Ricominciamo con la guida definitiva a una delle saghe più importanti e commercialmente note della storia dei videogiochi. Con l’ultimo capitolo della guida definitiva ci siamo lasciati dietro gli ultimi capitoli universalmente riconosciuti come belli della saga e, con questo capitolo, ci iniziamo ad approcciare ad un’epoca oscura fatta di videogiochi online e capitoli single player un po’ così.
Ora chiariamoci: Final Fantasy XI non è presente in questa lista non perché non è un vero Final Fantasy o perché è brutto ma semplicemente perché è un capitolo su cui chi scrive non ha esperienza diretta. Il fatto che sia ancora in piedi nel 2023, a nostra detta, la dice lunga sul suo effettivo livello di qualità: un MMORPG che sopravvive così a lungo deve per forza di cose fare qualcosa di buono, altrimenti sarebbe crollato su sé stesso come accade per un quantitativo impressionante di altre produzioni.
Quello che succede oggi è che ci concentreremo nel parlare dei primi capitoli nati sotto l’egida di Square Enix. La fusione tra i due colossi del gioco di ruolo alla giapponese, infatti, rappresenta per gli appassionati con qualche anno sulle spalle il vero spartiacque della questione qualitativa.
Durante questi anni, inoltre, c’è il primo vero segno di cambiamento in casa Squaresoft: sviluppano Final Fantasy X-2, il primo seguito a un capitolo numerato. Durante il corso degli anni successivi la software house tirerà fuori altri prodotti del genere (Final Fantasy Tactics Advance 2, Final Fantasy XII: Revenant Wings, Final Fantasy IV: After Years, i due capitoli di Final Fantasy 13, etc); inutile dire quale sarà la reazione dei fan di vecchia data e di quanto a volte si siano direttamente sbagliati.
Presupposte tutte queste informazioni non ci resta che iniziare il nostro viaggio all’interno dei prossimi tre o quattro capitoli della saga di Final Fantasy, non prima però di avervi fatto trovare un bell’indice con tutti i precedenti capitoli di questa guida all’acquisto definitiva.
Com’è: iniziamo subito con le domande difficili quest’oggi. Da un punto di vista narrativo siamo in un luogo molto strano, con Yuna passata da sacerdotessa penitente a… idol pop. Di per sé la scelta potrebbe anche aver senso: si è passati da un mondo sull’orlo della perenne apocalisse a un mondo più disteso, in cui finalmente c’è modo di coltivare effettivamente qualcosa che non sia la cieca approvazione per Yevon ma guardiamoci negli occhi: Yuna non è che avesse in qualche maniera mai palesato la sua passione per la musica pop.
A complicare ulteriormente le cose arriva la figura di Shuyin, un personaggio che assomiglia in tutto e per tutto a Tidus e che, come ogni buon writer sa, è lì soltanto a depotenziare ulteriormente la figura di Tidus che ha accettato di buon grado il suo arrivederci a Spira. Va leggermente meglio comunque con i nuovi personaggi introdotti: tra Paine, Nooj, Baralai e Gippal è possibile trovare un Tetsuya Nomura più confident che mai con i suoi design, per quanto poi se prendiamo a parametro lo screen-time la situazione non va benissimo.
La narrativa, comunque, per quanto di cattivo gusto e superata non riesce nell’inombrare completamente un videogioco che tutto sommato qualcosa da dire lo ha veramente. Square Enix infatti dimostra con questo gioco di sapere sempre che combinare quando si parla di struttura di gioco e battle system. La prima infatti è stata modificata in un sistema a capitoli, dando al giocatore la possiblità di dirigersi in un qualsiasi momento all’interno di una qualsiasi delle location del precedente titolo (non mancano poi dei dungeon aggiuntivi); nel corso di cinque capitoli il titolo presenta una quarantina di ore di gameplay, con poi un inferno da attraversare per chiunque abbia il piacere del completismo visto che il gioco presenta una percentuale di completamento che può venire alterata anche soltanto dall’aver assistito o meno a un singolo dialogo.
Ludicamente parlando Final Fantasy X-2 è inattaccabile: siamo davanti la migliore iterazione di sempre dell’active battle system che la software house ha impiegato per i suoi titoli dal lontano Final Fantasy IV. Quello di FFX2 è un sistema di combattimento divertente, dinamico e profondo, che utilizza in maniera magistrale un sacco di concetti diversi. Il suo elemento cardine è dato di certo dalle looksfere, ovvero da dei veri e propri job (classi) che possono venir scambiati in tempo reale durante la battaglia; questi job sono posizionati all’interno di contenitori chiamati collezioni che permettono di ottenere buff alle statistiche o abilità temporanee, aumentando ancora di più la profondità già notevolissima del sistema di battaglia.
