Una terra desolata, un elemento soprannaturale che sembra non lasciare speranza e una coppia di protagonisti uniti da un legame intenso e doloroso: queste sono le premesse di Banishers: Ghosts of New Eden, il nuovo action-rpg di Dont Nod che, a cinque anni da Vampyr, si appresta a tornare al genere con una storia che si fonda più o meno sugli stessi pilastri e promette di regalare sensazioni simili.
In un territorio devastato da spettri e altri orrori, Red e Anthea, una coppia di cacciatori di creature soprannaturali, si ritrovano di fronte alla più tragica delle situazioni quando Anthea muore nel corso di una missione, tramutandosi a sua volta in spettro. Da quel momento in poi, aiuterà Red a portare a termine i suoi incarichi, con in testa solo un’idea: che un giorno, molto presto, potrebbe diventare il prossimo bersaglio del proprio amato.
Le premesse sono quelle di un racconto di grande respiro, tra foreste impenetrabili, villaggi sperduti e storie d’impatto, in grado di scrivere una grande epopea fantahorror e fanta-storica.
Soprattutto grazie al suo setting, e al fatto che trasmetta vibes davvero interessanti.
Vista la probabile data d’uscita, Banishers: Ghosts of New Eden sembra essere una sorta di piccola gemma all’interno di uno scrigno già ricco di molti tesori: con una release prevista per il 7 novembre 2023, il nuovo gioco di Don’t Nod si appresta a chiudere in bellezza una serie di arrivi di giochi a tema horror o dark-soprannaturale previsti per il prossimo Halloween e tutti attesissimi, come Alan Wake 2 (17 ottobre 2023), il remake di Alone in the Dark (25 ottobre) e, sembra, Silent Hill 2 Remake (o almeno così è nel mio cuore, Bloober daje che tifo per questa finestra di release).
Pur non avendo i titoli d’impatto dei tre brand che abbiamo appena nominato (tutti grandi horror, a eccezione di Alan Wake 2 che finora è stato un più un mistery investigativo) Banishers ha un concept che promette di mettere a terra una storia dark-fantasy in grado di affascinare, inquietare ed emozionare grazie al suo plot.
La promessa di Banishers è quella di una storia d’amore tragica e viscerale inserita in un contesto fantastorico complesso (sul quale faremo luce fra poco, perché potrebbe valerne la pena), elementi che possono creare qualcosa di molto appassionante già di per sé. Ad aumentare l’interesse ci pensano proprio i trascorsi di Don’t Nod nel genere dell’action horror, con Vampyr.
Questo “piccolo” gioco del 2018 sembra in effetti un ottimo precedente per un progetto Banishers, in quanto basato sulla stessa identica idea di concept: in quel caso si trattava della storia di un vampiro che viveva la sua trasformazione come una maledizione e tentava caparbiamente di ribellarsi a un destino di dannazione, in una versione post-apocalittica della Londra del 1918 in cui la febbre Spagnola si manifestava in maniera ancor più terrificante di quanto abbia fatto in realtà.
Tutto l’elemento oscuro di Vampyr era di per sé abbastanza classico, fatto di società segrete di succhiasangue che si facevano la guerra senza che gli umani ne sapessero niente e di una concezione del vampiro come dannato/malato/rinnegato. A renderlo davvero di spessore ci pensava quindi l’ambientazione storica, una capitale inglese sporca, malfamata, resa terribile dai rimasugli della Prima Guerra Mondiale, da una malattia in grado di tramutare gli ospedali in veri e propri cimiteri e da una serie di personaggi che incarnavano bene il clima di degradazione morale. La storia del dottor Reid era quindi sì l’ennesima storia action fantastica di un vampiro in lotta con la sua natura, ma era anche la narrazione di un immaginario originale e coinvolgente, in grado di dare un esempio di worldbuilding esemplare.
Un elemento di successo che, se riuscirà a essere riproposto da Don’t Nod in Banishers: Ghosts of New Eden, potrebbe dar vita a qualcosa di molto memorabile, soprattutto grazie alla sua ambientazione.
