Bene, finora abbiamo analizzato con attenzione le versioni disponibili dei primi sei capitoli della saga di Final Fantasy. La parte interessante è che nessuno di questi è un videogioco campione di incassi, non almeno in relazione ai capitoli che vedremo oggi.
La cosiddetta trilogia Playstation 1 di Final Fantasy è quello che la stragrande maggioranza dei videogiocatori conosce. È qui che il brand è diventato particolarmente popolare, specie al di fuori del mercato giapponese, riuscendo dove Dragon Quest aveva invece fallito. Parte del merito si deve all’imponente campagna pubblicitaria portata avanti da Squaresoft e Sony con l’uscita del settimo capitolo, ma anche dai filmati in computer grafica per l’epoca veramente rivoluzionari.
Ancora oggi gli appassionati che hanno nostalgia di questa nostalgia e di tutto ciò che rappresentano sono moltissimi, se non proprio la maggioranza assolutamente all’interno della fanbase. Fortunatamente da qui il numero di versioni e edizioni presenti diminuisce: tolto Final Fantasy VII che ha ricevuto un remake di proporzioni mastodontiche, tutti i capitoli che verranno da qui in poi nelle successive riedizioni sono sostanzialmente lo stesso gioco.
Stavolta niente raccomandazioni sulla lingua: tutti i videogiochi in questione sono sempre stati legalmente disponibili in inglese e risultano acquistabili sempre in qualche maniera in maniera del tutto legale.
I precedenti capitoli di questa guida li trovate a questi link:
Presupposto questo andiamo a vedere da vicino i Final Fantasy per PS1 all’interno di questa guida definitiva!
Com’è: mamma mia che impresa complicata parlare di Final Fantasy VII senza impazzire. Parliamo di uno dei videogiochi più importanti della storia del medium e parliamo del videogioco che senza dubbio ha popolarizzato un genere, quello dei giochi di ruolo a turni alla giapponese, all’interno del mercato console occidentale.
Questo lo si deve in parte a una costosissima campagna marketing portata avanti da Squaresoft ma anche a caratteristiche proprie del gioco. Final Fantasy VII è un titolo con una storia epica, ancora oggi ricordata da molti come una delle migliori in circolazione ed è stato capace di resistere al passaggio del tempo grazie a un cast di personaggi davvero memorabili.
Le motivazioni dietro quest’elevata qualità si devono in parte alla volontà di Squaresoft di rivoluzionare tutto: via i setting fantasiosi, benvenuti setting dall’animo un po’ più realistico. Hironobu Sakaguchi inizialmente voleva realizzare un videogioco con protagonista un detective in una New York plumbea e fumosa, per intenderci! Quest’idea da una parte è stata riciclata per la realizzazione del primo Parasite Eve (interessante ibrido tra Survival Horror e gioco di ruolo) e dall’altra finita per sublimare all’interno di Midgar, la città labirinto in cui si svolgono diverse delle vicende che caratterizzano il gioco.
I personaggi, poi, prendono le velleità narrative spinte di Final Fantasy IV e VI e alzano di molto l’asticella della qualità. In questo caso parliamo di un cast legato da relazioni realistiche e ben dettagliate all’interno dei tre dischi in cui si dipana la trama di gioco. In un sottile gioco di menzogne e inganni, Cloud Strife, Tifa, Barret, Aerith, Cid e tutti gli altri sono in qualche maniera alla ricerca di una maniera per salvare sé stessi e il mondo intorno a loro, alle volte a causa della Shinra, alle volte per colpa del misterioso Sephiroth.
Quest’ultimo si meriterebbe un articolo ad hoc su di sè: parliamo di un personaggio che è riuscito a sopravvivere fino ai giorni nostri senza problemi incarnando perfettamente l’animo del supercattivo in tutto e per tutto. Nonostante da un punto di vista prevalentemente narrativo si potrebbe declinare questo ruolo a JENOVA, l’alieno mastermind dietro un sacco di nefandezze, è Sephiroth a uscirne vincitore per carisma e presentazione.