La lista dei job presenti non è enorme ma offre il giusto grado di varietà, originalità e funzionalità: ci sono ruoli superclassici a ibridi tuttofare più interessanti, il tutto combinato poi con un semplicissimo sistema di equipaggiamenti che lascia poco spazio al grinding in favore di una più attenta pianificazione dello sviluppo dei personaggi. Il titolo presenta diversi minigiochi in più del suo predecessore, con il blitzball trasforma in un minigioco manageriale (non eccellente a dir la verità), lo sferocentro, l’allevamento di chocobo, la gara di tiro e tanto altro ancora. Bello centrato anche il post game, con alcuni dei boss più infami della storia del brand e con un sacco di farming da fare per chi vuole ottenere la versione ultra-echo dei mostri.
Molto interessanti i contenuti aggiunti con l’international version (da noi arrivata soltanto con la remaster di cui parleremo fra poco). Parliamo infatti del Creature Creator, ovvero un’intera nuova subquest in cui è possibile far allenare i mostri per farli combattere all’interno di tornei (di cui ricordiamo Major Numerus, superboss segretissimo di una difficoltà aberrante), un paio di nuovi jobcon cui divertirsi e Last Mission, una nuova storyline con un gameplay alla mistery dungeon.
Quale giocare: esistono 6 diverse versioni del gioco, considerando anche le release japan only (FFX2 international PS2 ad esempio) ma scegliere è molto più semplice del previsto.
Lasciamo da parte le versioni Playstation 2 del gioco per concentrarci soltanto sulla versione remaster del titolo, da PS3 in poi. Versione PS3, PS4, Xbox one e Xbox Series sono sostanzialmente identiche e tra queste il vero elemento di differenza è rappresentato dalla console scelta dal giocatore, che può offrire un livello tecnico più o meno elevato.
Di certo la versione più interessante dal titolo, almeno da un punto di vista prettamente ludico, è la versione Steam. Oltre alle migliorie tecniche che possono interessare in maniera più o meno netta il giocatore il vero vantaggio deriva dalle opzioni speciali per migliorare l’esperienza di gioco: addio incontri casuali, benvenuto autobattle, benvenuta adoratissima turbo mode perfetta per risparmiare tempo ed evitare il maledetto grinding.
Com’è: quanto fece discutere Final Fantasy XII all’epoca della sua uscita; ancora ricordo i forum infiammati per la natura del gioco, per la sua cesura netta col passato, per le sue differenze narrative, per l’essere più Matsuniano che Sakaguchiano e così via. Il mondo dei videogiochi fortunatamente è sempre bello perché è vario e questo gioco ne è la dimostrazione.
Nonostante una scocca da MMORPG single player, Final Fantasy XII nasconde al suo interno un sacco di contenuti di valore e, più in generale, un sacco di contenuti. Narrativamente parlando, tra le altre cose, ci troviamo davanti a un prodotto dal grandissimo potenziale: per la prima volta nella saga ci troviamo a che fare con una trama di natura geopolitica, con regni che si guerreggiano, generali, eserciti, intrighi e complotti; a far storcere il naso ai giocatori è però il cast di personaggi, per metà caratterizzato ottimamente, per l’altra metà un po’ troppo sullo scialbo, con Vaan e Penelo particolarmente insipidi, che davvero poco possono contro il carisma naturale di Balthier, Basch o Ashe. Nota di merito a Fran, coniglietta playboy top tier 1 personaggi desiderati dai maschietti di tutto il mondo che purtroppo per noi parla poco ma che si rivela essere piuttosto carismatica quando gli sceneggiatori decidono di dargli un momento per risplendere.
Final Fantasy XII ha comunque il non ignorabile pregio di essere forse la più bella rappresentazione di sempre di Ivalice, la nazione in cui sono ambientati i videogiochi del canone di Yasumi Matsuno. Attraverso un sistema di ricompense semi randomiche Square Enix riesce ad offrire all’esplorazione un senso ben preciso, che ad alti livelli permette di ribaltare completamente gli equilibri di gioco trasformando il titolo nella fiera dei minmaxer. Questo si deve parzialmente anche alla natura del sistema di crescita dei personaggi, legato in maniera estremamente diretta al concetto di license board. Questo tabellone sostanzialmente dona ai personaggi la possibilità di equipaggiare questo o quell’oggetto; questi ultimi offrono vantaggi parametrici ma anche condizioni speciali, resistenze agli elementi, status positivi e così via; il sistema, per quanto poco interessante durante le fasi finali del gioco, offre comunque una buona quantità di divertimento, complice anche l’arcinoto sistema gambit.
Con questo nome Square Enix è andata a definire un raffinato sistema di intelligenza artificiale programmabile (non dissimile da quanto anni dopo vedremo fare da Nippon Ichi in Disgaea 6 e 7) con cui era possibile gestire, in maniera molto precisa, i comportamenti dei propri compagni di squadra. Questo ha permesso ai videogiocatori più accaniti la possibilità di costruire pattern per farmare infiniti mostri, guadagnare altrettanti soldi e così via. Le vere potenzialità del gambit system si possono notare facilmente durante gli scontri più importanti dell’endgame del gioco, alcuni tra i più epici (e difficili) della storia fantasyana.
