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Huawei Mate 10 Pro guida una Porsche Panamera

I trentenni d’oggi non potranno non ricordare la leggendaria K.I.T.T. di Supercar.
Un’auto a guida autonoma, dotata di intelligenza artificiale.
Un’auto capace non soltanto di interagire con il pilota, ma anche di guidarsi da sola e di rispondere ai comandi vocali impartiti tramite un dispositivo mobile.

Ebbene, reggetevi forte: ci siamo! O quasi.

Guidare una Porsche con lo smartphone? Ora si può!

Il chipset octa-core Kirin 970, montato sul modello top di gamma del colosso cinese, è stato messo duramente alla prova nell’ambito del progetto RoadReader.

Grazie a Kirin 970, HUAWEI Mate 10 Pro è ancora più intelligente, veloce e flessibile, capace di comprendere e rispondere istantaneamente a qualsiasi situazione.

Con l’innovativa tecnologia 10nm, 8-core CPU e 12-core GPU, HUAWEI Mate 10 Pro regala performance straordinarie alla velocità della luce con un consumo di energia ancora più ridotto. 

Privacy ed efficienza ottimizzate grazie all’NPU di HUAWEI Mate 10 Pro che funziona in autonomia rispetto all’elaborazione standard del cloud. Il NPU è un enorme salto in avanti nella tecnologia: fino a 50 volte più efficienza e 25 volte più performance, inoltre supporta la Mobile Artificial Intelligence.

Chipset Huawei Kirin 970

Dotato di 4 Cortex-A73 da 2,4 GHz e di 4 Cortex-A53 da 1,8 GHz, Kirin 970 possiede anche un’innovativa Neural Processing Unit (NPU), dedicata ai più complessi algoritmi di intelligenza artificiale. Questo, secondo Huawei, garantisce prestazioni e livelli di efficienza notevolmente superiori rispetto alla concorrenza.

Sviluppato in sole cinque settimane, questo progetto è stato presentato al Mobile World Congress 2018, che è in corso di svolgimento a Barcellona proprio in questi giorni, il 26 e il 27 Febbraio. Presso lo stand Huawei sarà possibile testare di persona questa nuova e rivoluzionaria tecnologia.

Huawei RoadReader

RoadReader sfrutta il machine learning e speciali software di riconoscimento per vedere, in un certo senso, gli oggetti inquadrati dalla fotocamera. In questo modo Huawei Mate 10 Pro è in grado di riconoscere circa mille elementi tra pedoni, ciclisti, animali e oggetti inanimati, e di decidere in tempo reale la miglior strategia, caso per caso: sterzare a destra o a sinistra, rallentare oppure fermarsi.

L’intelligenza artificiale al servizio della sicurezza alla guida

A differenza di molti degli altri concept di guida assistita, il progetto RoadReader mira non soltanto a individuare gli ostacoli, ma anche a riconoscere la tipologia di impedimento nella situazione specifica. Solo così sarà possibile attuare il miglior comportamento possibile in quel preciso contesto. Un po’ come farebbe K.I.T.T., insomma.

La straordinarietà dell’esperimento risiede anche in un altro aspetto, decisamente non secondario. Il progetto RoadReader di Huawei non impiega un chip sviluppato appositamente per la guida autonoma, ma si affida al proprio smartphone di punta.

Com’è stato effettuato il test di guida autonoma?

Nel corso dell’esperimento, la Neural Processing Unit (NPU) di Huawei è stata impiegata in due test di guida. Il primo, effettuato alla moderata velocità di cinque miglia orarie (circa 8 Km/h), prevedeva che la fotocamera identificasse tutti gli oggetti inquadrati. Nel secondo, invece, l’auto è stata lanciata -si fa per dire- contro un oggetto specifico, alla velocità di trenta miglia orarie (poco meno di 50 Km/h).

In entrambi i casi il Mate 10 Pro ha comunicato tempestivamente al sistema di guida l’azione più appropriata per salvaguardare sia l’ostacolo sia l’eventuale guidatore.

Il dilemma etico della guida autonoma

Ormai è scontato che il futuro dell’automotive andrà a includere la guida autonoma.
È altresì certo, però, che questo concetto nasconda un dilemma etico piuttosto insidioso.

