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Gli occhiali Intel Vaunt sostituiranno gli smartphone, Google Glass no

Dopo il fallimento del progetto Google Glass, almeno per quanto riguarda l’ambito consumer, l’annuncio degli occhiali Intel Vaunt porta una ventata d’aria fresca nel campo degli smart glasses e della realtà aumentata.

Si tratta di un approccio completamente diverso rispetto a quello adottato da Google: non un Grande Fratello orwelliano, bensì un assistente discreto ed elegante.

Intel Vaunt, i nuovi smart glasses

Un approccio fondato sull’adagio less is more.
Indossando Intel Vaunt non sembreremo cyborg maniaci che gesticolano, insomma.

Cosa fanno gli occhiali Intel Vaunt?

Si tratta di uno HUD, heads-up display, che offre informazioni rilevanti in base al contesto in cui ci troviamo, senza essere invadente. Basterà, infatti, non guardare l’area posta nell’angolo inferiore destro della lente, e l’immagine proiettata scomparirà. Puff.

Con Intel Vaunt potremo, ad esempio, leggere le recensioni del ristorante che stiamo osservando, o controllare al volo la ricetta del piatto che stiamo preparando.
Alcune app verranno gestite dallo smartphone, altre invece dagli stessi occhiali.

Non ci sono schermi: tutto viene proiettato direttamente sulla retina, con un laser a bassissima potenza, non dannoso per l’occhio.

Il sistema è personalizzabile secondo le nostre abitudini, in modo tale da mostrare notifiche e informazioni solo quando servono. Ben presto potremo leggere appunti, ricette, indicazioni stradali e molto altro ancora, direttamente sulla nostra retina.

Smart glasses alla moda

Un semplice paio di occhiali, dall’apparenza intellettuale, alla moda e assolutamente non cibernetica, disponibili anche per chi utilizza lenti graduate.

Sergey Brin, cofondatore di Google, e i Google Glass prima versione

Non ci sono telecamere né microfoni, almeno per il momento. Niente foto scattate di nascosto, niente spie improvvisate, molti meno problemi legati alla privacy e alla tutela del copyright.

Niente display LCD, zero superfici touch, zero pulsanti, a differenza di Google Glass.

Un po’ come uno smartwatch, Intel Vaunt sa quando farsi da parte. Se non dovesse afferrare al volo, basterà un semplice gesto della testa, o un’occhiata di traverso, per rimetterlo subito al suo posto.

Come funziona Intel Vaunt?

Un piccolissimo laser di classe 1 (VCSEL) proietta un’immagine monocromatica, di colore rosso, su un riflettore olografico presente sulla lente destra.
L’immagine, quindi, viene proiettata direttamente sulla retina con una risoluzione di 400×150 pixel. Grazie a questo sistema, la proiezione retinica è sempre a fuoco.

Occhiali a realtà aumentata

Tutta l’elettronica è contenuta nella stanga destra degli occhiali.
Il dispositivo, inoltre, è dotato di processore, di un chip BlueTooth per il collegamento allo smartphone, e di alcuni sensori utili per ricevere i comandi dell’utente e rilevarne i movimenti della testa, come un accelerometro e una bussola.

In futuro verrà aggiunto un microfono, che permetterà al sistema di ricevere anche comandi vocali, e faciliterà l’integrazione con gli assistenti vocali come Alexa e Siri.

Smart glasses indistinguibili dai normali occhiali

Uno dei maggiori punti di forza degli occhiali Intel Vaunt è la loro sottigliezza. Subtlety.

No, niente occhiali a raggi X, per il momento.

Non sembrano smart glasses, non ci sono schermi né si vedono dall’esterno le immagini proiettate. L’interlocutore potrà guardarvi negli occhi e non capire che, con la vostra visione periferica, in realtà state leggendo il giornale.

L’unico segno visibile dall’esterno, almeno per quanto riguarda il prototipo, è un piccolo punto rosso in un angolo della lente, facilmente confondibile con un riflesso.

Un bel passo in avanti rispetto all’evidenza lapalissiana di Google Glass.
Gli occhiali Intel Vaunt rappresentano un’ottima soluzione anche per giocare con la realtà aumentata, oppure possono essere un’eccellente idea per un regalo di San Valentino 2.0.

