Quindici anni fa Arnie Roth, dopo aver già sperimentato tanto il mondo della musica quanto quello dei Final Fantasy con Dear Friends – Music from Final Fantasy decise di iterare nuovamente su questo canovaccio creando un gigantesco tour itinerante chiamato Distant Worlds: Music from Final Fantasy.
Tre iterazioni dopo questo, complice anche il trentacinquesimo anniversario dell’arcinota saga di giochi di ruolo giapponesi, grazie agli sforzi di Mr. Roth ed un centinaio tra orchestranti e coristi vede la luce questo Distant Worlds – Music From Final Fantasy Coral: un vero e proprio viaggio tra le iconografie della saga e, sopratutto, le sue incredibili musiche.
Nel 2023 lo spettacolo ha fatto capolino anche in Italia per una singola data: Auditorium Parco della Musica di Roma, all’interno della meravigliosa sala di Santa Cecilia. Esce l’annuncio e chi scrive, ovvero io, acquista rapidissimamente un biglietto per la seconda galleria, con la balaustra davanti a dare problemi di ridotta visibilità (spoiler: problemi borderline inesistenti ma ok).
Prima di cominciare però a parlare di quanto sia stata bella quella traccia e quanto interessante quest’altra trovo e troviamo giusto contestualizzare l’evento, tanto all’interno della nostra linea editoriale quanto all’interno del percorso musicale della sopracitata saga.
Quindi prendete le cuffie e aprite Spotify: se non conoscete qualche nome cercatevi le versioni delle canzoni e preparatevi a scoprire tanta bella musica.
Il contesto
È la prima volta, credo, che su Player.it ci troviamo a parlare in maniera così esplicita di un evento musicale. A dover dare inizio a questo articolo non posso nascondere la felicità dietro la consapevolezza di farlo con in esame un piccolo sogno nel cassetto. Sono cresciuto giocando ai Final Fantasy, sono cresciuto ascoltando le colonne sonore dei Final Fantasy; sono cresciuto con la convinzione ferrea di vedere in Nobuo Uematsu uno dei più importanti musicisti dell’interno microcosmo videoludico.
Quest’ultimo punto è nuovamente da sottolineare perché non stiamo parlando di un musicista qualsiasi: Nobuo Uematsu, con le sue fascinazioni per il prog, le sue melodie infallibili e la sua voglia di puntare in grande, ha lasciato un solco con pochi altri all’interno della storia musicale del medium di riferimento. A partire dalle cavalcate in onde quadre del primissimo Final Fantasy fino ad arrivare alle colorate esplosioni sinfoniche del nono capitolo Uematsu ha attinto ad una vasta tavolozza sonora, finendo poi per dipingere alcuni degli affreschi del medium tutto.
Ancora oggi è difficile non sentirsi un groppo in gola a sentire l’exploit melodico dell’Aerith Theme, così come è difficile non tenere il tempo durante la marcia militare delle Red Wings; vogliamo poi parlare della bontà della forza comunicativa di brani come The Castle (da FF8), Rose Of May (FF9), Mines Of Narsh (FF6) o del gaso che brani come Clash On The Big Bridge (FF5), Decisive Battle (FF6) o The Man With The Machine Gun (FF8) provocano? Ecco, lasciamo stare.
Dopo il nono capitolo le carte in tavola sono cambiate: Uematsu si è ritirato a lavorare su progetti non per forza di cose collegati ai Final Fantasy ed ha di fatto lasciato le redini musicali della serie in mano alle scelte di Square Enix, da sempre alla ricerca di uno o più eredi. I vari che si sono avvicendati dopo hanno di fatto evoluto le musiche della serie verso lidi diversi.
Prendiamo Masashi Hamauzu, ad esempio, co-autore dell’OST del decimo capitolo ed autore di quella del tredicesimo, capacissimo nel creare un esotismo plausibile attraverso le scelte strumentali e armoniche; prendiamo Hitoshi Sakimoto invece che con le sue orchestrazioni solari e le sue sintetizzazioni roboanti ha musicato gran parte dell’universo di Ivalice senza però riuscire mai a trovare il giusto livello di crasi tra melodia ed atmosfera. Perché invece non citare Yoko Shinomura (altra musicista di valore sconfinato nel panorama videoludico) che invece ha sempre puntato su incastri corali e musicali di grande rilievo, cercando di alzare per quanto possibile l’asticella dell’epicità? In ultimo non possiamo non citare Masayoshi Soken, probabilmente il prossimo autore fisso delle colonne sonore che per i lavori molto corali ed estremamente ben accolti dietro al quattordicesimo capitolo.