Anche se purtroppo gli sviluppatori di Banishers non hanno rivelato molto sulla struttura ludica o su ciò che incontreremo guidando Red e Anthea, il materiale promozionale diffuso dall’annuncio a oggi ci permette di capire qualcosa sulle atmosfere che si respireranno nel gioco: un Nord America fatto di boschi secolari, villaggi sperduti, forti abbandonati, esattamente quello che ci si aspetterebbe da una storia “gotica” ambientata in questa parte di mondo del 1695.
Quello in cui ci troveremo a muoverci con ogni probabilità sarà un territorio colonizzato da un centinaio di anni (i primi insediamenti britannici sono degli ultimi anni del ‘500) con molti pericoli al suo interno.
Uno scenario che è scolpito nella Storia americana con ancor più radicamento anche rispetto a quello del Far West, in quanto vera e propria pietra fondante della nascita degli Stati Uniti d’America e della sua ideologia portante, quella della “ricerca di un nuovo mondo”, anche se molto meno “pop” dell’epopea della Frontiera.
Una differenza di trattamento che forse ha una ragione molto semplice: negli anni d’oro prima della letteratura e poi del cinema western (dalla fine dell’800 in poi), l’epopea di pistoleri e cowboys era molto più sentita, perché temporalmente vicina.
D’altro canto, l’età a metà tra ‘5 e ‘600 è anche un ricettacolo di eventi storici, leggende e misteri che da secoli alimentano anche quella che possiamo chiamare la “Storia occulta” degli U.S.A. delle origini: nel New England vi sono stati alcuni dei più famosi processi alle streghe, ma anche eventi davvero misteriosi come il caso della “sparizione” della colonia di Roanoke (seconda colonia fondata dai britannici attorno al 1583, dalla storia parecchio misteriosa che vi invitiamo a scoprire su Wikipedia).
Si tratta di un immaginario collettivo vivissimo e incastonato in quello americano attuale, anche per dare una sorta di “fondazione folklorica” alla nazione, e per questo celebrata da molte narrazioni tra cinema e letteratura: pensiamo a The Vvitch di Robert Eggers, che ricostruisce un frammento di epopea della stregoneria nelle Colonie del XVII secolo, o a The Blair Witch Project e tutto il franchise a esso collegato.
Se da una parte l’epopea della prima colonizzazione viene ricordata come un momento avventuroso e “magico”, dall’altra la memoria americana non dimentica come quell’epopea sia stata anche un momento fortemente problematico, se pensiamo allo stato di guerra costante con i nativi del posto, ma anche al fatto che molte colonie inglesi fossero preda di isterie e fondamentalismi religiosi a causa della dura morale dei padri pellegrini. Una sorta di “mitologia oscura”, inquietante ma necessaria a fondare il mito di una Nazione che si proponeva di farsi summa del mondo occidentale lanciato verso il futuro senza tuttavia avere un passato mitico, e soprattutto condita da tante leggende, dal Sesquatch/Big Foot al Wendigo (entrambi di derivazione nativo-americana), in grado di tracciare un nuovo canone del fantastico, condito da tematiche diverse da quelle europee, come l’esplorazione, la conquista e il rapporto con la natura selvaggia.
Questo “lato fantastico della colonizzazione”, di cui sono stati intrisi sia la letteratura che il cinema, non ha certo risparmiato il videogioco (anche con venature abbastanza horror), e di fatto Banishers rappresenterà soltanto l’ultimo esempio di questo tipo di narrazioni ludiche: pensiamo a Greedfall, penultimo nato di Spider che nel 2019 (prima di Steelrising, anche questo “fantastorico”) ci ha lanciato all’esplorazione della remota e ricca isola di Teer Fradee nei panni di De Sardet, diplomatico e avventuriero.
A oggi, Greedfall rappresenta probabilmente la più fedele e precisa ricostruzione delle atmosfere dei grandi romanzi o film sulla colonizzazione del Nordamerica, tanto nella caratterizzazione del setting (che si avvicina molto alle atmosfere della Virginia del ‘600) quanto nelle dinamiche politiche che vi troviamo, con varie potenze del “Vecchio Mondo” impegnate a prendere d’assalto l’isola per farne la loro colonia, e una tribù di indigeni, legati alla loro terra anche da un legame “spirituale” che passa attraverso l venerazione dei boschi dell’isola (qualcuno ha detto Avatar-like?).
