Nella corsa ad accaparrarsi il futuro delle intelligenze artificiali, gli spammer gioiscono per la mancanza di controlli sui contenuti generati da chatbot: fino a quando Google lascerà fare?
Generare contenuti di qualità con le intelligenze artificiali è diventato un gioco da ragazzi: ChatGPT è alla portata di chiunque (ancora per poco) e Jasper è creato appositamente per i contenuti testuali di ogni genere. Chiunque abbia usato ChatGPT, anche solo per un breve scambio, avrà notato che si viene risparmiati dall’ondata di cookie, pop-up e inserzioni di una pagina di ricerca Google ottenendo informazioni ragionevolmente buone.
Il colosso di Mountain View non nasconde la preoccupazione per l’avvento dei chatbot: il suo decennale predominio è minacciato dalle ultime mosse di Microsoft, e si sta regolando di conseguenza sviluppando il proprio chatbot proprietario. Google ha addirittura richiamato all’ovile i fondatori Sergey Brin e Larry Page, usciti dalle scene nel 2019, per discutere delle strategie ed investimenti necessari per la svolta dell’intelligenza artificiale interna al motore di ricerca.
Quindi, quale dovremmo aspettarci che sia la posizione di Google rispetto ai contenuti generati con AI e pubblicati online? Magari ad insaputa del lettore?
Di recente la rivista Futurism ha riportato l’ammissione da parte di una testata tech online, CNET, dell’utilizzo di intelligenze artificiali per la stesura degli articoli. Il team editoriale avrebbe sfruttato un chatbot, e poi sottoposto a verifica e revisione il contenuto prodotto.
Successivamente, CNET ha dichiarato di aver dovuto eliminare molti degli articoli per via dell’alto numero di errori rilevati. Ciò che è degno di nota in questo caso è che sì, molti professionisti del settore utilizzando IA nel loro lavoro, ma forse nessuno l’aveva fatto in modo così preponderante. E il dibattito che ne è nato è incandescente.
Osservato l’atteggiamento lassista di Google nei confronti di questi contenuti, gli spammer di tutto il mondo hanno gioito: se un grosso editore può farla franca, anche noi possiamo fare lo stesso. BlackHatWorld, un forum in cui si discutono pratiche poco lecite di SEO (ottimizzazione per i motori di ricerca) pullula di post riferiti al caso, che con entusiasmo invitano a cavalcare l’onda e risparmiare i costi sugli autori umani ottenendo risultati anche migliori.
Un utente, riferendosi alla possibilità di creare rapidamente contenuti-spazzatura molto amici dell’algoritmo di indicizzazione di Google, ha esortato: “è ora di pompare contenuti ad una velocità elevatissima”.
Google, in effetti, forse perché ha interessi futuri ad incentivare l’utilizzo di chatbot, non è stata categorica a riguardo:
“Il nostro team di posizionamento si concentra sull’utilità dei contenuti, piuttosto che sul modo in cui questi vengono prodotti.
Questo ci permette di creare soluzioni che mirano a ridurre tutti i tipi di contenuti non utili nella ricerca, sia che siano prodotti da esseri umani o attraverso processi automatizzati.”
Ciò che interessa l’azienda quindi non è tanto la paternità del contenuto, quanto che questo sia affidabile e veritiero.
La rivista Futurism, dal canto suo, sostiene che Google sta avendo un atteggiamento troppo permissivo nei confronti dei contenuti generati da AI, e critici dell’università di Harvard e Stanford concordano: l’uso indiscriminato e incontrollato di questi strumenti potrebbe rapidamente riempire il web di testi disinformativi pensati solo per il profitto.
La spazzatura testuale generata dall’IA, a livello superficiale, sa essere molto convincente. Google sarà in grado di prendere misure per difendere la qualità dell’informazione online?
This post was published on 25 Gennaio 2023 6:30
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