Perché tutti quesit nomi? Perché la natura celebrativa dell’evento non era soltanto autoriferita ai suoi quindici anni di storia ma anche ai trentacinque della saga che celebra, ad oggi una delle più importanti della storia videoludica. Questo anniversario, di fatto, ha costretto il direttore Arnie Roth ad accontentare tutti integrando all’interno di due ore di show un grandissimo numero di tracce, alle volte sotto forma di medley alle volta sotto forma di tracce singole.
Il luogo
Due paroline sono senza dubbio da spendere per parlare della location scelta per l’occasione. L’audiorium del parco della musica di Roma, noto anche ai più come Auditorium Ennio Morricone, è una grande mecca della musica dal vivo in Italia, specie per le situazioni più riflessive e meno concitate. Parliamo di una struttura moderna con vent’anni di storia alle spalle, progettata da Renzo Piano e godibilissima nella sua estensione.
Fin dal pomeriggio la parte esterna dell’auditorium si è trovata presa gentilmente d’assalto da decine di appassionati, chi in libreria, chi a mangiare in uno dei locali posti lì vicino. Nel foyer dell’auditorium, tra le altre cose, ha fatto capolino lo stand del merchandise: quest’ultimo non aveva una dotazione indimenticabile ma senza dubbio ha fatto spendere diverse decine di euro agli appassionati (complici anche i prezzi molto americani, tipo 35€ per una t-shirt manco troppo elaborata).
L’auditorium, tenuto in conto quell’inferno che è la viabilità romana, si è dimostrato essere il palcoscenico perfetto per mettere in piedi una produzione del genere. Al netto di un feedback del microfono del direttore d’orchestra durato forse 0.7 secondi non ci sono stati elementi di carattere tecnico da segnalare: parliamo di un concerto che si è sentito sempre benissimo durante tutta la sua durata.
Volendo fare proprio i pignoli potremmo lamentarci giusto del telo di proiezione sulla quale si notavano diverse pieghe che andavano a inficiare sulla qualità dei video proiettati, specie quando i colori si facevano molto chiari. Un nonnulla, letteralmente, che citiamo giusto perché proviamo ad evitare le critiche ad un pezzo che prova a essere un racconto cosciente di una gradevolissima esperienza collettiva.
Il concerto
La setlist del concerto era uguale a tutte le date già avvenute all’estero durante il corso degli ultimi mesi del 2022. I pezzi, se separati da una /, sono stati eseguiti come medley (e quindi arrangiati per essere suonati in maniera coerente l’uno dopo l’altro)
- Medley 2022 Final Fantasy I, II, III
- Eternal Wind (Final Fantasy 3)
- The Red Wings/ Kingdom Of Baron (Final Fantasy 4)
- Main Theme of Final Fantasy IV (Final Fantasy 4)
- Home, Sweet Home / Music Box (Final Fantasy 5)
- A New World (Final Fantasy 5)
- Phantom Forest / Phantom Train / The Veldt (Final Fantasy 6)
- Kids Run Through The City (Final Fantasy 6)
- Final Fantasy I-VI Battle Medley 2022
ENTRA IL CORO
- Liberi Fatali (Final Fantasy 8)
- Ragnarok (Final Fantasy XI)
- Aerith’s Theme (Final Fantasy 7)
- Flash Of Steel (Final Fantasy 12)
- Torn From The Heavens (Final Fantasy 14)
- APOCALYPSIS NOCTIS (Final Fantasy 15)
- Not Alone (Final Fantasy 9)
- Suteki Da Ne con Rikki live (Final Fantasy X)
- Final Fantasy Main Theme: Definitive Orchestral Arrangement
ENCORE
- To Zanarkand (Final Fantasy 10)
- One Winged Angel (Final Fantasy 7)
Venti canzoni quindi, con un curioso focus sui pezzi dei primi sei capitoli. Il coro è entrato in scena soltanto dopo l’intervallo, servito di fatto per fungere passare dal passato storico della saga al passato glorioso con i capitoli che vanno dal settimo al quindicesimo.
