Ennesima condanna all’oblio per una app di Google, stavolta farà piangere gli audiofili.
Lo sappiamo, Google ha il grilletto facile quando si tratta di mandare in pensione dall’oggi al domani i suoi servizi o applicazioni. D’altronde un’azienda multimilionaria come questa può permettersi di spendere milioni di dollari e anni di ricerca in un progetto per poi rendersi conto che non è abbastanza produttivo, che non attira abbastanza pubblico o semplicemente che non si tratta di un segmento di business in cui gli interessa entrare. Uno degli addii più clamorosi riguarda Stadia, il progetto di cloud gaming rilasciato in pompa magna nel 2019 e abbandonato in sordina a inizio di quest’anno, dopo aver pontificato di sensazionali funzioni che non erano mai arrivate, forse perché rivelatesi troppo dispendiose o impraticabili.
Ora sta arrivando un’altra infelice notizia, che riguarda un’applicazione molto conosciuta ed utilizzata: ci solleva ancor di più il velo del mistero sulle motivazioni che abbiano spinto la compagnia ad operare una tale scelta.
Una app di lungo corso
Se c’è un fenomeno che è esploso durante la pandemia, oltre ai videogiochi, è la proliferazione dei podcast. Fino ad allora passione di nicchia, le tante ore passate in casa hanno provocato un aumento smisurato degli ascolti, e la nascita di una pletora di nuovi podcast su qualsiasi argomento ed in qualunque provenienza geografica: si può dire che il fenomeno sia sbarcato in Italia proprio dal 2020 in poi, almeno come prodotto di massa.
Detto fatto, le major delle hi-tech non sono certo rimasti a guardare ed in pochi anni le piattaforme che ospitano podcast si sono moltiplicate, da quelle specializzate come Audible, Spreaker, Apple Podcasts ed Anchor a quelle generaliste o nate come servizi di streaming musicale che hanno finito per includerli, ad esempio Spotify, Amazon Music, Tidal e molti altri. Google Podcast si inserisce nella prima categoria: rilasciato per la prima volta nel 2018, si imposto velocemente come uno dei principali aggregatori di settore (negli Stati Uniti è terzo dietro a Apple e Spotify). Insomma un’applicazione uscita al momento giusto, in una posizione invidiabile, non può certo essere a rischio chiusura, giusto? sbagliato!
Google Podcasts, la chiusura
Il sottoscritto, e molti altri utenti che utilizzano la piattaforma in questione, stanno ricevendo in questi giorni delle e-mail da Google, la quale annunciala chiusura di Google Podcasts. Ecco la lettera che mi è stata recapitata proprio stamattina:
Gentile Alessandro,
Di recente, abbiamo annunciato che Google Podcasts non sarà più disponibile a partire dal prossimo anno. Ti abbiamo contattato direttamente per informarti di cosa accadrà.Al momento, non cambierà nulla. Potrai continuare a utilizzare Google Podcasts come di consueto. I podcast saranno disponibili su YouTube Music entro la fine dell’anno. Nei primi mesi del 2024, inizieremo a implementare strumenti nella tua regione che ti consentiranno di trasferire le iscrizioni ai podcast da Google Podcasts. Su YouTube Music, potrai ascoltare i tuoi podcast come su Google Podcasts. Infatti, non è necessaria un’iscrizione a pagamento. Se YouTube Music non fa per te, gli strumenti ti consentiranno di scaricare un file contenente le iscrizioni ai podcast, che potrai caricare su un app che ne supporta l’importazione. Google Takeout è a tua disposizione qualora volessi esportare i dati di Google Podcasts dal tuo Account Google.
Siamo consapevoli che si tratta di un grande cambiamento e vogliamo ringraziarti per la tua fedeltà in qualità di utente di Google Podcasts. Ti contatteremo direttamente con maggiori dettagli nel corso dei prossimi mesi. – e-mail inviata da Google agli utenti di Google Podcasts – 27/09/2023
Dunque, parole inequivocabili: Google Podcasts sarà dimesso nel corso del 2024. Se non altro, lettera contiene anche una parziale spiegazione del perché: Google vuole accorpare le sue funzioni all’interno di YouTube Music, arricchendo l’offerta della app per renderla magari più allettante per gli utenti e giustificarne l’iscrizione. Da notare infatti che, mentre Google Podcasts è completamente gratuita, YouTube Music ha una versione base con pubblicità e piani a pagamento con canoni di abbonamento pari a €9,99 mensili. Dunque c’è sicuramente una motivazione di spinta economica a muovere Google, ed anche una legittima necessità di razionalizzare il suo parco applicazioni fondendone due insieme, con tutte le facilitazioni che ne conseguono a livello di gestione e risparmio.
Tuttavia si tratta anche di una scelta opinabile, che potrebbe portare ad un calo di ascolti dell’utenza, almeno in una prima fase: chi non ha intenzione o possibilità di pagare canoni di abbonamento potrebbe migrare verso altre piattaforme, specie se già utilizza altri servizi di streaming musicale. Da notare infatti che Google Podcasts non possiede show in esclusiva, dunque non ha strumenti per rendersi più allettante alle orecchie dell’utenza rispetto alla concorrenza. A meno che nei suoi piani di lungo periodo non ci sia proprio l’intenzione di offrire produzioni esclusive che possano attirare gli ascoltatori e spingerli ad abbonarsi.
C’è infine un ulteriore aspetto su cui Google dovrebbe meditare: con questa mossa migra i podcast da una app specializzata ad una generalista, perdendo quella specificità che invece viene mantenuta da Spreaker, Pocket Casts e altri. Questa perdita di identità potrebbe alienare parte del pubblico e rendere difficile il riconoscimento di YouTube Music come piattaforma non solo per musica ma anche per podcast. Insomma la sensazione è che Google stia, come al solito, facendo un azzardo dei suoi: del resto i soldi per giocare non gli mancano di certo.