Per chi mi conosce, o ha parlato con me almeno una volta di giochi di ruolo, sa quanto io sia estremamente addolorato da un problema che l’industria videoludica si porta a sé come Cristo la croce: l‘assoluto e totale caos nel assegnare i generi ai videogiochi.
Il motivo per cui i videogiochi moderni sembrano collezionare generi ed etichette come bambini nel 2010 carte Panini è perché aiutano a vendere (sto guardando voi Assassin’s creed moderni, Action Adventure RPG Openworld). Tendiamo ad associare ai nostri gusti dei generi e questi se reclamati da un gioco sono abbastanza per cogliere il nostro interesse.
Categorizzare è da sempre qualcosa che caratterizza l’uomo: è il modo in cui il nostro cervello organizza le informazioni e la nostra vita quotidiana senza spendere un ammontare assurdo di energia ogni volta (qui trovate di più se vi interessa). Se vogliamo tutti gli stereotipi sono frutto di questa stessa categorizzazione e dimostrano anche perché è più facile pensare in termini di bianco o nero, di sì o no e così via.
Peccato che agli occhi di un appassionato di game design e videogiochi come il sottoscritto questa cosa sia il Male. Non solo: è anche estremamente dannosa per noi videogiocatori in quanto ci priva di un linguaggio preciso e univoco per descrivere i giochi. Perché non ha senso che Baldur’s Gate 3 ed Elden Ring condividano lo stesso genere (gioco di ruolo).
Ha ancora meno vedere Stray negli action adventure ai Game Awards, i quali definiscono i giochi action adventure, citando testualmente, come giochi che “combinano combattimento con risoluzione di puzzle”. L’ultima volta che ho controllato, in Stray il gattino protagonista non esercita esattamente violenza.
Insomma, avete capito ormai da questa introduzione che questo articolo non avrà pietà per l’industria. Analizzeremo assieme lo stato attuale e la sua storia, il linguaggio esistente e le sue limitazioni e infine proporrò una soluzione già parzialmente adottata da store esistenti.
Ciuf ciuf salite sul treno della polemica!
Quello della classificazione è un problema moderno, ma per capirlo bisogna guardare al passato.
I generi infatti hanno tutti una storia e dei pionieri, e ciascun genere meriterebbe un suo articolo dedicato solo alla sua storia. Infatti nei primi decenni della loro storia, i videogiochi, non essendo ancora diffusi quanto lo sono oggi, non avevano lo stesso bisogno di classificare in termini di marketing il proprio gioco dei giorni d’oggi.
Altri due fattori del passato importanti da analizzare per comprendere il cambiamento negli anni sono la saturazione e il limite tecnologico.
Cosa intendo con saturazione? Per farvi un esempio moderno gli anni attorno al 2013, quindi gli anni di DayZ, sono stati anni incredibilmente prolifici per i giochi survival di ogni tipo (specialmente post apocalittici), tanto che sembrava che ogni gioco uscisse avesse delle meccaniche survival anche se di un genere completamente diverso.
Nel 2022 ormai non ne escono quasi di più di survival rispetto a 10 anni fa. Il genere, teoricamente formato dalla combinazione di due generi, è stato portato all’esasperazione e quasi all’estinzione. Ciò che ci ha lasciato sono intuizioni di game design e singole meccaniche, ergolezioni per il futuro. Oggi tendiamo più a leggere “con componenti survival” che survival stesso.
Tenete bene a mente la parola “Componenti”.
Per limite tecnologico invece, intendo che ai tempi di Legacy Of Kain non si immaginava neanche che giochi dalla grandezza e vastità di un Assassin’s Creed: Valhalla fossero producibili. Un po’ per il limite tecnologico ma anche la semplice grandezza dell’industria videoludica. Per fare un riferimento più generale, quello della classificazione dei generi non è un problema “Da terzo mondo”: è un lusso che abbiamo nei tempi moderni perché l’industria è allo stato fiorente e continua a crescere.
La combinazione di questi fattori ha portato gli sviluppatori a sperimentare con combinazioni diverse di generi portando alla nascita di coppie che ormai percepiamo come un solo genere: Action-Adventure, Survival, Action RPG ecc.
Ma in tutta questa evoluzione (positiva) dell’industria videoludica si è perso un po’ di vista un punto molto importante. Perché esistono i generi videoludici e qual è la loro funzione?
Come già accennato poco più su in questo articolo, categorizzare è una delle attività per risparmiare energie preferite del nostro cervello. Per questa ragione quando dobbiamo decidere a quale gioco donare il nostro denaro sudato, a quale gioco dedicare tempo e passione cerchiamo categorie che ammiccano ai nostri desideri o gusti.
Dal lato dello sviluppatore questo è praticamente marketing.
