Lo scorso 4 maggio sono stato a Londra per assistere al concerto di Baldur’s Gate 3 con orchestra e coro, un’esperienza incredibile di cui ho cercato di raccontarne i punti salienti in questo articolo. Ma la giornata architettata dal Game Music Festival, l’organizzazione che da anni si batte per portare dal vivo i componimenti musicali dei videogiochi, non si esaurisce nella sola performance in teatro.
E quella di Baldur’s Gate 3, tra l’altro, non è stata l’unica performance ad andare in scena: c’è stato anche un concerto dedicato a The Last of Us e al suo autore Gustavo Santaolalla. Sia lui che l’autore delle colonne sonore di Baldur’s Gate, Borislav “Bobby” Slavov, sono stati anche i protagonisti di alcuni incontri esclusivi alla Royal Festival Hall di Londra con fan e stampa, assieme anche al cast di attori di Baldur’s Gate 3.
Nel corso della sua masterclass, Borislav Slavov ha provato a spiegare il significato e il ruolo attuale di una colonna sonora all’interno di un prodotto dinamico e articolato come i videogiochi. Dapprima ha mostrato il filmato di un personaggio di Divinity 2: Original Sin muoversi attraverso un sentiero boschivo. Ogni volta è stata piazzata una musica diversa con caratteristiche, dinamiche e ritmi che facevano presagire a diversi momenti di una narrazione: eroismo, inquietudine, vittoria, ansia, e così via, facendo notare come toccando le giuste corde la musica possa essere uno strumento narrativo fondamentale.
Poi è stata la volta di “giocare” tutti assieme a Dungeons & Dragons; Slavov è diventato Dungeon Master per 10 minuti, descrivendo una familiare situazione di inizio campagna: i giocatori si ritrovano su una spiaggia tra le macerie di una nave aliena. Da lì è toccato ai giocatori, ossia al pubblico, scegliere dove andare, e per ogni situazione l’autore ha messo in riproduzione musiche diverse, anche con transizioni dinamiche da un ambiente all’altro, che comunicassero in sala diversi tipi di emozioni.
Per il resto Slavov, da come si è raccontato, sembra essere una persona genuina che tra spunto dalle cose più semplici. Molte delle colonne sonore che ha firmato sono nate da lui, seduto di fianco al suo labrador nero, con una chitarra in mano. Anche Down By The River, prima canzone assoluta a essere stata composta per Baldur’s Gate 3, è nata da una folgorazione improvvisa mentre passeggiava vicino un fiume: Slavov ha raccontato di essere corso nel suo ufficio per lavorarci subito e non dimenticarla, fino a farla diventare praticamente il tema portante di ogni brano di Baldur’s Gate 3.
Per Borislav Slavov, non aver avuto un’educazione classica da orchestrale lo ha aiutato ad approcciarsi con la musica dei videogiochi in maniera diversa da un compositore tradizionale. Prima di gettarsi nel mondo della produzione musicale, infatti, ha lavorato da informatico facendo valere i suoi studi e diplomi scientifici.
Se fossi stato un orchestrale, credo avrei avuto un percorso di carriera diverso. Non parlo di vantaggi, ma di differenze. In fin dei conti tutti devono trovare la propria strada, e io comunque ora mi sento soddisfatto della mia vita.
Borislav Slavov
ATTENZIONE: spoiler importanti di Baldur’s Gate 3 nel video di sotto e nel prossimo paragrafo, se non avete finito il gioco passate al capoverso successivo.
Il suo metodo di lavoro infatti lo vede entrare continuamente in sinergia con gli sviluppatori per cui lavora, ed è così che sono nati brani di Baldur’s Gate 3 come Raphael’s Final Act: 6 o 7 mesi prima del lancio del gioco, il direttore di Larian Swen Vincke aveva detto che serviva un brano per la Casa della Speranza, così Slavov, sapendo di che pasta fosse fatto il diavolo Raphael, ha provato una soluzione non convenzionale: un bel numero infernale di un musical cantato dal boss in persona. Soluzione che è piaciuta non solo a Larian, ma a tutta la community di videogiocatori e perfino ai giudici del BAFTA.
In generale, la passione e l’entusiasmo che governa ogni suo discorso è stato illuminante. Anche in occasione del concerto non ha mancato di comunicare tutta la sua gioia e genuinità dimenandosi sul palco e perfino aggiungendosi come voce all’ultimo brano.
