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La NASA dichiara: il 98% dell’urina e del sudore degli astronauti potrà essere riciclato in acqua potabile, come i Fremen di Dune

Quando il geniale scrittore di Dune, Frank Herbert, creò negli anni ’60 la cultura dei Fremen, regalò al mondo della fantascienza un’idea strabiliante: come dimenticare le tute distillanti?

Parliamo delle divise in grado di estrarre da urina e sudore abbastanza acqua da poter sopravvivere, per settimane e senza ulteriori scorte, nel torrido deserto di Arrakis. Oggi, grazie ai ricercatori della NASA, possiamo dire che l’idea dietro le tute distillanti non rimarrà confinata al mondo della fantascienza.

La NASA è pronta a riciclare urina e sudore per sopravvivere a lungo nello spazio

L’idea di riciclare urina e sudore per produrre acqua potabile potrebbe entusiasmare i fan di Dune, ma anche provocare uno spiacevole senso di nausea. Qualsiasi sia la vostra reazione in merito, sappiate che è proprio ciò che è riuscita a fare la NASA. L’agenzia federale ha annunciato che gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) sono riusciti a recuperare il 98% dell’acqua che gli equipaggi hanno portato con sé nello spazio, riciclando qualsiasi cosa, dall’urina al sudore.

Quando la NASA riuscirà a realizzare spedizioni su Marte o su pianeti ancora più lontani, le limitazioni di peso e di spazio renderanno impraticabile il trasporto di diversi beni di prima necessità e proprio per questo motivo gli astronauti saranno costretti a produrre con autosufficienza questa tipologia di risorse, acqua compresa: per quanto riguarda la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), considerate che ogni membro dell’equipaggio ha bisogno di circa quattro litri e mezzo di acqua al giorno per bere, cucinare e mantenere il proprio igiene.

Il grande traguardo del 98%

Per soddisfare questa esigenza, gli ingegneri della NASA hanno sviluppato una tecnologia in grado di recuperare acqua potabile riciclando il sudore, l’urina e persino il respiro degli astronauti, grazie a un complesso sistema di filtri e processori. Diverse versioni del macchinario sono state utilizzate per anni sulla Stazione Spaziale Internazionale, ma riusciva a recuperare solamente circa il 94%, ed è solo recentemente che la NASA ha annunciato la svolta: da oggi il 98% dei fluidi degli astronauti potrà essere riciclato per produrre acqua potabile.

“Si tratta di un passo avanti molto importante nell’evoluzione dei sistemi di supporto vitale“, ha dichiarato Christopher Brown, membro del team del Johnson Space Center che gestisce il sistema di supporto vitale della stazione spaziale. “Supponiamo di raccogliere 100 libbre di acqua sulla stazione. Se ne perdono due chili e il restante 98% continua a girare e girare. Mantenere il sistema in funzione è un risultato davvero straordinario”.

Come funziona la tecnologia per il riciclo dell’acqua nello spazio?

L’impresa è stata compiuta grazie all’Environmental Control and Life Support System (ECLSS) della stazione, ovvero un sistema di controllo e supporto alla vita che comprende vari componenti hardware, come il sottosistema nominato Urine Processor Assembly (UPA), che recupera l’acqua dall’urina utilizzando la distillazione sotto vuoto.

L’ECLSS è costituito da una combinazione di hardware, tra cui un sistema di recupero dell’acqua che raccoglie le acque di scarico e deumidificatori avanzati che catturano l’umidità dall’aria della ISS prodotto dal respiro e dal sudore dell’equipaggio. L’acqua raccolta viene inviata al Water Processor Assembly (WPA) che subito produce acqua potabile.

Se vi state chiedendo come funziona l’UPA, ovvero il sistema dedito alla distillazione dell’urina, sappiate che si parte da un sottoprodotto, una sorta di salamoia che contiene ancora dell’acqua inutilizzata. Una volta creato questo liquido, il Brine Processor Assembly (BPA) dell’UPA estrae quasi tutta l’acqua residua.

La distillazione produce acqua e una salamoia di urina che contiene ancora acqua recuperabile. Un Brine Processor Assembly (BPA) sviluppato per estrarre questa acqua residua è stato sulla stazione spaziale come dimostrazione del suo funzionamento in microgravità. Recenti valutazioni hanno rilevato che il BPA ha aiutato il sistema a raggiungere l’obiettivo del 98% di recupero dell’acqua.”

Quindi gli astronauti bevono davvero la propria urina?

L’acqua raccolta viene in seguito filtrata per abbattere eventuali contaminazioni residue: se i sensori rilevano eventuali impurità, l’acqua ritenuta non potabile viene nuovamente trattata, mentre all’acqua ritenuta accettabile dai sensori viene aggiunto dello iodio, allo scopo di prevenire la crescita microbica.

Una volta concluso questo processo, l’acqua viene poi conservata fino al momento in cui l’equipaggio la dovrà utilizzare. Jill Williamson, responsabile dei sottosistemi idrici di ECLSS, ha dichiarato: “L’equipaggio non beve urina, ma acqua che è stata recuperata, filtrata e pulita in modo da essere più pulita di quella che beviamo qui sulla Terra. Abbiamo messo in atto molti processi e fatto molti test sul campo per avere la certezza che stiamo producendo acqua pulita e potabile”

“Meno acqua e ossigeno dobbiamo trasportare, più scienza può essere aggiunta al veicolo di lancio. Sistemi di rigenerazione affidabili e robusti significano che l’equipaggio non deve preoccuparsi di questo e può concentrarsi sul vero scopo della missione”.

This post was published on 29 Giugno 2023 11:30

Stefano Sergente

Nato nel 1993 tra le rive radioattive del Fiume Pescara, dopo aver studiato le antiche arti della sceneggiatura presso la Scuola Internazionale di Comics, decide inconsciamente di dedicare la sua vita alla scrittura. Tra le tante avventure intraprese ci sono diversi progetti cinematografici e fumetti brevi, tra i quali alcuni pubblicati con il collettivo Spaghetti Comics. Grazie all'educazione spartana impartita dai suoi fratelli maggiori, può vantare la fortuna di avere avuto un joypad del NES tra i suoi primi giocattoli, passione che ha portato avanti tutta la vita consumando pad di varie console, mouse, tastiere, occhi e mani.

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