Benvenuti ad un nuovo #Gamersdigest, recap delle principali notizie della settimana videoludica appena trascorsa!
Il tramonto della partnership tra Blizzard e NetEase è stata una sciagura, almeno per il centinaio di dipendenti della holding cinese che è stato messo alla porta questa settimana, come ha riportato il South China Morning Post.
Vi avevo dato conto qualche settimana fa del mancato rinnovo tra Blizzard e NetEase, la quale negli ultimi 14 anni ha gestito la distribuzione dei titoli della prima nel mercato cinese. Oltre a rappresentare un chiaro danno economico per Blizzard (che infatti ha dichiarato come sia stata NetEase a far saltare il banco), la quale dovrà trovare un altro partner e impegnarsi un nuovo processo di approvazione dell’accordo da parte del governo di Pechino, ci hanno rimesso anche i dipendenti della compagnia cinese che fino ad oggi lavoravano in questo ambito e che sarebbero in buona parte già stati allontanati dall’azienda, con solamente un pugno di programmatori riallocati in altri uffici a Shanghai.
In ultima istanza ciò significa che decine di migliaia di giocatori cinesi non potranno più giocare ai titoli Blizzard a partire dal 23 gennaio, e chissà per quanto tempo. Resta unica eccezione Diablo Immortal, che continuerà ad essere fruibile perché, come spiega GamesIndustry, si tratta un titolo realizzato in co-development tra le due società, ed è quindi soggetto ad accordi differenti. Del resto è evidente che le major cinesi hanno sempre meno interesse ad investire nell’import di giochi esteri – a causa delle normative sempre più stringenti e dell’onnipresente censura governativa che rallenta l’iter di approvazione – e sempre di più ad aumentare gli investimenti in società straniere tramite acquisiti di quote delle stesse, partecipando in tal modo degli utili. Questo può essere un fattore positivo per il mondo della finanza ma non certo per i videogiocatori, dato che si va verso la costituzione di due mercati sempre più reciprocamente impermeabili.
Se nel mondo procede in ordine sparso nel legiferare contro la pratica delle loot box nei videogiochi (ve ne ho parlato prima qui e poi qui), anche livello di Unione Europea si fatica a trovare una linea comune. Proprio per questo motivo l’europarlamentare Adriana Maldonado López del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) si è fatta promotrice di una risoluzione presentata in settimana al Parlamento Europeo, che vuol spingere la Commissione Europea ad adottare un protocollo di procedure comuni che regolamentino alcuni aspetti dell’industria dei videogiochi, con l’obiettivo di tutelare i consumatori, specie quelli più giovani.
Tra le 12 raccomandazioni principali presentate, vi è quella di uniformare la classificazione dei videogiochi per fasce d’età, ad esempio adottando in modo uniforme il sistema PEGI e rendendolo requisito legale. Da questo punto di vista si richiede inoltre lo sviluppo di un sistema unico europeo di verifica dell’età, per poter usufruire di determinati contenuti videoludici. Vi è poi, come anticipato, un’insistenza rispetto alla regolamentazione delle loot box ed in generale dei meccanismi di monetizzazione interna ai videogiochi, di cui si vuol cercare di evitare le pratiche predatorie nei confronti dei giocatori, verso cui deve essere fatta una comunicazione sempre chiara ed inequivocabile.
Ci sono anche altri punti riguardanti la necessità di far adottare al mercato corrette politiche di tutela dei dati personali per non ledere la privacy dei consumatori, procedure semplificate di rescissione da contratti di abbonamento, misure a sostegno dell’equità di genere nella forza lavoro, nonché la richiesta di riconoscere e promuovere il potenziale educativo che i videogiochi possono ricoprire nell’apprendimento e nella salute mentale. Sostanzialmente si chiede che l’Europa dia prova di consapevolezza di fronte ad un fatto compiuto (il mercato videoludico esiste ed è la prima industria dell’intrattenimento al mondo) e lo viva come un’opportunità, definendo il perimetro d’azione di alcuni suoi nodi critici per favorirne una fruizione sana e consapevole da parte di un pubblico sempre più numeroso.
L’informativa ricerca un equilibrio tra il sostegno ad un’industria innovativa che dà lavoro a circa 98.000 persone all’interno dell’UE, e la protezione dei consumatori specie se minorenni.
Adriana Maldonado López, serie di Tweets del 18 gennaio 2023
Tutti questi sviluppi (tecnologici) non avranno senso se non garantiremo un ambiente online sicuro, ed è per questo che il rapporto chiede l’adozione di una politica europea comune sui videogiochi da parte di tutti gli Stati membri, in modo da garantire alto livello di protezione ai cittadini.