Smart glasses graduati

Sì, Intel Vaunt è disponibile anche con le lenti graduate, per chi indossa occhiali da vista.

O meglio, probabilmente verranno venduti solo nei negozi di ottica. Per poterli usare, infatti, è necessario calibrarli con l’esatta misura della distanza interpupillare.
Proprio come avviene già per i normali occhiali da vista.

L’importanza dell’aspetto negli smart glasses

A differenza del progetto di Google, Intel ha preferito un approccio sottile e discreto.
Vaunt non deve essere evidente: devono sembrare normali occhiali da vista.

Il nostro interlocutore non deve capire a colpo d’occhio che stiamo usando gli occhiali Intel Vaunt. Ronen Soffer, il Senior Director delle Software Experiences di Intel, ci scherza su:

In questo momento sto parlando con te [mentre indosso gli occhiali Vaunt], e ti sembra che la mia attenzione sia interamente concentrata su di te. Invece sto giocando a Trivia. Con questi, in realtà, puoi ignorare le persone in un modo molto più efficiente.

Questo, a chi scrive, sembra un intento ben più che nobile.

E voi cosa pensate degli smart glasses?
Compreresti degli occhiali a realtà aumentata?
Fatecelo sapere nei commenti!

This post was published on 10 Marzo 2018 16:23

Pierluigi Michetti

Pierluigi è un abruzzese di 33 anni, cittadino d'Europa e appassionato non soltanto di tutto ciò che sia vagamente fantasy, ma anche di mitologia, rievocazione storica e rasatura tradizionale. Cresciuto a pane, olio d'oliva, videogame di ruolo, letteratura fantasy, lezioni di pianoforte ed heavy metal, studia Scienze Politiche, prima, Pubblicità e Marketing, poi, e a metà della storia si ritrova a fare il copywriter e il redattore. Dopo aver adorato D&D 3.5, Sine Requie, Il Richiamo di Cthulhu e altri titoli meno celebri, si ritrova quasi per caso a sfogliare il PHB e la DMG di D&D 5E, e lì viene risucchiato in un vortice dimensionale senza via di scampo. Dopo aver giocato il Guerriero / Chierico per una dozzina d'anni, attualmente si diverte con un Barbaro in una campagna, fa il DM in una seconda, e gioca (male) un Warlock Legale-Malvagio in una terza, sempre con lo stesso gruppo. In tenera età, armato di un Amiga Commodore 64 e un SEGA Master System II Plus, inizia a esplorare il multiverso videoludico; la vera passione, però, sboccia soltanto con l'arrivo di un Pentium 1 133 MHz. I titoli amati, in ordine sparso: da Age of Empires a Earthsiege 2, da Earth 2140 a Carmageddon, e poi SimCity, SimCopter, i simulatori di volo, Populous, Black & White, Monkey Island, Wolfenstein, BloodRayne, Planescape: Torment, i Baldur's Gate (inclusi i Dark Alliance), Dark Forces, senza dimenticare Ultima Online, World of Warcraft, i due Knights of the Old Republic (giocati più volte di quel che il pudore mi consente di ammettere), Star Wars the Old Republic, i vari Max Payne, i Vampire the Masquerade: Redemption e Bloodlines, Kingdom Come: Deliverance e naturalmente la saga di The Witcher, quella di Dragon Age, i vari The Elder Scrolls (incluso l'Online) e soprattutto quella di Mass Effect, di cui è perdutamente innamorato. Dopo una primissima adolescenza trascorsa in compagnia dei romanzi di Tom Clancy e Bukowski, spicca il volo con gli autori canonici, tra cui Tolkien, G. R. R. Martin, J. K. Rowling, Weis - Hickman, Terry Pratchett, Stephen King, Gemmell, Howard e -in parte- Terry Brooks; attualmente adora la prosa di H. P. Lovecraft ma non tanto la sua poesia, divora Luk'janenko, Sapkowski, Karpyshyn, Zahn e tutto l'Universo Espanso di Star Wars.

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