Se Banishers promette di essere una sorta di trasposizione del lato “folklorico” dell’assalto europeo al Nuovo Mondo, Greedfall è stato il racconto del suo lato epico e storico, attraversato com’è da una tematica abbastanza chiara: seguendo la storia di De Sardet venivamo coinvolti in un’epopea che era sì fantastica, ma portava a riflettere su ciò che è avvenuto nelle Americhe centinaia d’anni fa, sui rapporti di forza tra i popoli che si incontrarono e scontrarono, sui mali che qualsiasi colonizzazione porta con sé. Discorso simile ma con dei distinguo può essere fatto per New World, mmorpg di Amazon Games che condivideva con Greedfall l’idea di calare il giocatore nella grande impresa di conquistare un’isola misteriosa e mitica, Aeternum, in competizione con altri giocatori e fazioni.
Anche in questo caso, abbiamo a che fare con dinamiche di esplorazione e colonizzazione di un ambiente ostile e lontano, in cui costruire il nostro futuro e la nostra leggenda.
Una dinamica in cui ovviamente il fantastico serve ai programmatori per levarsi dall’impaccio di dover realizzare un gioco storico al 100% (che è un grande problema, in termini di realizzazione) e per avvicinare il più grande numero di giocatori possibili rendendo “pop” ciò che in apparenza non lo è. Infine, quest’impostazione crea prodotti dall’ambientazione e dal mood molto originali: l’idea alla base di Greedfall e New World ha infatti avuto il grande merito di portare gli sviluppatori a scrivere e mettere in scena dei racconti al di fuori dei caratteri medievaleggianti del fantasy classico, dando vita a qualcosa di nuovo e più accattivante, fatto di ingredienti diversi: non solo temi ed elementi narrativi (esplorazione, incontri tra popoli e altri concetti ai quali facevamo riferimento poco fa), ma anche modi di combattere completamente nuovi (con un uso delle armi da fuoco atipico, perché “arcaico”), e ovviamente un design che mette in soffitta tutto l’immaginario condito di armature pesanti, spade a due mani, sgargianti abiti cerimoniali, per abbracciare un look molto più cupo, austero e per certi versi elegante.
E questa, a parere di chi scrive, è la più grande arma in mano a Don’t Nod per sviluppare un fantahorror memorabile.
Dicevamo all’inizio, Vampyr, al di là dei limiti tecnici e di ingenuità del gioco di Don’t Nod, era un gioco in grado di catturare tutta una schiera di nerd appassionati delle atmosfere malate della Londra di inizio ‘900 e degli appassionati di gotico e folklore vampirico grazie a una scrittura e a un’impostazione di gaming convincenti.
Nel 2018, a fare la differenza ancor più del setting azzeccato fu il tentativo di Don’t Nord di mettere insieme le dinamiche dell’action-rpg con quelle di un titolo “narrativo”, in cui tutte le nostre azioni come personaggio giocante avevano delle ripercussioni nel mondo e sulle comunità che lo popolavano, grandi e piccole che fossero.
Questa combo, se riproposta in un setting così oscuro come quello delineato fin qui come l’America coloniale, potrebbe dare vita a una vera e propria evoluzione in larga scala di quel modello, con una mappa esplorabile più complessa (non per forza più grande, magari solo divisa tra zone rurali e urbanizzate) e al contempo pieno di quest molto caratterizzate da risolvere.
Se queste sono le premesse, e se questo sarà lo scenario delle avventure di un duo di protagonisti fortemente caratterizzato e supportato dalla grande capacità di storytelling utilizzata per raccontare la storia di Charles Reed cinque anni fa, allora sarà lecito attenderci un gioco in grado di dare ai tanti appassionati di dark-fantasy l’epopea dark definitiva sulla Colonizzazione delle Americhe, e a portare su schermo un’epopea dai contenuti fortemente dark così tanto raccontata nel cinema e nella letteratura quanto colpevolmente assente nel videogioco.
Un’occasione terribilmente ghiotta, speriamo sia proprio di quelle da non lasciarsi scappare.
This post was published on 7 Agosto 2023 19:30
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