L’arrivo del XXI secolo ha portato allo sviluppo sempre più imperterrito dei social network: delle piattaforme in rete nelle quali – tramite la creazione di un account – è possibile condividere diverse tipologie di file come immagini, video o post contenenti testi di vario tipo. Molti di essi, infatti, sono spuntati come funghi durante l’inizio del Duemila, come Twitter, YouTube e Facebook. Proprio quest’ultimo è stato in mezzo a tutta una serie di controversie, alcune parecchio gravi e inerenti alla diffusione di notizie false di vario tipo dalla medicina fino alla politica. Ebbene il social creato da Zuckenberg è finito nuovamente al centro di un processo negli Stati Uniti d’America.
Social network e processi, una costante degli ultimi anni
Per quanto i social network abbiano permesso di ridurre le distanze tra gli esseri umani facilitando la comunicazione attorno al mondo intero, hanno comunque delle incognite negative che si portano dietro. Una delle principali riguarda la sempre maggior diffusione di informazioni false inerenti a vari ambiti e che possono avere degli effetti di grave portata. Parallelamente si è assistito anche a un progressivo aumento della violenza verbale e delle diffusione di contenuti a tema odio su molti social. Un esempio di ciò è X (una volta Twitter) che dopo l’acquisizione da parte Elon Musk – che tra l’altro ha portato alla sua lenta e inesorabile crisi – ha registrato un aumento senza precedenti del suddetto problema.
Insulti a minoranze, di natura sessista o contro persone che hanno una sessualità diversa dalla propria. Gli stessi che si occupano della moderazione nel sito e del rispetto delle regole non sono stati minimamente in grado di risolvere la situazione, lasciando che si generasse un vero e proprio far-west. Comunque sia a finire al centro dell’ennesimo polverone ci ha pensato Facebook che è stato citato in giudizio da parte di un tribunale americano.
Facebook citato in giudizio per il suo algoritmo
A far partire tutto l’iter giudiziario, è stata una causa collettiva lanciata nel 2020 a seguito di un problema riscontrato da una donna di 48 anni chiamata Samantha Liapes. Costei stava utilizzando il social network di Meta per ricercare una compagnia assicurativa: non essendo stata in grado di trovarne una, la donna ha accusato la compagnia di avere un algoritmo discriminatorio che non mostrava annunci dedicati a causa della sua età e del sesso. Proprio per questo si è assistito a una class-action da parte di tante persone con l’intento preciso di accusare Facebook di essere discriminatorio nei confronti di anziani e donne, violando così i diritti civili fondamentali.
Sull’argomento è anche intervenuta corte di giustizia della California, la quale ha detto che le accuse mosse all’azienda sono più che valide e che è lecito che Facebook venga citato per il suo algoritmo. Appunto per questo si è andati ad annullare una parte delle regole utilizzate da Meta per non avere problemi a livello legale, che prevede il fatto che non possa essere accusata per quello che gli utenti pubblicano all’interno di Facebook. In molte circostanze questo cavillo legale è stato utilizzato per impedire di ricevere sanzioni e cause di vario tipo. Tuttavia a seguito della decisione del tribunale californiano, l’azienda americana può essere accusata senza alcun problema per i motivi elencati poc’anzi. Davvero una buona notizia per coloro che sono coinvolti che potranno finalmente ottenere giustizia e allo stesso tempo migliorare in parte l’esperienza sul social creato da Marck Zuckenberg.