L’ascesa delle IA potrebbe far perdere innumerevoli posti di lavoro: la soluzione potrebbe essere un reddito minimo garantito per tutti
Oggi, la nascita di intelligenze artificiali sempre più sviluppate, in grado di sostituire l’essere un mano in quasi tutto, genera preoccupazione e sconforto. Il mondo sembra diviso tra chi teme le nuove tecnologie, provando a rallentarne l’avanzata, e chi pensa a modi per sfruttarle al meglio o semplicemente di conviverci.
Eppure, il futuro potrebbe non essere così apocalittico, le macchine potrebbero non sostituire gli umani, come nei peggiori film di Hollywood, ma aiutarlo a migliorarsi.
Tutti conosciamo Karl Marx, il padre del comunismo. Con “Il Capitale”, il filosofo ed economista tedesco, aveva aperto gli occhi alla società del tempo, ormai schiacciata dalla sempre più preponderante rivoluzione industriale e dalla smania di ricchezza degli imprenditori. Marx pose come nemico del popolo il capitalismo e portò a sognare uno stravolgimento tanto radicale e violento da annullare questo sistema di oppressione.
E poi? Come mandare avanti un mondo senza datori di lavoro ed operai? Senza ricchezza e avidità?
In una sua opera secondaria, “Grundrisse”, Marx parla proprio di questo: di come potrebbe sopravvivere il mondo senza capitale. La soluzione del filosofo stava proprio nella tecnologia, un progresso della tecnica tale da annullare completamente la scarsità di risorse. Gli uomini non avrebbero più dovuto lottare per accaparrarsi i beni, ma questi ultimi sarebbero stati divisi tra tutti equamente proprio perché sufficienti a soddisfare chiunque.
Non solo. La tecnologia sarebbe diventata così evoluta da sostituire gli esseri umani in qualunque lavoro manuale, lasciando alla piena automazione le attività più alienanti e logoranti per l’individuo. Intanto, le persone, ormai non più costrette a lavorare per sopravvivere, avrebbero potuto dedicarsi ad attività diverse, sviluppando arte e cultura, oppure occuparsi di tutto ciò che le macchine non avrebbero potuto fare.
Tutti avrebbero potuto lavorare solo seguendo i propri interessi e le loro vocazioni poiché non costretti da povertà e fame, collaborando insieme all’arricchimento di tutto il genere umano.
I teorici successivi denominarono questa visione come economia post-scarsità e in molti l’hanno considerata l’unica vera via d’uscita dal sistema capitalistico. Il recente videogioco Atomic Heart è ambientato proprio in un universo in cui l’URSS ha sviluppato tecnologie tali da avviare l’automazione, uno spaccato che descrive estremamente bene tutto questo pensiero (ed i suoi rischi).
Il mondo sta affrontando da anni una nuova rivoluzione industriale ed è molto probabile che le nuove IA saranno alla base del futuro. Basti pensare a quanto in fretta si stiano sviluppando e migliorando le IA generative come ChatGPT, già sensibilmente evolute rispetto al lancio di pochi mesi fa.
Ormai possono scrivere articoli e saggi, possono suonare e comporre, rispondere alle mail, disegnare, fornire consulenze legali e mediche, programmare app e persino mentire. Inevitabilmente tantissime persone temono di essere presto sostituite nei loro lavori.
Senza guardare troppo al futuro, pensiamo solo a quanto personale è stato sostituito dalle casse automatiche, basta guardare un casello autostradale o fare la spesa in un grande supermercato per rendersene conto. Che dire di fabbriche sempre più automatizzate, con macchinari in grado di effettuare procedure che, un tempo, richiedevano lo sforzo di più uomini.
Le macchine ci stanno già sostituendo da anni, ma ce ne stiamo accorgendo solo adesso. Secondo studi congiunti di diverse Università in tutto il mondo, circa il 50% dei posti di lavoro sono a rischio di essere automatizzati nei prossimi 20 anni. In particolare, le analisi mostrano che i più sostituibili sono, oltre ai lavoratori manuali, insegnanti, programmatori e addetti alle vendite (basti vedere come grandi aziende come Amazon stiano già puntando all’automazione tra droni ed IA).