Questo si deve al sapiente design di Tetsuya Nomura, qui sugli spalti come mai prima d’ora all’interno della saga, e si deve anche alle scelte narrative. È Sephiroth a palesarsi all’interno dell’immaginario del giocatore come un combattente dalla potenza incredibile grazie ad alcune sezioni di gioco appositamente studiate, è Sephiroth a impalare una creatura incredibilmente pericolosa e minacciosa come il Midgar Zolom come se niente fosse.
È anche Sephiroth a scrivere la storia dei videogiochi trafiggendo la povera Aerith alla fine del primo disco, in una delle scene più importanti della storia dei videogiochi. Questa scelta, quella della morte di un membro del party, assume una valenza incredibilmente più potente di quanto visto in precedenza all’interno della saga, complice la semplice scelta di non mostrare pietà: Aerith non resuscita, a prescindere dal numero di leggende metropolitane che si cuce sopra questo evento.
Finora abbiamo soltanto parlato della componente narrativa come se fosse la cosa migliore; così non è perché il gameplay di FF7 è veramente incredibile. Il gioco presenta infatti una delle migliori versioni di sempre dell’ATB, accoppiato per l’occasione a un sistema di crescita e personalizzazione dei personaggi veramente soddisfacente. Le materie non sono altro che abilità passive o attive che possono essere fatte interagire tra loro attraverso l’equip; tutto questo si condensa in un sistema di crescita dei personaggi che riserva molteplici sorprese e che finisce per sbilanciare (giustamente) il gioco una volta che si è capito nel profondo il sistema.
Tutto questo per dire che è bello, molto bello, almeno nella sua versione base. Final Fantasy VII Remake anche parte da presupposti incredibilmente positivi, seppur finendo altrove per qualità.
FF7 Remake parte da un presupposto: è stato venduto al pubblico con un inganno ben preciso: questo non è un rifacimento del gioco originale. O almeno, lo è ma per il 70%. Il gioco segue in maniera certosina gli avvenimenti fino a deviarne in maniera preponderante a un certo punto, con grandi dubbi che speriamo di venir dissolti durante il corso dei prossimi capitoli (perché si, il remake di FF7 riguarda soltanto la prima parte del primo disco dell’originale).
Al netto dei sinceri dubbi narrativi su cui per il momento non esponiamo giudizio assoluto, Final Fantasy VII Remake è comunque un videogioco particolarmente interessante. Il sistema di combattimento rappresenta la perfetta crasi tra un videogioco action e uno a turno, con un sistema attivo di turnazione in cui viene posta particolare attenzione al posizionamento del giocatore e all’utilizzo delle abilità dei vari personaggi.
Tutto questo è comunque inserito all’interno di un comparto tecnico estremamente solido, con una grafica ricchissima di dettagli per una Midgar più bella che mai, ricostruita con certosina cura dagli sviluppatori per l’occasione. Molto buono anche il comparto sonoro che appoggiandosi sulle incredibilmente solide basi della versione originale del gioco ri-arriangia diversi pezzi, riconsegnando alla storia alcune melodie tra le più iconiche dell’epoca Playstation 1 aggiornate di tutto punto.
L’unico dubbio che resta, a voler essere sinceri, è su cosa il gioco offrirà dal punto di vista narrativo durante il corso dei suoi prossimi capitoli perché, di fatto, Final Fantasy VII Remake termina in maniera quasi incompleta, lasciando insoddisfatti tanto i giocatori nuovi quanto gli appassionati che speravano di rivivere le avventure di Cloud & soci in maniera molto fedele.
Quale giocare: esistono 4 versioni giocabili della versione base di Final Fantasy e sono più
o meno sovrapponibili.
