Con The Last of Us: il mondo dopo la fine continua la nostra rubrica settimanale #venerdìnostalgia dedicata al retrogaming. Ecco il racconto di un gioco action in grado di ridefinire la narrativa all’interno dell’abusato genere “apocalisse zombie”. Un gioco in grado di catturare il cuore in mezzo alla violenza. Proprio nei giorni in cui il mondo si è stupito nell’ammirare il trailer del secondo capitolo, noi vi raccontiamo come tutto ha avuto inizio.
Se vi siete persi gli articoli precedenti dedicati al retrogaming potrete ritrovarli comodamente tutti a questo link. Troverete Final Fantasy, Resident Evil, Silent Hill, Winning Eleven e molte altre chicche raccolte solo per voi!
Quando, nel 1968, Romero diede alla luce il famigerato “Night of the Living Dead“, probabilmente nemmeno lui poteva immaginare la portata del fenomeno a cui stava dando il via. Gli zombie, mostri presi in prestito dalle leggende vudù haitiane, entravano nella loro nuova iconica forma di morti resuscitati in perenne ricerca di carne umana fresca da divorare. Nel corso degli anni gli zombie sono diventati, di volta in volta, metafora del nemico bolscevico, del consumismo in grado di trasformare le persone in “morti che camminano“, della paura del diverso in ogni sua forma.
Con il passare degli anni anche gli zombie si sono evoluti, diventando veloci e violenti come nei film di Danny Boyle, o organizzati ed in grado di pensieri semplici nella loro parabola romeriana. La serie “The Walking Dead“, (tratta da un fumetto di grande successo) nel 2010 spostava completamente il centro della narrazione. Dai mostri vaganti si iniziava a prestare attenzione ai veri mostri, ovvero gli esseri umani sopravvissuti. Su questa nuova linea narrativa la casa Naughty Dog, nel 2013, avrebbe sfornato uno dei più grandi capolavori videoludici di tutti i tempi: quel The Last of Us in grado di segnare un’intera generazione di giocatori partendo da una letteratura satura di queste tematiche. Come ci sono riusciti? Proveremo a spiegarlo in questo articolo.
Tutto inizia in una notte imprecisata, durante una delle prime fasi dell’infezione che avrebbe condannato il genere umano. Il padre di famiglia Joel, nel pieno del caos della cittadina dove abita, cerca di portare in salvo se stesso e la figlioletta Sarah. Superati pericoli e infetti, in un susseguirsi di emozioni e azione, quando la situazione critica sembra ormai passata, Joel assiste impotenete alla morte della figlia per mano di uno zelante militare, al quale avevano ordinato di abbattere qualsiasi cosa gli si parasse davanti. Si viene catapultati così nel 2033, ben lontani da questo episodio destinato a segnare per sempre il nostro protagonista.
Mai più ripreso dalla scomparsa della figlia, Joel è diventato un contrabbandiere, in grado di sgattaiolare fuori dai centri cittadini strutturati in vere e proprie dittature militari, fortificati e sorvegliati. Fuori il mondo è andato in rovina e la natura, lentamente, si sta riappropriando di strade, città e palazzi. Muoversi nei centri abitati non è semplice per via della presenza militare, mentre all’esterno mostri di ogni genere infestano le zone, rendendo un incubo la vita di chi cerca risorse. In questo scenario desolante, a Joel e alla compagna Tess viene affidato un compito che gli cambierà per sempre la vita.
Durante una delle sue missioni Joel viene in contatto con Marlene, leader delle “luci”. Una resistenza armata contro la dittatura militare in vigore. Marlene affida a Joel il compito di portare fuori città una bambina di nome Ellie, compito che Joel accetta unicamente su insistenza di Tess. Durante il loro viaggio, Joel scoprirà che la bambina è stata infettata ma, a differenza di tutti gli altri, non presenta i sintomi della mutazione. All’interno del suo corpo vi potrebbe essere una cura in grado di restituire una speranza all’umanità. Joel ed Ellie iniziano un viaggio attraverso l’America settentrionale, passando insieme da una base all’altra delle Luci, cercando di sopravvivere ai militari, alle bande e ai mostri che infestano quelle terre, alla ricerca di una resistenza che potrebbe non esistere più.
Quello che era iniziato come un lavoro, accettato per puro tornaconto, diventa un legame, una ragione di vita. Joel trova in Ellie la figlia che aveva perduto, mentre Ellie trova, per la prima volta nella vita, un padre che si prenda cura di lei. Il loro rapporto prende il sopravvento su qualsiasi altra cosa, che diventa solo uno sfondo alla storia di questa insolita famiglia. In primavera i due finalmente giungono all’ultima base delle Luci, dove i medici prendono in cura la ragazzina per estrarvi una cura. Quando Joel scopre che la ragazza non sarebbe sopravvissuta all’operazione, perde completamente la ragione. Uccide il capo delle luci e ogni soldato che si trovi tra loro, portandola via e raccontandole che in realtà non avrebbero avuto bisogno di lei. Joel le racconta che c’erano già altre persone immuni e che le Luci da tempo avevano rinunciato a ricercare un rimedio. Il finale è tanto drammatico quanto carico di amore. L’amore di un padre che è disposto a sacrificare l’umanità intera e a mentire a colei che ama, per preservarne il futuro.