Altro panel tenutosi nel corso della giornata è stato quello di Gustavo Santaolalla, ma non so se ci siano abbastanza parole per descrivere che persona sia o cosa abbia fatto nella sua lunga carriera. La sua chiacchierata con il pubblico è avvenuta subito dopo il concerto di The Last Of Us, The Sounds of the Fireflies, dove si è raccontato incalzato da Alex Moukala, celebre creator, producer e musicista qui in veste di presentatore. Ogni risposta dell’autore è stata una perla di saggezza o una lezione di cui fare assolutamente tesoro.
Satnaolalla è diventato rockstar e bandiera nazionale della musica moderna in Argentina da giovanissimo, per poi cercare di reinventarsi negli Stati Uniti d’America. Ha collaborato con tantissimi artisti, ha attraversato praticamente quasi ogni genere musicale, ed è approdato infine alla composizione di colonne sonore prima dei film (da menzionare in particolare Brokeback Mountain e Babel, per cui ha vinto l’Oscar) e poi della serie videoludica The Last Of Us. Attualmente è anche impegnato nella produzioen di brani trap in Argentina!
Non sono mai stato un videogiocatore, però mi è sempre piaciuto guardare gli altri giocare. Quando guardavo gli altri li vedevo arrabbiarsi, sorridere, li vedevo provare emozioni. Ho cominciato a pensare come un buon utilizzo della musica nei giochi potesse veicolare meglio le emozioni. Dopo gli Oscar diverse aziende videoludiche si sono fatte avanti con un contratto, ma quando Neil Druckman mi ha proposto quella storia in cui il focus era proprio la connessione emotiva ho capito che era il progetto che mi serviva.
Gustavo Santaolalla
La vita musicale di Santaolalla è stata contraddistinta da sperimentazioni e salti di generi, e a proposito di salti è arrivato a paragonare il suo modo di comporre al parkour (ne è un appassionato!): per l’autore ogni pausa in un brano è un salto nel vuoto, e scegliere la nota giusta con cui riprendere la musica vuol dire fare la differenza con un atterraggio più coreografico o meno.
La cosa sorprendente è che Gustavo Santaolalla non sa leggere né scrivere musica, nonostante abbia studiato fin da quando era molto giovane. I genitori avevano compreso subito la sua propensione musicale e gli avevano affiancato una maestra per istruirlo, lui però non seguiva alla lettera le lezioni ma andava di memoria e sensazioni personali. C’è stato un momento in cui la maestra si è dovuta licenziare con la motivazione che “il suo orecchio è più avanti di quanto io potrei mai insegnargli“.
Altro aneddoto interessante che ci ha raccontato è stato quando una volta raggiunti gli USA più di trenta anni fa, per rifarsi una carriera ha avuto colloqui con diverse persone, tra cui un noto produttore. Tale persona lo liquidò asserendo che sentiva come se all’improvviso sbagliasse nota, e Santaolalla invece di rimanerci male lo ringraziò perché sentiva di avere ragione nel “sbagliarla” volontariamente, per lui significava differenziarsi e comunicare qualcosa di diverso. Infatti l’autore ha continuatoa portare avanti il suo stile fino a raggiungere oggi successi planetari e riconosciuti.
Fun fact: durante una serata pochi anni fa, dopo aver già vinto gli Oscar per la colonna sonora, un collega gli ri-presentò lo stesso produttore che però non si ricordava di quell’episodio. Santaolalla gli ha rinfrescato la memoria tra le risate.
Un ragazzo tra il pubblico, infine, ha chiesto all’autore argentino come volesse essere ricordato ai posteri dopo una così lunga carriera che ha trasceso ogni medium; Santaolalla ha risposto “esattamente così, un autore che ha trasceso i media“, aggiungendo di sentirsi come un prete (mestiere che voleva fare da bambino, ndr) che rende un servizio curando gli spiriti e le emozioni delle persone.
Tra i grandi ospiti della giornata c’è stato anche una parte del cast di Baldur’s Gate 3. In particolare, c’è stato un panel in cui Alex Moukala, di nuovo in veste di presentatore, ha avuto modo di conversare davanti al pubblico con Devora Wilde, interprete di Lae’Zel, Dave Jones, interprete di Halsin, Jennifer English, interprete di Shadowheart, e Samantha Béart, interprete di Karlach.
I 4 attori sono stati carinissimi e simpaticissimi nel rispondere a ogni domanda fatta da Alex e dal pubblico. In particolare si è percepito come tutti fossero molto legati al ruolo che hanno avuto in Baldur’s Gate 3, nonché come fossero tutt’ora colpiti dall’enorme calore che la community di videogiocatori riversata nei loro confronti.