PS1: la versione base del gioco è quella che tutti abbiamo imparato a conoscere e apprezzare. Tre CD per tante ore di gioco, con l’esperienza risaputa da tutti. Non c’è realmente un motivo per scegliere questa versione rispetto le altre, specie considerando come tutti i porting successivi siano semplicemente versioni migliori di questa.
PC/Mobile: la versione disponibile su Steam è disponibile dal 2013 ed è una versione migliorata e corretta di quella Playstation 1. Il gioco è sostanzialmente identico ma ha delle migliorie e delle caratteristiche che lo rendono più interessante per tutti i videogiocatori non più interessati a incontri casuali, lungaggini e grinding estremo. Esiste un trainer attivabile prima dell’inzio partita per maxare statistiche e parametri. Le musiche sono quelle della versione Playstation 1 ed è possibile approfittare del ricco lavoro dei modder appassionati.
Playstation/Xbox/Switch/Windows: questa versione è esattamente come quella di Steam ma tecnicamente ancora migliore, con un upscaling maggiore per i background in situazioni di schermi molto HD e qualche altro glitch risolto. Uno degli elementi più interessanti è la possibilità di utilizzare i trainer in game, velocizzando il gioco o ottenendo bonus statistici o numerici di vario tipo. Attenzione alla versione Switch che, in alcuni frangenti, vede il proprio framerate scendere addirittura sotto ai 20.
Final Fantasy VII Remake: è completamente un gioco a parte e non ha senso considerarlo come qualcosa di paragonabile all’originale.
Va giocato?: anche qua la risposta è semplice. Final Fantasy VII è un grandissimo videogioco nella sua versione Steam o console recenti è più divertente che mai. Ci sono i trainer per chi ha poco tempo e ci sono tutti gli elementi che hanno fatto innamorare i giocatori dei videogiochi originali. Final Fantasy VII Remake andrebbe giocato da chi conosce il gioco originale ma può essere facilmente apprezzato anche dai videogiocatori dell’ultim’ora, complice il sistema di gioco più moderno. In generale questo capitolo della saga non va lasciato scappare per alcun motivo al mondo.
Com’è: L’ottavo capitolo della saga è da molti considerato una delle pecore nere del brand e per motivazioni che sono difficili da controbbatere. La storia di Final Fantasy VIII, per quanto indubbiamente fascinosa, contiene dei twist improvvisi che sembrano posizionati unicamente con lo scopo di far raggiungere il titolo ad una conclusione di qualche tipo, il tutto in maniera non particolarmente naturale.
Di base è un peccato perché il setting su cui è poi impeniata la vicenda di Squall, Rinoa, Seifer, Quistis e soci è uno dei migliori in assoluto. Parliamo infatti di un setting semi-realistico, in cui magia e tecnologia si spalleggiano vicendevolmente. Il pianeta dove è ambientato il gioco è composto da fazioni militarmente in opposizione tra loro, con grandi scuole chiamate Garden impegnate nella continua formazione di personale militare da utilizzare sia per missioni generiche di pace quanto per la lotta alla supremazia.
Nel mezzo si staglia la figura della strega Edea, una potente maga al comando di una di queste fazioni. Il nostro protagonista Squall durante il corso della storia non farà altro che inseguire la coda lunga della strega seguendo le indicazioni del suo garden, scoprendo poi che c’è molto molto altro dietro tutto ciò.
Il gameplay continua a impiegare l’ATB ma rende particolarmente più complessa la crescita dei personaggi attraverso l’utilizzo del Junction System. Questo sistema di crescita molto originale permette al giocatore di gestire singolarmente ogni parametro dei propri personaggi utilzizando come carburante per lo stesso delle magie, queste ultime limitate nella quantità e letteralmente farmabili attraverso un’apposita pratica tanto dai nemici quanto dall’elaborazione degli oggetti.