The Last of Us è un action horror in terza persona. Vestiamo i panni di Joel ed Ellie nelle varie missioni. Joel è molto forte, usa quasi tutte le armi ed è abile nei combattimenti corpo a corpo, ha una vita alta e avere la meglio di lui non è affatto semplice. Ellie invece è una bambina, è molto silenziosa, usa perlopiù armi bianche ed è abile con l’arco. Sa difendersi se messa alle strette, ma non è una lottatrice nel vero senso del termine. Entrambi hanno punti di forza e punti deboli, entrambi sono necessari per risolvere le varie situazioni e continuare nella storia. Combattere con Ellie è totalmente diverso rispetto al farlo con Joel. Spesso per superare degli ostacoli ci troveremo a vederli collaborare, in una serie di scene che aumentano l’affinità tra i due.
I mostri sono vari, dai semplici runner, umani infetti da poco tempo e in grado di vedere ancora e di muoversi a grande velocità, agli stalker, più aggressivi e pericolosi dei runner che sono soliti nascondersi per attaccare le loro vittime. Vi sono poi i clicker, ormai ciechi, ma dotati di un finissimo udito con il quale individuano i nemici. Questi mostri sono molto resistenti ai danni ed ucciderli è un’impresa. Infine vi sono i Bloater, i mostri più resistenti e pericolosi del gioco, praticamente mortali nel corpo a corpo. Come se non bastasse il mondo è popolato da bande di banditi, cacciatori, militari, sempre pronti a uccidere il prossimo per rubare attrezzatura e provviste. Sopravvivere agli esseri umani è quasi più difficile che affrontare le orde di mostri.
Quello in cui The Last of Us è davvero perfetto è nella sapienza con cui sono strutturati i vari momenti della narrazione. Si passa da fasi di azione pura a momenti in cui a farla da padrone sono i racconti di Joel ed Ellie. Momenti di ricordi, di emozioni, di condivisione. Il gioco alterna alcune meccaniche stealth, nelle quali bisogna nascondersi e uccidere i nemici senza farsi scoprire, a momenti in cui l’adrenalina sale alle stelle, facendoci trovare in situazioni in grado di colpirci dritte al cuore. Tutto questo si è rivelato un viaggio all’interno di un sentimento paterno, una serrata lotta per salvare e dare un futuro migliore alle persone a cui vogliamo bene.
Questa potenza narrativa, che trova il suo apice nella scrittura dei due protagonisti, è riuscita a trasformare un videogioco con meccaniche già viste e riviste, basato su tematiche viste e riviste in qualcosa di unico, di emozionante e di mai scontato o banale. Un comparto tecnico di tutto rispetto è stato la ciliegina sulla torta. Ammirare un tramonto, una cavalcata o una nevicata, con gli occhi dei due protagonisti, ci ha regalato attimi di pura poesia, qualcosa che ci ha fatto davvero trovare “il bello” in un mondo ormai perduto.
Nell’espansione “Left Behind” ci troveremo a vivere due episodi legati unicamente alla piccola Ellie. Nel primo scopriremo la sua infanzia, tra orfanotrofio, fughe con la migliore amica, fino all’episodio che l’ha portata ad infettarsi e a perdere colei che fino a quel momento era stata la sua unica famiglia. Nel secondo invece dovremo cercare di curare Joel dopo una brutta caduta. Avremo bisogno di bende, kit e medicine e per ottenerle dovremo andare oltre i nostri limiti. Pericoli molto più grandi di noi ci aspettano per salvare Joel.
L’idea alla base di “The Last of Us” è nata durante una puntata della serie BBC Planet Earth. Questa puntata mostrava una formica infettata da un Cordyceps. Questo particolare fungo sceglie alcuni insetti come portatori per le proprie spore. Esso riesce a indurre uno stato di alterazione psicotropa grazie al quale questi animali finiscono per morire dove il fungo può prosperare. Gli ideatori del gioco si sono domandati cosa sarebbe successo se queste spore avessero scelto gli esseri umani come portatori. Da qui l’idea di un’umanità infettata da spore, nella quale quasi il 60% della popolazione mondiale è morta e coloro che sono rimasti lottano e vivono sul filo del rasoio.
This post was published on 15 Giugno 2018 12:00
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