Si parlava sopra di introdurre il PEGI in modo uniforme in tutta Europa. Sarebbe già una buona cosa se tale sistema fosse implementato da tutti i paesi che già ce l’hanno in maniera corretta. Forse però non è proprio così, almeno questo è ciò che emerge dai risultati di una ricerca effettuata da Leon Xiao, ricercatore presso l’Università di Copenhagen, che studia proprio l’implementazione delle loot box nei videogiochi e le misure messe in atto dai governi per regolamentare tale pratica. Xiao ha rilevato che, sia in ambito ESRB (la classificazione USA) sia in ambito PEGI spesso non c’è uniformità di applicazione del bollino di avvertenza che notifica la presenza di loot box e/o acquisiti in-game.
Introdotto a partire dal 2020, questo bollino appare in realtà in modo molto confuso: a volte è applicato solo in alcune versioni di un gioco e non in altre; alle volte è omesso del tutto. Inoltre una buona fetta di giochi (oltre il 25%) classificati da un sistema non sono classificati dall’altro, col risultato che spesso non è chiaro se la presenza di loot box sia stata accertata o meno.
Attualmente genitori e consumatori non possono fare affidamento su questo sistema di valutazione riguardo la presenza di loot box nei giochi, specialmente quelli mobile. L’esistenza di questo sistema di classificazione non può giustificare l’assenza di una regolamentazione stringente stabilita dai governi, a causa della scarsa ottemperanza e di un’efficacia dubbia (anche nei casi in cui essa sia correttamente osservata).
Leon Xiao, Beneath the label: Poor compliance with ESRB, PEGI, and IARC industry self-regulation requiring loot box presence warning labels by video game companies – revisione del 19 gennaio 2023
Insomma la strada da fare è ancora lunga, ma il fatto che ricercatori ed europarlamentari si interessino all’argomento è un segno positivo ed incoraggiante.
I dipendenti di Ubisoft Paris hanno indetto una mezza giornata di sciopero per protestare contro il CEO dell’azienda Yives Guillemot, le cui politiche di riorganizzazione aziendale sono maldestre tanto quanto le sue dichiarazioni.
Come vi raccontavo la scorsa settimana, Ubisoft non ha passato un buon 2022 dal punto di vista finanziario, per colpa di giochi che hanno performato sotto le aspettative o che hanno proprio floppato, e altri che sono stati rinviati. Guillemot ha commentato la cosa preannunciando ristrutturazioni interne e spronando i dipendenti a dare il massimo per il bene dell’azienda (ovvero il suo).
Ma i lavoratori non ci stanno, e hanno deciso di rispondere pan per focaccia a chi vuole fare il pro-player col controller degli altri (ci siamo capiti). Il sindacato di Ubisoft Paris ha infatti rilasciato un comunicato via Twitter con il quale, oltre ad annunciare lo sciopero, attacca la dichiarazione di Guillemot a cui rimette piena responsabilità per lo stato traballante dell’azienda, ed avanza inoltre precise richieste: adeguare gli stipendi all’inflazione aumentandoli del 10%, e ridurre il monte orario settimanale introducendo la cosiddetta “settimana corta” di 4 giorni lavorativi, oltre ad una maggior trasparenza circa le pratiche aziendali ed il trattamento riservato ai lavoratori.
Voglio essere chiaro: è ovvio che è nell’interesse stesso dei dipendenti dare il massimo in questa fase problematica di vita dell’azienda; ma proprio per questo è francamente imbarazzante che il capo dell’azienda emetta un comunicato con cui “se ne lava le mani” e delega ogni responsabilità ai dipendenti. È chiaro a tutti che la dirigenza di Ubisoft abbia compiuto degli errori nelle sue scelte strategiche, preferendo la quantità alla qualità e scommettendo su generi ormai troppo inflazionati per realizzare una massa critica di utenti necessaria a farli decollare.
Ma è altrettanto giusto riconoscere il tentativo di metterci una pezza: in un Q&A con i dipendenti occorso sempre in settimana, Guillemot ha ritrattato la propria dichiarazione, scusandosi per la sua affermazione e dicendosi pronto a fare la sua parte.
Quando ho detto che ‘la palla è nel vostro campo’ per rilasciare la nostra lineup in tempo e al giusto livello qualitativo, volevo trasmettere l’idea che ora più che mai ho bisogno del vostro talento e delle vostre energie per riuscirci. Questo è un viaggio da compiere assieme e ovviamente devo iniziare io stesso assieme al team di leadership, per creare le condizioni affinché tutto ciò sia possibile.
Yives Guillemot citato da Ethan Gach su Kotaku – 18 gennaio 2023
Nel corso dell’incontro tuttavia il CEO non ha fatto riferimenti alle richieste avanzate dal sindacato, quindi resta da vedere se e quanto saranno accolte effettivamente.
