Benvenuti ad un nuovo #Gamersdigest, recap delle principali notizie della settimana videoludica appena trascorsa!
Pensavate che il board di Activision Blizzard avesse toccato il fondo? Venite come alla scoperta di un’azienda magica, che appena si accorge di avere tra le proprie fila un quadro onesto… lo licenzia!
La triste sorte è toccata a Brian Birmingham, (ex) lead developer di World of Warcraft Classic, messo alla porta perché oppostosi ad una partica aziendale da lui giudicata scorretta e dannosa per i dipendenti. Birmingham ha scritto una e-mail di commiato ai propri colleghi raccontando quanto accaduto, ed il contenuto della lettera è giunto in possesso di Bloomberg, che ha dato la notizia.
Il pomo della discordia riguarda il sistema di ranking dei dipendenti: si tratta un metro di valutazione dell’operato dei dipendenti, calcolato commisurando retribuzioni e premi in base al rendimento. Fin qui nulla di insolito per un grande azienda; il problema è che nel caso di Activision Blizzard, tale sistema prevede che i dipendenti siano classificato in basi percentuali fisse. In particolare, nel livello più basso della scala, denominato “developing”, deve essere incasellato sempre il 5% dei lavoratori, che subiscono una decurtazione di bonus aziendali, oltre a compromettere le sue possibilità di aumento di salario e promozione.
Spetta ai manager dei tre studi classificare i propri sottoposti. Essendo Birmingham a capo dello sviluppo di WoW Classic, figurava tra coloro chiamati ad operare questo gioco al massacro. Voglio sottolineare l’assurdità del sistema: la percentuale di “peggiori performer” prescinde dalla realtà dei fatti, ma dev’essere sempre il 5% del totale della squadra. Ciò significa che tu sviluppatore, potresti vederti decurtati bonus e paga non perché hai fatto qualcosa di sbagliato, ma semplicemente perché i tuoi colleghi hanno realizzato una prestazione migliore della tua (non sappiamo quali siano esattamente i criteri per valutare la performance dei dipendenti, e nemmeno ci interessa). Ciò si traduce in una punizione aprioristica e potenzialmente immotivata di una quota della propria squadra da parte del manager, crea un pessimo clima lavorativo, ed incentiva la competizione anziché la cooperazione tra colleghi. Insomma: siamo alla follia più totale!
Brian Birmingham non ne ha voluto sapere, rifiutandosi ripetutamente di ottemperare a tale classificazione, finché i piani alti lo hanno obbligato ad agire, pretendendo inoltre che abbassasse la valutazione di un dipendente per raggiungere la quota del 5%! Di fronte all’opposizione del manager, la dirigenza gli ha dato il benservito.
Dopo la pubblicazione del pezzo di Bloomberg, lo stesso Birmingham ha confermato la notizia via Twitter, fornendo ulteriori dettagli: l’assurda pratica aziendale è stata introdotta in conseguenza della fusione dei tre studi sotto un’unica compagnia madre, la ABK (Activision Blizzard King). Proprio la dirigenza di quest’ultima, capitanata dal ben noto Bobby Kotick, ha sviluppato il sistema di ranking imponendolo a tutti e 3 gli studi, come parte di un più ampio programma di standardizzazione delle pratiche aziendali. Insomma, per semplificarsi il lavoro, i piani alti hanno imposto l’adozione di un sistema assurdo che impatta negativamente tutti i dipendenti e i manager dell’azienda!
Activision, Blizzard, e King avevano dei procedimenti di valutazione simili (…) e ABK ha voluto uniformarli in uno unico. Presumibilmente fu questa la motivazione che ha portato ad imporre la quota del 5% di valutazioni di grado “developing”: per far sì che fosse uguale in tutti gli studi. (…) Rendermi conto che tale pratica è rimasta in essere [dopo il 2021, anno delle denunce pubbliche dei maltrattamenti perpetrati dai dirigenti di ABK nei confronti di molti dipendenti, che hanno causato scandalo e gettato un’ombra sulla figura di Kotick], nonostante la contrarietà mia e dei colleghi espressa tramite dure lettere, mi ha portato a ritenere che avessi vissuto un’illusione. Spero che cultura positiva di Blizzard sia in grado di rigettare il veleno di ABK, ma questa speranza non si è ancora concretizzata.
