Quanto possono infastidirvi i post che iniziano con un accalorato “CONDIVIDI PRIMA CHE LO CENSURINO!”. Fosse solo il caps lock attivato a farci prudere le mani, è proprio il contenuto palesemente acchiappa-click a irritare. Il clickbaiting non lo scopriamo certo oggi e tutti siamo stati vittime di questa pratica che non ha nulla a che fare con il giornalismo.
Le frasi tipo sono simili a quella riportata sopra: “Fate girare”, “Condividi se sei indignato”, “Nessuno te lo dirà”. Tutto in maiuscolo e accompagnato da un numero indefinito di punti esclamativi che vanno a braccetto con il numero 1, in questo modo: !!1!!11!. Alla maggior parte delle persone, questo tipo di contenuto che mira al click compulsivo non piace. È fastidioso da vedere, ci fa perdere tempo e non racconta minimamente la verità. Il 99,9% delle volte si tratta di notizie fake o di news che non hanno davvero nulla di eclatante.
Purtroppo, però, esistono anche persone che cliccano e credono in quei contenuti. Chi non ha una zia che almeno una volta non ha condiviso l’immagine di Nelson Mandela con la didascalia: Questo è Abdul Kamal, immigrato della Costa D’Avorio che adesso gira con un vestito da un gilione di dollari? Ebbene, Facebook ha deciso di aprire la caccia a questo tipo di post. È presto per dirlo, ma forse vedremo un’era in cui sui social non ci sarà più il gentismo e il buongiornismo. Entriamo nel dettaglio.
Gli admin delle pagine si divertono a scrivere post così grammaticalmente osceni e che puntano alla sommossa popolare virtuale? Sì, molto, perché attuano il cosiddetto engagement bait. Che cos’è? Molto semplicemente è un metodo che consente di ingaggiare il pubblico. Più pubblico è attratto dai contenuti della pagina, più aumenta la portata post, quindi, il bacino d’utenza si allarga e decreta il successo della stessa.
Tutte le pagine mirano all’engagement, è fondamentale per la loro sopravvivenza, ma farlo con il clickbait è scorretto e da oggi Facebook ha deciso di mettere un freno. Tutti i post che avranno le caratteristiche dell’engagement bait verranno monitorati da un algoritmo, il quale farà sì che le pagine ree di aver messo in circolazione contenuti fake verranno penalizzate.
Parliamoci chiaro, l‘algoritmo di Facebook non è mai stato perfetto. Quante volte avete segnalato una pagina o un profilo perché veicolo di odio razziale o di violenza senza senso? E quante volte Facebook ha agito di conseguenza? Poche, perché le segnalazioni funzionano a percentuale. Se saremo in pochi a segnalare una pagina che istiga al nazismo, essa rimarrà lì. In questo caso, invece, Facebook ha assicurato che l’intelligenza artificiale che avrà l’onere di salvaguardare il social dalla piaga del gentismo farà il suo lavoro egregiamente. Addirittura, riuscirà a riconoscere l’engagement bait dai post che chiedono una partecipazione in modo genuino.
Difatti, non solo i “Condividi se sei indignato” verranno messi sotto alla lente di ingrandimento, ma anche commenti del tipo: “Scrivi sì nei commenti” o “Tagga un amico per farglielo vedere”.
Un’altra pratica in uso abbastanza seccante è quella definita buongiornismo, cioè l’augurare il “buongiornissimo”, come se un lunedì possa essere più lunedì di quello prima. Tutto sommato non c’è nulla di illegittimo, non si arreca danno a nessuno.
Vero, però, guarda caso, chi crede nei contenuti delle pagine che fanno largo uso di engagement bait è spesso anche chi augura il buongiornissimo ai propri cari. Un buon kaffèèè poi non manca mai, come se altre bevande non esistessero.
Lo stiamo dicendo in maniera ironica, tra il serio e il faceto, però, se Facebook desse un colpo di mannaia anche a questo tipo di post, che cosa scommettereste sul fatto che anche l’engagement bait crollerebbe a picco a causa della mancanza di seguaci? E poi dai, roba come questa qui non si può leggere:
Ah, una piccola postilla. Per cercare immagini da allegare a questo articolo, io e il Vicedirettore di Player.it abbiamo cercato in lungo e largo su pagine dedicate, ma molte sembrano aver già provveduto a cancellare i post che potrebbero subire i futuri provvedimenti di Facebook. Un’azione retroattiva che fa capire che molti si sentono in difetto e che non credono a ciò che pubblicano, ma lo fanno per interessi personali.
This post was published on 19 Dicembre 2017 16:25
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