Molto si è detto in questa settimana del fatidico lancio del 6 Febbraio, che ha visto il più potente razzo mai lanciato dall’ingegneria aerospaziale moderna spiccare il volo. Questo test è stato il culmine di un progetto iniziato anni fa ed ancora in corso. Un progetto che, forse durante l’arco della nostra stessa vita, aprirà all’umanità nuovi orizzonti e prospettive.
Colonizzare Marte
La visione di Elon Musk di una specie multi-planetaria
Elon Musk, il brillante ed eccentrico CEO di SpaceX, si era posto già nel 2007 l’obiettivo di portare la specie umana su Marte (e non solo per lasciare dietro di sé un’impronta rossa nella sabbia). Nel Gennaio del 2017 ha scritto chiaramente:
“Penso che, concretamente, esistano solo due strade. […] Una strada è quella di restare per sempre sulla Terra e terminerà con un qualche evento che ci porterà all’estinzione. […] La strada alternativa è quella di divenire una civiltà distanziata e connessa dallo spazio [N.d.A.: space-bearing civilization] ed una specie multi-planetaria.”
Musk, Elon. New Space. June 2017, 5(2):46-61
Per parafrasare il dottor Weaver di Watchmen: se questa frase suscita in voi intensi e contrastanti sentimenti di inadeguatezza cosmica, non allarmatevi. Significa solo che siete ancora sani di mente.
Davanti ad un’affermazione del genere il primo istinto è di pensare a della propaganda: il modo di un miliardario eccentrico di fare pubblicità ad un’azienda leader nella ricerca spaziale ed attirare investimenti. È certo che la SpaceX farà grandi profitti anche solo attraverso quello che è definito “commercio spaziale”: riusciremo ad estrarre materie prime dagli asteroidi vicini alla Terra molto prima di quando, in teoria, saremo in grado di ottenere l’autosufficienza su Marte (non è fantascienza: il Lussemburgo ha destinato risorse economiche e normative per rendere l’estrazione mineraria spaziale una realtà). Niente sembra costringere l’azienda a garantire un futuro per l’umanità sul suolo marziano.
Tuttavia esiste un piano. Un piano che prevede una navicella in attesa nell’orbita terrestre ed una flotta di un migliaio di altre navi impegnate a riempirne i serbatoi, un viaggio di “soli” tre mesi che vedrà partire un manipolo di colonizzatori (la cui data non è prevista prima del 2035) che dovrebbero trovare al loro arrivo provviste e materiali arrivati con missioni precedenti. Un piano che prevede di estrarre acqua dal ghiaccio marziano e di fabbricare il propellente per il ritorno direttamente sul pianeta rosso. Un piano che, a detta di molti, ha i numeri per funzionare.
Il piano ha un nome: Interplanetary Transport System.
Che ruolo ha il volo del Falcon Heavy in questa visione?
Il Falcon Heavy ed il lancio
Numeri e traguardi raggiunti dal lancio del 6 Febbraio
Un mostro di 70 metri d’altezza, 27 motori e 3 vettori, una spinta propulsiva di 2,3 milioni di chilogrammi, una capacità di trasporto pari a circa 63,5 tonnellate ed un nome che è un dichiarato omaggio al leggendario Millenium Falcon.
Il ruolo del Falcon Heavy nel suo lancio inaugurale doveva essere principalmente quello di non esplodere e di lanciare un carico utile in direzione di Marte.
La SpaceX aveva già dimostrato di essere in grado di inviare un razzo in orbita e di farlo tornare integro sulla Terra, atterrando in posizione perfettamente verticale. Era riuscita nell’impresa non una, ma ben ventiquattro volte, con il modello di razzo Falcon 9. Il primo stadio del Falcon Heavy utilizza proprio due Falcon 9 come vettori.
La possibilità di riutilizzare i lanciatori ha reso le missioni spaziali molto meno costose ed era fondamentale per poter anche solo contemplare l’idea di una colonizzazione spaziale. Il lancio del Falcon Heavy ha causato la “perdita” (in ogni caso già preventivata della SpaceX) di solo uno dei suoi tre lanciatori, mentre gli altri due (i già ampiamente collaudati Falcon 9) sono atterrati in perfetta sincronia dalla stessa piattaforma da cui erano partiti: la rampa LC-39A (la stessa da cui erano partite le celebri missioni Apollo).
Restano ancora molti problemi da affrontare: a differenza della Terra, Marte è privo di un campo elettromagnetico planetario che possa fare da scudo per le radiazioni cosmiche e ciò è fonte di grande preoccupazione. Qualsiasi comunicazione tra la Terra e Marte, inoltre, impiegherebbe circa venti minuti ad arrivare a destinazione ed attualmente si sta lavorando per risolvere proprio questi ostacoli.
Una Tesla Roadster rossa
Starman ed il suo viaggio solitario
In astronautica si intende per “carico utile” semplicemente un carico, una massa di un qualche tipo, che deve essere portata nello spazio. Prima di inviare strumenti costosi, come sonde o satelliti, sui razzi vengono caricati dei blocchi uniformi di diversi materiali.
Il carico utile del Falcon Heavy voleva essere qualcosa di più caratteristico. E così è stato: un’automobile, una Tesla Roadster rossa, con dentro un manichino soprannominato Starman (in onore alla celebre canzone di David Bowie). Alle 5:19 a.m. dell’8 Febbraio Starman ha superato l’orbita lunare.
Continuerà semplicemente a vagabondare nello spazio per milioni o miliardi di anni. Forse sarà trovata da qualche razza aliena del futuro che penserà: ma che cavolo… cosa stavano facendo questi ragazzi? Veneravano questa macchina? Perché hanno messo una piccola macchina in un’altra macchina? Tutto questo li confonderà davvero.
(Elon Musk durante la conferenza stampa post-lancio)
Convinto di non aver trollato gli alieni a sufficienza, il signor Musk ha aggiunto un notevole quantitativo di Easter Egg: sul cruscotto della sua vettura una celebre citazione di Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams: “Do not Panic!” ed il modellino di un’altra auto con dentro un pupazzo di un’altro astronauta, in un cd a bordo della Tesla l’intero Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov ed in un circuito interno, stampato a chiare lettere, l’avviso: “Made on Earth by humans”.
Il carico utile del Falcon Heavy si sarebbe dovuto stanziare in orbita eliocentrica (dunque attorno al Sole), alla stessa distanza di Marte. Dopo aver supposto erroneamente che il viaggio di Starman lo stesse portando nella fascia principale di asteroidi, si è compreso che l’automobile è destinata a sfrecciare nel vuoto e raggiungere il punto di massima vicinanza con il pianeta rosso (6,9 milioni di chilometri) ad ottobre del 2020.
Cosa ci riserva il futuro…?
Il lancio inaugurale del Falcon Heavy è stato giudicato un enorme successo ed il suo ancor più imponente successore, il BFR (Big Falcon Rocket) avrà il compito di dimostrare che è possibile raggiungere Marte in tempi ragionevoli evitando di sfruttare “l’effetto fionda gravitazionale”, ma tracciando una rotta il più possibile breve. La SpaceX stima che, nel 2022, il BFR potrà iniziare le sue prime missioni di trasporto materiali su Marte, inaugurando così una nuova era spaziale.