Quello che ne risulta fuori è un sistema un po’ sbilanciato, che con le giuste conoscenze si può brutalmente rompere ma che risulta anche controintuitivo. Perché sforzarsi a utilizzare il comando magia quando è possibile fare moltissimi più danni con gli attacchi normali senza attentare alle proprie statistiche? Nel mezzo poi ci sono diverse altre meccaniche: dalle guardian forces (le evocazioni del titolo) al più complesso minigame della saga (insieme al Blitzball): un intero gioco di carte collezionabili con regolamenti e una forte influenza sul gioco base.
Final Fantasy VIII in ogni caso ancora oggi rimane un perfetto esempio di cosa sia in grado di fare Squaresoft dal punto di vista tecnico e di worldbuilding. Il mondo di gioco è più fascinoso che mai, gli scenari prenderizzati ancora oggi esercitano un fascino magnetico sui giocatori, le città e le ambientazioni risultano essere ancora oggi di indiscutibile bellezza. Tra le altre cose alcuni dei dungeon presenti all’interno di questo capitolo sacrificano la linearità tipica della saga in favore di enigmi e stratagemmi da applicare per arrivare a conclusione: un piccolo segnale di innovazione poi non pienamente sfruttato durante il corso dei capitoli successivi.
Due parole andrebbero spese anche per parlare del mastodontico comparto sonoro, sempre con Nobuo Uematsu ai massimi storici. Tantissimi brani stavolta dal piglio modernissimo che si incrociano con suggestioni più legate a certa musica classica: nel giro di qualche ora è possibile ascoltare delle versioni Uematsizzate di atmosfere cinematografiche (Un buon parallelo si può tracciare tra Liberi Fatali e Ave Satani, del film Il Presagio, con una spruzzata di John Williams sopra) o di canzoni tradizionali giapponesi (il parallelo qui si può fare tra la bellissima Fisherman’s Horizon e Sukiyaki di Kyu Sakamoto)
Quale giocare: esistono 4 versioni del titolo, tutte abbastanza simili tra loro.
PS1: la versione che probabilmente la maggioranza di voi conosce ed ha apprezzato; ad oggi non c’è realmente un motivo per sceglierla rispetto le altre.
Steam (2013): versione migliorata dell’edizione PS1 con aggiunta di trofei, salvataggi in cloud e serie di trainer e potenziamenti per tutti quei giocatori che non ne possono più di farmare e grindare. Da un punto di vista tecnico c’è un generale miglioramento verso il 1080p e ci sono tutta una serie di integrazioni (vedasi il Chocobo World giocabile senza pocketstation) che rendono il gameplay più scorrevole (vedasi i sopracitati trainer).
PC/Playstation/Xbox/Switch/iOS/Android (Final Fantasy 8 Remastered): uscita con il ventesimo anniversario del gioco, questa rimasterizzazione ritocca la grafica andando a migliorare i modelli poligonali dei personaggi giocabili e dei non giocabili. I miglioramenti sono tangibili anche nel contesto delle animazioni dei GF e tante altre piccole migliorie sono fatte su vari elementi grafici; dai background alle FMV. In questa versione MANCA il Chocobo World ma gli oggetti a esso esclusivi si possono trovare attraverso una delle limit break di Rinoa. Sono presenti alcuni trainer ancora più potenti rispetto a quelli presenti nella precedente ma mancano alcuni dei trofei presenti nella versione Steam.
Va giocato?: in questo caso è difficile dare una risposta secca e meglio andare per un si ma no, nel senso che non parliamo di un brutto videogioco ma parliamo di un buon videogioco con dei macroproblemi che potrebbero far esplodere il cervello di chi è abituato al gaming moderno.
Di base gameplay e narrativa hanno dei macrodifetti difficili da ignorare ma l’esperienza complessiva è assolutamente gradevole ed è difficile sentirsi delusi dal playthrough completo, specie poi per il livello di dettaglio e cura riposto nella costruzione immaginifica del mondo di gioco.
This post was published on 21 Luglio 2023 19:30
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