Cosa succederà allora? Cosa faremo quando le macchine potranno fare tutto quello che facciamo noi meglio e senza rischio di errori umani?
La risposta potrebbe essere il reddito minimo universale, una politica che prevede che tutti i cittadini di un Paese ricevano una somma di denaro incondizionata, in aggiunta al reddito generato con altri mezzi. I fondi potrebbero essere forniti dal governo o da un’istituzione pubblica.
Dal 2017, Finlandia e Paesi Bassi hanno già iniziato a testare il sistema. Un’idea simile, in Italia, è stato il reddito di cittadinanza, ma in questo caso doveva essere un sussidio mirato a favorire la ricerca di lavoro e, nella pratica, ha fallito totalmente.
Naturalmente, c’è la questione importantissima di chi paga il conto. Poiché le entrate del governo derivano dal suo gettito fiscale, dalle tasse dei contribuenti insomma, l’intero schema è un po’ come derubare Pietro per pagare Paolo; dopo tutto, se la popolazione è disoccupata, dove troverà il governo i fondi per sostenere un reddito universale? L’intero sistema crollerebbe inevitabilmente.
Inoltre, dovrebbe essere un reddito in grado di garantire solo alloggio ed alimenti o dovrebbe provare a compensare tutte le necessità della vita, comprendendo anche, ad esempio, attività ricreative o la palestra? Non è di poco conto: la nostra vita non è fatta solo dal mangiare e dal dormire, lo svago o la salute sono bisogni altrettanto primari e vanno riconosciuti e garantiti.
Quindi il reddito dovrebbe coprire anche tutte le spese di un individuo, ma a questo punto non ci sarebbe più alcuna necessità di lavorare per nessuno. Se nessuno lavora, nessuno paga le tasse e nessuno mantiene il sistema in circolo. Un cane che si morde la coda.
Se, invece, il reddito minimo resta legato solo alla sopravvivenza sorge di nuovo il bisogno di cercare lavoro. Ma se il mondo intero finisce per non assumere più in favore delle macchine? A tutti dovrà bastare il reddito, a questo punto, di sopravvivenza, mentre i pochi a potersi permettere una vita piena resterebbero solo i proprietari delle macchine.
Il concetto di reddito universale in grado di sopperire alla sostituzione delle macchine sembra richiamare in tutto e per tutto l’economia della post-scarsità di Marx. Con una semplice ed essenziale differenza però: non è finita la scarsità di risorse, anzi.
Nel nostro caso, l’automazione sta arrivando in pieno capitalismo con una scarsità persino di risorse alimentari ed energetiche, in un mondo in cui il 5% della popolazione detiene il 99% delle risorse economiche planetarie. Chi dovrebbe, in un contesto del genere, accettare di dividere equamente i beni tra tutti gli individui? Chi potrebbe convincere quel 5% a donare le ricchezze in esubero come moderni San Francesco?
La soluzione non è in un mondo utopico, ma in un dettaglio che spesso dimentichiamo: è l’essere umano ad aver creato le macchine. Quando si romperanno, quando saranno difettose, sarà sempre un essere umano a doverle aggiustare o sostituire.
Molti lavori verranno cancellati, ma altri ne nasceranno. Oggi tra le figure professionali più richieste abbiamo esperti di IA, programmatori, addetti alla sicurezza informatica e ingegneri robotici, tutti lavori che fino a qualche anno fa sarebbero stati nominati solo in un film di fantascienza. Basta solo evolverci a seconda della necessità e trovare il modo migliore per sfruttare questi nuovi oggetti, senza credere che resteremo passivi a farci coltivare come in Matrix.
I contadini hanno continuato ad esistere anche dopo l’invenzione dell’aratro e non ci siamo estinti dopo la nascita del motore a scoppio. Nemmeno internet e le IA riusciranno a farci scomparire… forse.
This post was published on 26 Aprile 2023 6:30
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