Tra tutti quanti i Final Fantasy usciti il dodicesimo capitolo può vantare forze la versione international più diversa dall’originale tra tutte. La international zodiac job system, o Zodiac Age come è stata chiamata con la riedizione per console più recenti, modifica in maniera davvero importante il gameplay del titolo. L’originale presentava delle license board uguali per tutti i personaggi, con le uniche differenze da ritrovare all’interno del parco apoteosi, ovvero le limit break del caso. L’ IZJS introduce il più rigido dei job system della saga: il job scelto all’inizio della partita rimane tale durante tutto il corso della partita (al massimo è possibile integrare un’altro job ad un certo punto della propria esplorazione), fine del discorso.
Ad ogni job è associata una singola license board, ognuna con le sue armi, le sue statistiche, le sue scelte e le sue tecniche. Addirittura anche in una singola license board non è possibile sbloccare tutte le caselle perché alcune sono nascoste dietro l’ottenimento di specifiche evocazioni, aumentando ancora di più l’importanza della pianificazione. Per quanto non risolva uno dei problemi dell’originale (ovvero la generale inutilità in combattimento degli esper), le modifiche apportate dal job system obbligano il giocatore a sfruttare in maniera saggia i personaggi e le loro caratteristiche uniche.
Il più grande pregio, però, è l’introduzione del pulsante turbo che oggettivamente rivoluziona il gameplay. Final Fantasy XII, di base, non è un gioco particolarmente lento ma richiede un buon numero di ore di grinding e di viaggi folli all’interno delle grandi mappe di gioco per poter ottenere questo o quel materiale pregiato. Attraverso la modalità turbo è possibile limare tutte quelle ore di gioco passate semplicemente a grindare lo stesso mostro ancora e ancora per aumentare il contatore catena, migliorando senza dubbio la percentuale di divertimento esperito durante il corso di un playthrough.
I contenuti nuovi non sono nemmeno troppoi: ci sono alcune armi invisibili che se ottenute (e buona fortuna per ottenerle, sono praticamente inottenibili senza un po’ di saggia RNG manipulation) sostanzialmente disintegrano l’equilibrio su cui si regge il gioco. L’aggiunta sicuramente più interessante per i giocatori è data dalla Trial Mode, ovvero una serie di 100 sfide di difficoltà crescente contro i nemici, i boss e i superboss del titolo con il party che si è costruito durante la modalità storia. Questa è la sfida definitiva per i giocatori di Final Fantasy XII che qui possono mettere a dura prova la loro conoscenza delle meccaniche di gioco, con alcune bossfight veramente esagerate dal punto di vista della difficoltà.
Quale giocare: anche qui non c’è in realtà troppo da dire perché la versione zodiac age, in qualunque maniera la si voglia guardare, è di fatto quella migliore da giocare al giorno d’oggi. Per quanto l’equilibrio della versione originale sia molto più interessante per il videogiocatore (letteralmente si può ottenere l’arma più forte del gioco, la tanto discussa alabarda eccelsa, a circa ⅕ del gioco) esperto, Final Fantasy XII The Zodiac Age offre semplicemente troppo da ogni punto di vista.
Il fast forward è una manna dal cielo che riesce nel difficile compito di rendere i lunghi JRPG più interessanti da affrontare per il giocatore medio, i contenuti aggiuntivi sono lì a mandare in brodo di giuggiole i videogiocatori che ben conoscono l’originale e la trial mode è lì a fare da sfida definitiva per chi il gioco originale l’ha addirittura trovato troppo facile. Anche i bilanciamenti apportati al lato gameplay migliorano di molto determinate cose, dagli esper (che rimangono abbastanza inutili) alle caratteristiche singole delle tipologie di armi, armature e accessori.
Rimane la scelta della piattaforma dove giocare: le versioni Nintendo Switch, PS4/PS5 e Xbox sono sostanzialmente sovrapponibili per la stragrande maggioranza degli elementi (anche se su Xbox mancano i trainer). Chiaramente la superiorità tecnica della versione Steam, anche in questo caso si fa sentire: oltre alla possibilità di gestire in maniera più minuziosa l’aspetto visivo del gioco, questa versione del gioco ha il vantaggio di essere compatibile con un sacco di interessanti mod realizzate dalla community, per aumentare ancora di più la già assolutamente non ignorabile longevità del titolo.
Resta chiaramente il più grande scoglio di tutti da superare: questo è un capitolo radicalmente diverso dai precedenti e, sopratutto, è uno che non può vantare le storie affascinanti che hanno conquistato il cuore dei videogiocatori durante le precedenti iterazioni della saga; deve essere il gameplay a far rimanere il giocatore attaccato allo schermo!
This post was published on 30 Settembre 2023 18:30
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