L’intelligenza artificiale del momento ed è qui per restare. Ma che impatto avrà nel lungo periodo sulle nostre vite?
Se 10 anni fa vi avessero detto che nel 2023 parlare di intelligenze artificiali sarebbe stato la normalità, ci avreste creduto? In pochi anni ciò che è stato il sogno recondito di scrittori ed appassionati di fantascienza si è pericolosamente avvicinato alla concretizzazione e, sebbene i passi da fare siano ancora tantissimi e gli anni di ricerca e sviluppo dinanzi a noi numerosi, non c’è dubbio che i traguardi raggiunti in pochissimi anni sul fronte dello sviluppo di intelligenze artificiali lascino presagire che tale tecnologia sia qui per restare e che diventerà sempre più pervasiva nelle nostre vite. Ma quanto pervasiva? Fino a che punto l’utilizzo delle AI rimarrà relegato all’ambito informatico, e quanto invece irromperà nella nostra vita quotidiana?
Un futuro radioso o inquietante?
Secondo Mustafa Suleyman, CEO della startup DeepMind al lavoro sullo sviluppo dell’AI bot denominato Pi, nel giro di pochi anni impareremo non solo a convivere con le intelligenze artificiali, ma anche a rapportarci a loro in modo sinergico e capillare, delegando non solo piccole questioni burocratiche ed organizzative, ma anche demandando acquisti e contrattazioni commerciali e lavorative. Per una serie di vantaggi conseguenti alla delega di tante attività che ci risucchiano tempo e fatica, c’è però il rovescio della medaglia.
Quanta autonomia vorremo garantire a questi sistemi nel conferirgli mandato per stringere impegni ufficiali a nostro nome? E se anche dall’altra parte della contrattazione vi fosse un’AI? Come possiamo essere sicuri che un accorto preso tra bot possa tradursi in qualcosa di sensato per gli esseri umani? Come si potranno settare limiti, parametri, condizioni tali per cui i bot possano prendere decisioni davvero sensate e proficue al posto nostro? Vogliamo davvero affidare ad un’AI le chiavi della nostra vita?
Oggigiorno Pi è già in grado di prenotare un ristorante a tuo nome, predisporre una macchina o comprare cose per te, ma nel futuro potrai dargli mandato legale e contrattuale a tuo nome, il che significa che potrai fornirgli il tuo consenso affinché stipuli contratti in tua vece, e spenda denaro reale e ti vincoli ad accordi nel mondo reale. – Mustafa Suleyman intervistato da Stephen Levy su Wired – 22 settembre 2023
Piccolo spazio pubblicità
Un altro problema potenziale è rappresentato dai bot ad-based. Oggigiorno siamo abituati ad usare alcuni algoritmi di Ai messi a disposizione gratuitamente come ChatGPT o Bard, ma sappiamo bene che ne esistono altri esclusivamente a pagamento. Possiamo immaginare che, verosimilmente, all’aumentare della sofisticazione e della pervasività di tali algoritmi, il loro costo aumenterà e non tutti potranno permettersi (o saranno intenzionati) a sostenere un costo, una tantum o in abbonamento, per usufruire di questi strumenti.
Ecco perché ci sono già ipotesi di AI bot gratuiti per l’utente finale, ma supportati da pubblicità e/o sponsor di vario tipo. Chiaramente si pone il problema di come questi bot bilanceranno i servizi offerti all’utenza con le esigenze pubblicitarie dei finanziatori. Non si correrà il rischio che le AI ci suggeriscano surrettiziamente una soluzione piuttosto che un altra, un prodotto al posto di un altro, in base a logiche commerciali derivanti da chi li sponsorizza? Quali enti di controllo si faranno carico di verificare la “buona fede” degli algoritmi, e con quali strumenti? Domande che al momento sono destinate a rimanere senza risposta.