Le driverless car, per loro natura, saranno più sicure rispetto a quelle guidate da esseri umani, e verranno implementati tutti i possibili sistemi di sicurezza per ridurre al minimo la possibilità di errore. Ridurre al minimo, però, non significa eliminare totalmente.
Di chi sarà la responsabilità quando questo errore, seppur raramente, si presenterà?

Qui torniamo alla solita e ben nota questione: come può un software decidere chi salvare, tra un incauto pedone e i passeggeri della propria auto? Quali fattori entrano in gioco?
Età, stato di salute, responsabilità per l’incidente, stato sociale… Chi si butta giù dalla torre, insomma? Il Massachusetts Institute of Technology, per il momento, ha ideato un test chiamato Moral Machine, per studiare le reazioni umane in una situazione simile a quella appena descritta.

Sarà davvero possibile guidare con lo smartphone?

Non nell’immediato futuro, visto che la stessa Huawei sconsiglia di provarci.
Per il momento uno dei maggiori punti di riferimento della guida senza pilota resta senz’altro la Google Car del progetto Waymo Alphabet, capitanato dal direttore del Laboratorio di Intelligenza Artificiale Stanford, nonché co-inventore di Google Street View.

Huawei Mate 10 Pro, dal canto suo, si limiterà a utilizzare la tecnologia di riconoscimento impiegata in RoadReader per scopi più tradizionali. Quest’innovazione, infatti, ci permetterà di scattare foto professionali con un semplice tap, riconoscendo automaticamente l’oggetto inquadrato e impostando la fotocamera in totale autonomia. In una frazione di secondo, così, potremo rendere perfetto ogni nostro scatto, in ogni situazione.

Avete provato il progetto RoadReader?
Cosa pensate delle auto a guida autonoma?
Fatecelo sapere nei commenti!

 

This post was published on 27 Febbraio 2018 17:21

Pierluigi Michetti

Pierluigi è un abruzzese di 33 anni, cittadino d'Europa e appassionato non soltanto di tutto ciò che sia vagamente fantasy, ma anche di mitologia, rievocazione storica e rasatura tradizionale. Cresciuto a pane, olio d'oliva, videogame di ruolo, letteratura fantasy, lezioni di pianoforte ed heavy metal, studia Scienze Politiche, prima, Pubblicità e Marketing, poi, e a metà della storia si ritrova a fare il copywriter e il redattore. Dopo aver adorato D&D 3.5, Sine Requie, Il Richiamo di Cthulhu e altri titoli meno celebri, si ritrova quasi per caso a sfogliare il PHB e la DMG di D&D 5E, e lì viene risucchiato in un vortice dimensionale senza via di scampo. Dopo aver giocato il Guerriero / Chierico per una dozzina d'anni, attualmente si diverte con un Barbaro in una campagna, fa il DM in una seconda, e gioca (male) un Warlock Legale-Malvagio in una terza, sempre con lo stesso gruppo. In tenera età, armato di un Amiga Commodore 64 e un SEGA Master System II Plus, inizia a esplorare il multiverso videoludico; la vera passione, però, sboccia soltanto con l'arrivo di un Pentium 1 133 MHz. I titoli amati, in ordine sparso: da Age of Empires a Earthsiege 2, da Earth 2140 a Carmageddon, e poi SimCity, SimCopter, i simulatori di volo, Populous, Black & White, Monkey Island, Wolfenstein, BloodRayne, Planescape: Torment, i Baldur's Gate (inclusi i Dark Alliance), Dark Forces, senza dimenticare Ultima Online, World of Warcraft, i due Knights of the Old Republic (giocati più volte di quel che il pudore mi consente di ammettere), Star Wars the Old Republic, i vari Max Payne, i Vampire the Masquerade: Redemption e Bloodlines, Kingdom Come: Deliverance e naturalmente la saga di The Witcher, quella di Dragon Age, i vari The Elder Scrolls (incluso l'Online) e soprattutto quella di Mass Effect, di cui è perdutamente innamorato. Dopo una primissima adolescenza trascorsa in compagnia dei romanzi di Tom Clancy e Bukowski, spicca il volo con gli autori canonici, tra cui Tolkien, G. R. R. Martin, J. K. Rowling, Weis - Hickman, Terry Pratchett, Stephen King, Gemmell, Howard e -in parte- Terry Brooks; attualmente adora la prosa di H. P. Lovecraft ma non tanto la sua poesia, divora Luk'janenko, Sapkowski, Karpyshyn, Zahn e tutto l'Universo Espanso di Star Wars.

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