Chiaramente all’appello mancano diversi dei grandi classici o diversi dei brani fan-favorite ma la scaletta, giustamente, cerca di accontentare il maggior numero di giocatori possibili e anche così non poteva far molto: alla domanda “quanti giocatori di Final Fantasy XIV ci sono in sala” proferita da Arnie Roth il boato del pubblico è stato imponente come non mai; nonostante ciò ci siamo beccati un singolo brano di Soken e un miliardo di Uematsu.
Va bene così perché alla fin fine, ciò che conta, è l’esperienza nel suo toto. Questo Distant World corale è stato un viaggio nel tempo, dal primissimo Final Fantasy sino alla sua più recente iterazione con tanto di Yoko Shinomura che ad un certo punto fa capolino nella platea illuminata da un occhio di bue; insieme a lei un qualche pezzo grosso di Square Enix di cui non mi sono segnato il nome, mea culpa.
Durante queste 20 canzoni orchestranti, cantanti e spettatori non fanno altro che farci ripercorrere nota dopo nota l’evoluzione musicale di una saga storica. Tutto questo percorso viene suggerito anche da delle videoproiezioni di sfondo: per i primi sei capitoli ci sono spezzoni di gameplay più o meno randomici delle versioni pixel remaster (di fatto considerate da Square Enix come la versione definitiva dei loro prodotti) mentre, per i successivi, il gameplay è stato sostituito da composizioni realizzate attraverso le cutscenes dei vari giochi.
I video a schermo
Volendo approfondire questo fatto mi viene soltanto da pensare una cosa: che produzione cheap.
Durante il corso di tutto il concerto non viene fatto altro che ripetere di quanto sia stata importante Square Enix per far si che tutto ciò sia stato realizzato con tutti i crismi del caso, etc etc; quello che però sorpresende è il senso di una mossa come associare i primi 6 capitoli della saga unicamente alle versioni più recenti degli stessi, senza andare in alcun modo citare graficamente le versioni originali dei giochi, le stesse che molto probabilmente hanno portato i videogiocatori a partecipare al tour.
Ad esempio si potevano utilizzare i filmati in CG realizzati per Final Fantasy Origins e Final Fantasy Anthology integrati con scene di gameplay provenienti dalle prime versioni del gioco che poi si trasformano in quelle più recenti, il tutto si poteva collegare senza particolari problemi ai momenti musicali descritti nell’arrangiamento.
L’unico sforzo produttivo in tal senso è stato fatto per accompagnare l’ottimo battle medley, una delle pochissime nuove entrate all’interno della tracklist dei Distant World (tra le varie iterazioni, infatti, sono comprese circa una sessantina di tracce provenienti dal mondo di Final Fantasy). La qualità di questo montaggio non è esaltante ma sicuramente meglio che vedere i 4 personaggi di FF1 fare cose random ed essere chiamati: SQEN001, SQEN002, SQEN003 e SQEN004.
Va molto meglio nella seconda metà dello spettacolo, dove i montaggi diventano cutscene-centrici. Anche in questo caso dal punto di vista della mera settima arte non ci sarebbe niente per cui stracciarsi le vesti, se non fosse che le cutscene dei vari Final Fantasy ancora oggi stupiscono per mille motivi diversi.
La scena introduttiva di Final Fantasy VIII, se vista con un orchestra di cento elementi che ti urla i vari Fithos Lusec Wecos Vinosec, è più bella che mai, le cutscene di Final Fantasy XII, al netto del videogioco non esattamente riuscito nella migliore delle maniere, sono lucassiane come poche altre cose al mondo ed hanno una potenza visiva senza precedenti. Potremmo reiterare questi completi per tutti i videogiochi
Una saga dai mille volti
Quindi ‘sta musica com’era?
Bella, bella senza dubbio.
La prima cosa che è saltata alla mente a concerto finito è stato il notare le varie evoluzioni della cifra stilistica fantasyana durante il corso della saga. Le canzoni di Uematsu, ad esempio, fanno uso di melodie dalla potenza sconcertante, con arrangiamenti che rimangono sempre sul semplice. Le canzoni sono composte da temi sonori che si susseguono, quasi avendo una funzione narrativo-emotiva.