I dipendenti di Ubisoft non sono gli unici a passarsela male: Microsoft ha annunciato la bellezza di 10.000 licenziamenti, dopo averne effettuati già diverse migliaia nel corso del 2022. Ed è proprio il settore gaming ad averne risentito in modo particolare, in base a quanto riportato da GamesIndustry: molti tagli hanno riguardato dipendenti di Bethesda e 343 Industries, che a quanto pare non è stato possibile riallocare se non in minima parte.
Insomma la congiuntura economica non è favorevole, il mercato videoludico ha arrestato la sua corsa rispetto agli ultimi due anni ed è necessario per molte aziende stringere la cinghia. Tutto questo è comprensibile, anche se è inevitabile chiedersi quanto sia giusto che pianga miseria un’azienda pronta a spendere 70 miliardi di dollari per acquisire Activision Blizzard… C’è da chiedersi come e se impatterà sul futuro della serie Halo, dato che proprio il creative director di Halo Infinite Joe Staten è stato rimosso dal suo ruolo, stando a quanto riportato da Jason Schreier.
Siccome non c’è due senza tre, c’è da registrare un blocco di 300 dipendenti licenziati anche da parte di Unity, decisione dovuta anch’essa alle condizioni di mercato sfavorevoli, come ha spiegato il CEO John Riccitiello al Wall Street Journal. E dire che quest’estate Unity aveva ricevuto una proposta di acquisizione da parte di AppLovin, che aveva rifiutato, avendo invece deciso di investire per comprare IronSource. Forse avrebbe fatto meglio ad accettare l’offerta…
Se questi numeri vi sembrano alti, Google ha fatto peggio di tutti licenziato in blocco 12.000 dipendenti, più o meno per le stesse motivazioni: il CEO Sundar Pichai ha infatti spiegato che la decisione è dovuta alla contrazione economica in corso, che va in senso contrario alla fase espansiva del precedente biennio in cui si era invece venuta a creare l’esigenza di rimpolpare le fila dell’azienda con nuove leve, ora non più necessarie. Facile immagine che fra gli accompagnati alla porta ci siano molti degli sviluppatori impiegati finora nel progetto Stadia, ormai ufficialmente defunto.
Fanalino di coda per Riot Games, che ha lasciato a casa 46 dipendenti. Eddai, Riot, impegnati di più la prossima volta!
Flash news su trailer e annunci della settimana (a sto giro son tantissimi!):
Partiamo dalle recensioni, anche se non di un videogiochi: come saprete è uscita la serie The Last of Us prodotta da HBO, Alessandra Borgonovo se l’è spolpata ed è rimasta favorevolmente colpita, pur giudicandola imperfetta.
Inoltre, il nostro fido Alessandro Colantonio si è cimentato nella prova di un valido gioco di ruolo pen- and-paper tutto italiano, Fabula Ultima, che farà la gioia degli appassionati di JRPG.
Parlando invece di videogiochi, il nostro caporedattore galattico Graziano Salini è sceso dal suo trono e ha impugnato il pad per provare Call of Duty: Warzone 2.0, che l’ha fatto felice come un bambino.
Gli appassionati di 4X dovre4bbero invece gettarsi a capofitto nella lettura della recensione di Old World, che Alessandro Colantonio (ancora lui!) ha valutato ragionando su analogie e differenze con la serie principe del genere, a firma Sid Meier.
Ed è ancora una volta Alessandra Borgonovo ad accompagnarvi alla scoperta di Children of Silentown, una fiabesca avventura grafica con pennellate puzzle.
Ormai sapete come funziona: nuova settimana, nuove guide di Geshin Impact per opera dell’indefessa Gaia Tornitore. Stavolta vi spiega per filo e per segno come funziona il Pass Battaglia, vi dà tutte le dritte sulle migliori build per i personaggi di Xiao, Alhaitham e Yaoyao, vi offre un rapporto completo sulla Serenteiera (Serenitea Pot o Teapot, fate un po’ voi), vi comunica i Codici Primogemme aggiornati, vi insegna come usare l’app di HoYoLab e il Daily Check-in per ottenere Primogemme e, per chi ama immortalare le proprie sessione, vi svela dove trovare gli screenshots di gioco e come fare la foto.
Eccoci quindi alle rubriche della settimana, stavolta con una particolare predilezione per l’horror: Enrica de Mauro accompagna i più coraggioso di voi in un viaggio alla scoperta dei 5 cattivi più inquietanti dell’horror videoludico, mentre Michele Longobardi vi spiega l’importanza storica di Dead Space in quattro punti. Non contento, Michele vi presenta anche cinque videogiochi che sono diventati universi paralleli al nostro!
Infine il nostro lorehunter Domenico Ascione si è dedicato a Hades II, scavando un po’ nel personaggio di Melinoe, la semidea protagonista per restituirvene un approfondito ritratto a tutto tondo.
Per questa settimana è tutto.
Arrivederci a domenica prossima con il #Gamersdigest N°4 del 2023!
This post was published on 22 Gennaio 2023 10:00
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