Brian Birmingham, serie di tweet pubblicati il 24 gennaio 2023
I tweet di Brian sono stati inondati da una marea di commenti, molti degli stessi sviluppatori di Blizzard, che lo hanno ringraziato per aver acceso i riflettori su una consuetudine orrenda (e purtroppo non esclusiva di ABK né dell’industria dei videogiochi), che mi auguro venga riconsiderata dalla dirigenza.
Rimanendo nel torbido, ABK ha vinto una battaglia nella guerra contro i sindacati: i dipendenti di Proletariat, studio interno che nelle settimane scorse si è mossa per la costituzione della Proletariat Workers Alliance, ha dovuto per ora rinunciare all’idea. La dirigenza dello studio, capitanato dal CEO Seth Savik, ha ritirato la richiesta depositata presso CWA di indire una votazione ufficiale, nella quale i dipendenti dello studio avrebbero espresso il proprio voto i forma anonima. La PWA si era pubblicamente lamentata di questo sistema via Twitter, poiché a detta loro avrebbe permesso alla dirigenza di mettere pressioni ai singoli lavori e spingerli a boicottare la sindacalizzazione, protetti dall’anonimato. La cosa effettivamente si è concretizzata e, come riportato da Gamesindustry, la CWA ha accusato proprio Seth Savik di aver giocato sporco:
Sfortunatamente Seth Savik, CEO di Proletariat, ha deciso di accomodarsi alla direttive di Activision Blizzard rispondendo al desiderio di sindacalizzazione dei dipendenti con tecniche conflittuali. Come accade spesso tra i fondatori di studi, ha vissuto le preoccupazioni dei dipendenti come un attacco personale nei suoi confronti, ed ha indetto una serie di meeting che ha demoralizzato e depotenziato il gruppo, rendendo impossibile una votazione serena ed equa.
Dichiarazioni della CWA riportate da Brendan Sinclair per GamesIndustry – 24 gennaio 2023
Dal canto suo un portavoce di ABK ha espresso la soddisfazione dell’azienda rispetto all’esito della vicenda, difendendo l’operato di Savik e confidando che Proletariat rimarrà un ambiente sano e soddisfacente per tutti. L’importante è crederci!
Il media publisher Skybound, noto principalmente per essere proprietario del franchise The Walking Dead, ha dato il via ad una campagna di Regulation A+, ovvero la vendita di quote della società al grande pubblico. Con ciò non si intende la quotazione in borsa, dove la società non è presente, ma solo la messa in vendita di percentuali di proprietà dell’azienda stessa a piccoli e grandi risparmiatori. Si tratta di una possibilità prevista dal JOBS Act statunitense, entrato in vigore sotto la presidenza Obama, come misura di sostegno alle startup.
Insomma una sorta di finanziamento dal basso che non mira a sostenere un progetto in particolare, come nel caso delle operazioni di crowdfunding che tutti conosciamo, bensì all’acquisto vero e proprio di parti dell’azienda (che vengono denominate units e non shares proprio perché non si tratta di una società per azioni, bensì di una LLC ovvero una società a responsabilità limitata).
La campagna è partita in forma privata qualche tempo fa (non è chiaro quando) e in questa prima fase ha raccolto 11 milioni di dollari. Di qui la decisione di aprire a tutti: come comunicato dalla stessa compagnia, ora chiunque può fare un’offerta d’acquisto, con una soglia minima fissata a 500 dollari americani, e partecipare così agli eventuali utili di Skybound, proporzionalmente all’investimento fatto. Il CEO di Skybound David Alpert è a dir poco entusiasta dell’iniziativa, che sembra presagire l’arrivo di una vera montagna di soli:
Siamo entusiasti della campagna Regulation A+, poiché il suo concetto è allineato con il valore chiave di Skybound: il legame con i fan. Siamo convinti che lasciare i creativi liberi di fare ciò che meglio sanno fare e invitare i loro super fan a possedere un pizzico di quel contenuto che tanto li appassiona, produca un vantaggio reciproco.
David Alpert, comunicato stampa di Skybound.com – 23 gennaio 2023
Che sia una strada possibile per arginare il contraccolpo della recessione del mercato nel 2022 (peraltro possibile anche nel 2023)? O che si tratti invece dell’ultimo espediente delle rapaci corporation per fare soldi facili senza offrire nulla di concreto in cambio?
La precaria situazione finanziaria non impedisce comunque alla holding di interessarsi al mercato dei videogiochi, investendo per la prima volta in uno studio esterno. Lo studio in questione è Mega Cat Studios, team di Pittsburgh specializzato in titoli per retroconsole e titoli in stile retrò per le nuove piattaforme, attualmente al lavoro su WrestleQuest, un gioco di ruolo incentrato sui wrestler (!).