In particolare è emerso soprattutto il dietro le quinte delle loro professioni, tra aneddoti divertenti e anche situazioni difficili e stancanti. Jennifer English per esempio ha raccontato di quanto fosse stancante mentalmente dover passare continuamente da una fase di Shadowheart all’altra, così come da un atto all’altro, perché durante lo sviluppo giustamente non tutto viene prodotto in maniera lineare dall’inizio alla fine e quindi servivano linee di dialogo e motion capture di determinati momenti sparsi per i contenuti di gioco.
Tra le difficoltà più comuni per attori simili sembra esserci proprio la ricerca del lavoro, tant’è che sia Devora Wilde che Jennifer English non si sono sprecate in battute sul mondo attoriale o su come abbiano ottenuto il loro ruolo in Baldur’s Gate 3.
Ad ogni modo sono sembrati tutti molto entusiasti dei risultati raggiunti, e questo a detta loro è avvenuto grazie e soprattutto a una buona direzione artistica e del doppiaggio; molto spesso infatti, se non quasi sempre, si son trovati a girare scene che sarebbero state di gruppo completamente da soli, e in questi frangenti è stato determinante proprio avere una buona comunicazione con i direttori del doppiaggio che li hanno calati perfettamente nelle atmosfere e situazioni giuste, di scena in scena.
L’entusiasmo contagioso degli ospiti non si è esaurito neanche durante il party post-concerto tenutosi al pub The Thirsty Bear, “L’Orso Assetato“, ma potrei avere i ricordi offuscati dalla birra. Geniale comunque organizzare questa festicciola proprio in un pub dal nome simile, con tanto di password “scoiattolo timido” a rivangare l’epico momento in cui Larian ci presentò il Druido Halsin come personaggio giocabile con tanto di romance ursina…
Personalmente sono riuscito a conversare e scattare foto un po’ con tutti (perdonate l’espressione e la qualità delle foto in basso, non avevo la piena facoltà dei miei sensi) e ho vaghi ricordi specifici di situazioni abbastanza esilaranti.
Ricordo che appena è arrivato al pub, Slavov è stato accolto da applausi e strette di mano, e perfino il sottoscritto che era già alticcio è arrivato a chiedere un abbraccio, accolto con entusiasmo da reciproci “thank you” e “I love you“. Ricordo di aver conversato per almeno mezz’ora con Andrew Wincott, l’interprete di Raphael, ma non ricordo assolutamente di cosa. Ricordo anche di essere stato ipnotizzato dalla giacca di Jennifer che aveva un particolare colore opalescente e cangiante, ma trasparente. Ho anche un selfie con lei ma non ricordo minimamente quando e come l’avrei scattato.
Samantha era palesemente in character con Karlach con tutte le smorfie che ha distribuito in giro, mentre invece non mi sarei mai aspettato un Dave così fuori dal personaggio di Halsin, anche lui una bella testa calda! Dovrei aver visto anche Olivia Wilde, la narratrice di Baldur’s Gate 3, e le due soprano Mariya Anastasova e Ilona Ivanova, tutte e tre parte dello show di quella sera, ma non ero in grado di tenermi in equilibrio né di conversare quando ho realizzato che erano loro.
Il momento più alto è stato sicuramente quando ho chiesto a un ragazzo se potevo sedermi di fianco a lui, mi ha risposto che era occupato ma io non mi reggevo in piedi e – chiedendo scusa – mi sono seduto lo stesso; da lì abbiamo parlato per un sacco di tempo di birra Peroni… il giorno dopo ho realizzato che lui era Andy Brown, senior staff writer dell’NME che in effetti avevo anche seguito in un panel avuto in giornata dove si parlava di quanto la musica nei videogiochi stesse diventando una realtà sempre più tangibile tra eventi, premiazioni e merchandise, assieme a Luke Hebblethwaite dei BAFTA, Kevin Schulz di Black Screen Records e Jade Leamcharaskul di Asian Pirate Musical.
Insomma, l’intera esperienza londinese del Game Music Festival è stata un evento incredibilmente orchestrato – scusate il gioco di parole. Scollare i videogiocatori da uno schermo per vivere le proprie emozioni in un’esperienza reale, fisica e condivisa ha sicuramente aumentato a dismisura il senso di appartenenza non solo alla community dei giochi Baldur’s Gate 3 e The Last of Us, ma al mondo videoludico in generale, un medium che a quanto pare sa giocare bene anche con i sentimenti dei suoi fruitori.
Spero vivamente che questo format del Game Music Festival venga esportato in futuro anche in altre parti del mondo e che non sia relegato sempre e solo in Polonia e in Inghilterra. Non lo dico per nazionalismo, ma dopo aver provato emozioni che non sapevo di poter provare e dopo aver avuto una giornata così epica, vorrei che un’esperienza del genere così ben costruita possa arrivare a quante più persone possibili.
This post was published on 16 Maggio 2024 19:00
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