In qualità di esseri umani veniamo perpetuamente attratti, destati e incuriositi dalle espressioni di violenza. Nostro malgrado, le storie che ci colpiscono sono quelle dove si colpisce.
Il magnetismo è tanto più primordiale quanta meno vita abbiamo alle spalle. Quanto prima che anni di consapevolezza sul cluster di vantaggi del vivere alla luce di una società civile stratifichino il senno di evitare certi atteggiamenti.
In mezzo ci passano gli anni del wrestling, delle rappresentazioni elementari di bene e male che se la suonano di santa ragione. Consumate come una appetibilissima figata ancora prima che una schietta metafora delle cose della vita.
In qualità di bambino mite, insieme a tanti altri come me, non potevo che considerare i picchiaduro il culmine dell’intrattenimento che quegli anni avevano da offrirmi.
A fine mese scorso è uscito per dispositivi Android e iOS Street Fighter: Duel, un gioco coi personaggi della serie Capcom realizzato insieme a Crunchyroll Games. Come tanti altri titoli mobile su licenza si tratta d un auto-battler, un turn-based rpg, un gacha game, un idle character management game.
Cosa è andato storto perché quello che porta nel nome il più importante fighting game mai realizzato sia un gioco dove i personaggi combattono in automatico?
Un po’ di cose. Una su tutte ha però contribuito a incrinare il matrimonio mai consumato tra genere picchiaduro e piattaforma smartphone:
“Non vale la pena giocare ai picchiaduro mobile secondo la mia opinione. Può essere divertente provarli per la novità, ma i comandi… sono veramente atroci paragonati a quelli di una console vera e propria. I touch screen non sono predisposti per gli input precisi richiesti dai fighting games”.
Parole dure di un utente Reddit che sulla goffaggine e la poca propensione a essere precisi dei bottoni virtuali cristallizza la bocciatura dell’esperienza in toto. La risposta, lapidaria, arriva a un thread di nove anni fa. Da notare come si parli di novità.
Sebbene il discorso non sia sovrapponibile in senso generale, come abbiamo avuto modo di dire la desiderabilità della violenza è inversamente proporzionale al tempo che passa; in effetti, nel 2014 il panorama dei fighting game mobile era leggermente differente.
Il barometro della crisi sta proprio nel fatto che il sentimento di sfiducia fosse già consolidato in epoca antecedente alla standardizzazione degli store mobile per come li conosciamo adesso.
Prima che fosse tutta una microtransazione, le punte di diamante del genere avevano provato a salire in corsa strappando un biglietto da riduzione tascabile.
Street Fighter IV sbarcò su mobile nel 2010, con una versione in 2d dell’omonimo quarto capitolo della saga per console. Il gioco ebbe una grande risonanza, fu venduto a circa 10 dollari e per alcune settimane svettava al top delle classifiche dell’appstore. Sulla scia del successo Capcom rilasciò Street Fighter IV Volt, una versione rimaneggiata con un paio di personaggi aggiuntivi, e tentò l’azzardo con un porting di Street Fighter X Tekken sempre per iPhone.
Quest’ultima mossa non si rivelò azzeccata, la mancanza di alcuni personaggi e l’eccessiva stilizzazione delle animazioni portò presto all’insuccesso, facendo scomparire l’ibrido tra i due giganteschi brand dagli store durante il corso del 2023. Per motivi non dissimili scomparve Volt, ricomparso solo successivamente sotto forma di Street Fighter IV Champion Edition con grafica in 2.5D e anima freemium.
Altro percorso, se vogliamo più virtuoso, è stato quello di The King of Fighters. Il torneo made in SNK dei più celebri 3vs3, ha iniziato a mettere radici ancor prima degli smartphone, direttamente su cellulare. Addirittura nel 2005 spunta infatti un oscuro Kof per Nokia N-Gage.
Intorno al 2012 la tredicesima iterazione della saga viene convertita per mobile. Anche qui, il riscontro commerciale della cosa resta nebuloso. Il gioco è ancora intatto e riscattabile tutt’ora dagli store sotto il titolo KOF-A2012 (F), in una versione non aggiornata agli ultimi firmware, una sorta di vessillo lasciato alla polvere e ai posteri.
Successivamente, si è andati verso uno svecchiamento con Kof 98 UM OL, anno 2017: una operazione analoga a quella di Street Fighter:Duel. I più recenti The King of Fighters ALLSTAR e The King of Fighters ARENA, hanno integrato le caratteristiche beat em up e free to play nella loro formula, incrociando allo stesso tempo le dita per intercettare i gusti dei giocatori casual.
Namco invece non ci ha maNco provato. La prima apparizione di Kazuya e compagni avviene circa con Tekken Card Tournament, gioco di carte dall’universo videoludico del 2013, poi discontinuato nel 2017.
Nel dimenticatoio sono passati anche Tekken Mobile, gioco sempre a base di carte ma con un approccio più dinamico e in tempo reale con una lifespan di meno di un anno, e Tekken Arena, un esperimento bizzarro che sembrava voler mettere la Mishima Zaibatsu al centro di un gioco gestionale tipo Mafia.
Un gioco che ha messo in risalto in maniera interessante alcuni aspetti dei fighting game è Fantasy Strike. I creatori del gioco in una intervista esprimevano come seguendo la loro visione, il titolo andasse a porsi come una sorta di picchiaduro entry level per chi a colazione non mastica hitboxes, i-frames, zoning, chip damage e quant’altro, scomponendo e rendendo riconoscibili queste unità di gioco.
Con le meccaniche evidenziate, i comandi semplificati e il ritmo rallentato, giocare a un fighting game sembra moltocome giocare a un real-time strategy. Bisogna valutare con attenzione vari fattori, come la vita rimanente, la convenienza di una trade di colpi, il posizionamento dei combattenti, il super gauge.
Alle turbo-velocità dei fighting game standard tutte queste valutazioni avvengono a un livello istintivo, i movimenti vanno impressi nella memoria muscolare delle dita e va da se che una inconsistenza nell’input comandi compromette fortemente il gioco competitivo.
Lo strano caso del fighting game su piattaforme mobile ci conduce quindi a una sorta di gate. I pesci più grossi come facile immaginare, rimangono incastrati nei loro stessi retaggi mentre quelli piccoli sopravvivono alla selezione naturale se trovano un buco dove sgusciare.
Ad esempio c’è Brawlhalla (Android, iOS) che non se la passa malissimo, appollaiato sul ramo dei platform fighting e forte di un cross play totale su tutte le piataforme possibili e immaginabili.
Bloody Bastards e Gladihoppers, sono due giochi dal setting simile, arcade e feroce e in cui la componente casuale ha una rilevanza sia sui colpi inferti che sugli spostamenti ondeggianti degli avatar pixellosi che finiscono inevitabilmente gli scontri ricoperti di sangue.
DRAGON BALL LEGENDS (Android, iOS) con la spettacolarità delle animazioni e la riconoscibilità del brand ha saputo attecchire su un gran numero di fans, seducendo anche con la componente del collezionismo.
Di particolare successo anche la saga di Shadow Fight e Skullgirls, entrambi con una semplificazione dei comandi che permette un’alta fruibilità anche con l’ausilio di un touch screen.
Perché in fondo è tutto qui: a volte per avere successo tocca essere l’opposto di un certo, e per quanto perfetto, colonnello dell’aeronautica.
This post was published on 23 Marzo 2023 12:30
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