Lo spazio è qualcosa di cui sappiamo ancora troppo poco, nonostante ogni singola scoperta sia un enorme passo avanti per conoscerlo sempre meglio. Per questo, forse, l’impensabile idea di costruire sulla Luna un telescopio grande quanto una città (Washington, per la precisione) ha colto l’interesse della NASA – che non l’ha rigettata né avallata, solo presa in considerazione.
Recentemente, l’agenzia spaziale ha premiato con una sovvenzione di 600mila dollari per due anni alcuni ricercatori affinché possano approfondire ulteriormente proposte ritenute interessanti. Tra questi, troviamo proprio il progetto in questione: FarView Observatory – A Large, In-Situ Manufactured, Lunar Far Side Radio Array, questo il nome di una proposta per il momento ancora molto ipotetica.
Si tratterebbe di creare un’enorme schiera di radiotelescopi sul lato nascosto della Luna sfruttando la regolite del satellite stesso: per regolite si intende l’insieme eterogeneo di sedimenti, polvere e frammenti di materiale, che compongono lo strato più esterno della superficie dei pianeti rocciosi come la Terra o Marte e dei corpi celesti come le lune e gli asteroidi. L’estensione del cosiddetto FarView Observatory equivarrebbe a quasi 200 chilometri quadrati e permetterebbe agli astronomi di vedere ciò che, a oggi, nessuno strumento consente: quella conosciuta come l’Età Oscura dell’universo, un periodo di tempo antecedente alle stesse stelle.
“Personalmente sono quarant’anni che sostengo la presenza di un radiotelescopio sulla çuna”, ha rivelato a Mashable Jack Burns, professore presso il Dipartimento di scienze astrofisiche e planetarie presso l’Università di Boulder, in Colorado, e membro del progetto FarView. “Esplorerà una parte dell’universo che non siamo mai stati in grado di vedere prima.”
I radiotelescopi hanno molto in comune con l’antenna radio delle auto: anziché riprodurre musica, tuttavia, catturano le onde radio emanate lungo il cosmo da stelle che esplodono, stelle in formazione, buchi neri e molto altro ancora. Poiché queste onde radio sono particolarmente deboli, la dimensione dei radiotelescopi deve essere grande, sufficiente a captarle. Per darvi un’idea, riportiamo le parole di Yvette Cendes, astronoma e borsista post-dottorato presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, secondo la quale “la quantità di energia raccolta nella storia della radioastronomia è inferiore all’energia necessaria per sciogliere un fiocco di neve”.
Il motivo è anche da ricercarsi nel fatto che i radiotelescopi sulla Terra, nonostante tutto, sono ostacolati da troppe interferenze per captare i debolissimi segnali dell’universo. Una parte della nostra atmosfera, detta ionosfera, riflette questo genere di onde radio. Infine ci siamo noi, che con i nostri rumori interferiamo in continuazione soffocando i segnali più deboli. Un simile problema non si porrebbe sulla Luna, poiché priva di qualsivoglia rumore; inoltre, è il satellite stesso a bloccare le fastidiose onde radio provenienti dal nostro pianeta.
Il lato più nascosto della Luna offre una visuale piuttosto nitida dell’universo. Ad avere il giusto telescopio, uno sufficientemente grande per l’appunto, le profondità del cosmo sarebbero alla nostra portata.
Come anticipato, il FarView Observatory sarebbe costruito con materiali quasi interamente reperibili sulla Luna e questo, per Burns, è uno dei maggiori punti di forza del progetto: non ci sarà alcuna necessità di grandi e costosi razzi per il trasporto del metallo conduttore necessario. “Possiamo infatti costruire una schiera di 100mila antenne con solo pochi voli sulla Luna.”
Immaginatela come una gigantesca ragnatela posata sul terreno, lungo la quale i rover robotici poserebbero le strisce di alluminio estratte dal suolo e che aiuteranno a captare i segnali radio nelle vicinanze. Va tuttavia precisato che Burns e i colleghi sperano di catturare onde della lunghezza di venti o trenta metri (per darvi un’idea, le onde radio FM sono lunghe tre metri). La continua espansione dell’universo e la conseguente estensione dei diversi tipi di luce – visibile, a infrarossi, raggi X, onde radio eccetera) rendono fondamentale un osservatorio di tale portata se si vuole cercare i segnali più antichi del cosmo: le onde radio si sono allungate al punto tale da richiederlo.
Naturalmente, un progetto di tale portata richiederà ben più che estrarre alluminio dal suolo lunare: uno sciame di rover per il cablaggio; pannelli solari per alimentare le macchine; infine, non meno importante, la forza lavoro umana in termini di supervisione, probabilmente da parte degli astronauti che abiteranno il Lunar Gateway – un avamposto che orbiterà attorno alla Luna.
Questo ovviamente porta alla questione principale, ovvero i costi. Non avere la necessità di razzi per il trasporto del materiale è sicuramente un incentivo e un taglio non indifferente alle spese ma stiamo comunque parlando di miliardi da investire. Il ritorno potrebbe essere potenzialmente eccezionale, dal punto di vista scientifico e tecnologico, perciò non ci resta che aspettare e vedere se e come si evolverà l’idea di questo inedito telescopio.
This post was published on 30 Aprile 2023 21:00
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