Sony ha esteso la lineup di lancio di PlatStation VR 2, in arrivo il 22 febbraio. Il roster per il visore di realtà virtuale raggiunge così quota 37 titoli al lancio, un buon numero anche se ovviamente in molti casi non si tratta di esclusive ma di multipiattaforma, oppure di port di giochi già esistenti, riadattati per l’occasione, come Gran Turismo 7.
Con un post sul PlayStation Blog, Sony ha introdotto 13 nuovi giochi, che vi elenco qui di seguito (un click sul titolo vi porterà al rispettivo trailer):
In settimana si è tenuto l’Xbox Developer Direct, primo evento dell’anno dedicato al gaming da parte di Microsoft. La replica dello showcase non è embeddabile per restrizioni d’età, potete recuperarlo qui. Di seguito le novità presentate (un click sul titolo vi porta al trailer relativo):
Microsoft ha poi confermato che terrà a breve uno showcase dedicato esclusivamente a Starfield, e che sarà a Los Angeles con un panel estivo, probabilmente interno all’E3 o alla Summer Game Fest.
Flash news su trailer e annunci della settimana:
Le recensioni della settimana iniziano con la prova di un titolo che farà la gioia degli appassionati di retrogamig: sto parlando di Vengeful Guardina: Moonrider, che omaggia l’era d’oro dei platform come vi spiega mirabilmente il nostro Pietro Falzone. Pietro si è anche cimentato nella prova di SEASON: A Letter To The Future, un’avventura non violenta, dal ritmo pacato e riflessivo in grado di emozionare chi avrà la curiosità di cimentarsi in un’esperienza diversa dall’ordinario.
L’impavida Alessandra Borgonovo si è cimentata nella prova di Chasing Static, un horror low poly che omaggia i classici del genere, senza però riuscire ad elevarsi verso le vette che gli sono di ispirazione.
Meglio è andata ad Alessandro Colantonio che ha scorrazzato in monopattino con Roller Drama, una singolare visual novel con le rotelle sotto i piedi.
Passando invece ad un horror pienamente riuscito, è giunto il momento di leggere l’entusiastica recensione di Michele Longobardi a proposito di Dead Space Remake, un degno rifacimento di un classico del survival horror.
Completa il roster già ricco di uscite anche lo splendido RPG Chained Echoes, che Gaetano Rilievo si è spolpato fino la midollo per analizzarlo da cima a fondo.
Sul fronte guide, non poteva mancarne una su Pokémon Scarlatto e Violetto, compilata da Simone Mauro, vi permetterà di risolvere al meglio il Raid 7 stelle di Greninja.
Siccome Michele Longobardi è un vero pro non si è limitato a finire Dead Space Remake, ma vi ha anche stilato una guida per ottenere il finale segreto e vi ha mappato la posizione di tutti i Frammenti del Marchio. Poi non dite che non vi vuole bene.
Le rubriche della settimana sono aperte dal caporedattore galattico Graziano Salini, che ha deciso di ripescare di alcune perle rare per proporvi non il solito articolo sulle esclusive PlayStation.
Michele Longobardi ha invece fatto un esercizio diverso, considerando un tema universale e andando poi a spulciare quei titoli che ne hanno fatto un elemento cardine del proprio game design. Ne è uscito un articolo appassionante sul senso del dovere nei videogiochi in cinque esempi, che consiglio di leggere per rendersi conto di quanto il medium sia maturo e capace di affrontare temi complessi in modi straordinari.
E tra i tanti meriti del videogioco c’è anche quello di avvicinare il pubblico all’arte della musica, come ci ricorda Demetrio Scira con il suo conservatorio videoludico: cinque giochi per suonare, pezzo interessantissimo soprattutto se volete andare al di là del solito Guitar Hero.
Claudio Albero è ancora infoiatissimo per God of War Ragnarok ed in particolare il suo protagonista, di cui sviscera vita, morte e miracoli nel suo approfondimento su Kratos contro Kratos: uno spartano allo specchio.
Infine Stefano Sergente ha condotto un’intervista ai ragazzi di Bad Vice Games, lo studio italiano responsabile di Ravenous Devils, una delle sorprese dell’annata indie dello scorso anno.
Per questa settimana è tutto.
Arrivederci a domenica prossima con il #Gamersdigest N°5 del 2023!
This post was published on 29 Gennaio 2023 10:00
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