Hitoshi Sakimoto, invece, è di carattere più atmosferico ed ha la grande fortuna di aver composto la sua Flash of the Blade già con le orchestre in mente: le atmosfere Ivaliciane, tra intrighi, deserti e fantapolitica, sono incarnate perfettamente dalla pomposità delle sue composizioni.
Discorso a parte invece andrebbe fatto per Hamauzu, colpevole di aver musicato in maniera assolutamente imperdibile il gioco più odiato della saga. Blinded By Light è esotica e futurista, con una indimenticabile linea melodica di violino, giusto un po’ contenuta dal non esaltante volume di quest’ultimo; nel mezzo degli accenni melodici al tema principale del tredicesimo capitolo che tutti i difetti del mondo aveva meno che una colonna sonora ampiamente dimenticabile.
Discorso a parte invece per Shinomura e Soken, entrambi musicisti con una profonda consapevolezza di quanta potenza siano in grado di portare i cori e le voci alle composizioni. Se la Shinomura lascia palesare fin da subito un gusto per i tempi dispari con dei cori disorientanti in APOCALYPSIS NOCTIS, Soken dimostra un songwriting quasi più rock, che vedrà poi la sua massima espressione in diverse delle boss themes del quattordicesimo capitolo.
Emozioni forti
Il livello medio, come già accennato prima, è altissimo: le basi di partenza da cui l’orchestra dietro il progetto devono partire sono di qualità incredibile. Tra le sorprese di questo Distant World è impossibile non citare il trittico Phantom Forest / Ghost Train / The Veldt, dove vengono amplificate le atmosfere nebbiose di uno dei segmenti più interessanti del capolavoro maximo della saga.
Estremamente ben riuscito anche il battle medley, con una reinterpretazione quasi in chiave acustica di quello del quinto capitolo e degli azzeccatissimi accenni da cardiopalma ai vari boss themes.
Poi, evitando di dilungarci ancora, pregherei chi leggerà questo articolo di andarsi a recuperare su Youtube le esecuzioni di To Zanarkand (toccante anche più che dal vivo), Not Alone (senza dubbio la traccia che più guadagna dal lavoro di riarrangiamento) e dell‘Aerith’s Theme, dotato di una melodia bella come solo i giapponesi sanno fare (cfr. questo video per capire di che parliamo quando parliamo di maestranza melodica giappoense)
Teniamoci per ultimo il piatto forte: al netto di una One Winged Angel bella come sempre è stato impossibile non sentirsi travolti dall’emotività sommessa di Suteki Da Ne, con la cantante originale Rikki al microfono. A far trasalire anche le lacrime più profonde di tantissima gente (me escluso causa chiaro cuor di pietra e non particolare passione per il decimo capitolo) c’ha pensato un cantato di una delicatezza formidabile, che risente dell’interpretazione magistrale tipica dell’emotività Enka derivante dal background dell’artista. A rendere ancora più emotivamente insostenibile questa combinazione di lacrimoni ci ha pensato il video in sovrimpressione: un montaggio con diverse delle scene più emozionanti e ficcanti del decimo capitolo, capace di fare sicuramente breccia anche nel cuore di chi la saga non conosco praticamente nulla.
Conclusioni
Arriviamo dunque alla fine di questo lungo articolo con poche altre cose da dire se non: se vi piace Uematsu e vi piace l’idea di potervi godere le emozioni dei videogiochi anche in un luogo diverso da camera, cercate il concerto Distant Worlds più vicino a casa vostra e andate.
Arnie Roth ha messo in piedi una macchina da soldi che riesce ampiamente a regalare emozioni grandissime, complice anche il supporto di un nugolo di musicisti incredibili e l’appoggio di una casa madre che è perfettamente consapevole di poter contare sui portafogli dei suoi fan storici per mandare avanti baracca e burattini.
Al netto di un comparto video un po’ sottotono rispetto alle intenzioni dell’evento, questo quindicesimo anniversario di Distant World ha dimostrato la presenza di ancora tutti gli ingredienti che hanno reso tanto popolare il tour originale ed hanno senza dubbio cementato nella mente di chi scrive e di chi c’è stato un’idea tanto forte quanto triste: quando Uematsu morirà il mondo avrà perso un genio e non in mai abbastanza a ripeterlo.