qualche critica dal pubblico, come il recente caso delle espansioni del gioco di strategia Terraforming Mars, nella cui campagna Kickstarter il produttore ha non solo ammesso, bensì rivendicato l’utilizzo di contenuti AI-generated come strumento a supporto del lavoro degli artisti, dei designer e degli addetti al marketing, ribadendo la volontà di continuare ad utilizzare tali strumenti in futuro malgrado le critiche ricevute da parte della stessa community dei fan del gioco.
Insomma il caso del meme di Miyazaki fa riflettere su quanto antico e polarizzato sia il dibattito sulle AI nell’arte fin dagli albori di questa tecnologia, e ci dà l’idea di quanto ancora perdureranno dubbi e timori rispetto ad una tecnologia che, nel bene e nel male, è qui per restare e con cui bisognerà imparare a convivere.
This post was published on 7 Ottobre 2023 9:00
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