Dunque i generi descrivono macro elementi di gameplay, ci danno delle aspettative e ci preparano psicologicamente alle sfide che affronteremo.
Ed è proprio qui la mia critica.
A oggi i generi sono così diversi rispetto alla loro natura originaria e sono così variegati all’interno che non ci comunicano più nulla. I generi non bastano più e dovremmo andare verso una classificazione diversa.
Non ci credete?
Facciamo un breve gioco, un quiz.
Io vi dico solo i generi legati ad alcuni giochi (generi presi da Internet, unendo quelli presenti sugli store digitali) e voi provate a indovinare il gioco in questione, col primo che vi viene in mente. Alla fine di questo articolo vi dirò quali sono e vediamo quali rientrano nella stessa combinazione di generi.
Ora che abbiamo introdotto il problema e il ruolo dei generi videoludici, cerchiamo di capire cosa è un genere.
Come diceva Jesse Schell in “The Art of Game Design”, al mondo del videogioco manca il proprio Mendeleev, manca qualcuno che definisca cos’è un gioco, che crei una tavola periodica dei videogiochi e del game design. D’altronde come possiamo accordarci sui generi se non possiamo accordarci sulla definizione di gioco?
Quello che possiamo dire con sicurezza è che:
I generi dei videogiochi sono categorie vaghe che descrivono gli aspetti principali dell’esperienza videoludica (Gameplay) di un determinato gioco senza riferimento alcuno alla resa grafica.
Dunque, per usare un linguaggio della teoria MDA, un genere è individuato da meccaniche e dinamiche. Dove come meccaniche si intendono sistemi inseriti dagli sviluppatori nel gioco con cui il giocatore può interagire e dinamiche come interazioni e relazioni che scaturiscono dall’interazione tra giocatore e meccaniche.
Esempio più banale: la meccanica principale di Among Us è quella di avere ruoli differenti e nascosti. L’antagonismo, la paranoia e il fazionalismo che i giocatori tendono a vivere durante una partita sono le dinamiche.
Il problema è che definire un genere così è faticoso e riduttivo. Andrebbe aggiornato ogni qual volta un nuovo gioco esce e innova. Oltre che le persone realmente interessate a questo tipo di definizione sono poche.
La mente del giocatore è molto simile a un classificatore non supervisionato informatico.
Vi spiego: un classificatore non supervisionato in informatica prende una serie di dati in input e li raggruppa per somiglianza e non per i tratti che li definiscono.
Noi giocatori (e mi ci metto pure io in mezzo) facciamo la stessa cosa con i videogiochi. Basti vedere il “genere” “Souls-like”, o “Rogue Like” o “Metroidvania” (Metroid + Castlevania).
Un genere è definito dai grandi giochi che lasciano il segno. Ma anche questo tipo di categorizzazione è pessima, perché per la sua comprensione presuppone una conoscenza pregressa che non è necessariamente presente. Solitamente la risposta è un misto tra i due, e per molti anni è andato bene.
Il problema sorge di nuovo quando passano gli anni e il genere si evolve. Il GDR ai tempi di Ultima non è più il GDR del 2022. Visto che il cambiamento, che l’evoluzione è inevitabile, come risolviamo questo problema?
Tag, tag, tag!
Proprio per la lunga tradizione di videogiochi nei generi sopracitata non avrebbe senso rimuovere completamente i generi come classificazione, ma è chiaro che non bastano. La risposta e la soluzione è in un approccio multi livello.
Un po’ come l’informatica divide le responsabilità della comunicazione sulla rete su più livelli ciascuno trasparente tra loro (Stack ISO/OSI guardo te), così i videogiochi possono essere descritti per generi e tag.
E come nell’informatica, tag e generi non devono poter esistere da soli.
I tag possono descrivere l’estetica, le componenti del gioco, le meccaniche che non sono tanto centrali da definire il genere del gioco ma sono ugualmente presenti. I tag possono indicarci che tipo di gioco e che tipo di trama, e non devono essere una lista predefinita, l’importante è che siano intuitivi.
Riprendiamo il quiz di prima.
Se vi dicessi che il gioco 1 è un Action-Adventure (Generi) Western-Cinematico-OpenWorld-ThirdPerson (Tag)? Avete già un’idea migliore?
Il Gioco 1 è infatti Red Dead Redemption 2. Ma secondo i game awards anche Stray è un action adventure. Ma su steam anche Dying Light 2 e It Takes Two sono action adventure. Questi giochi forse condividono l’idea di alcune meccaniche, condividono forse alcune emozioni tra loro, ma sono estremamente diversi.
Se vi dicessi che il gioco 2 è un Survival (Genere) OpenWorld-PostApocalittico-Multiplayer (Tag), qual è secondo voi?
È DayZ, ma considerando solo i generi potrebbe essere anche Minecraft, o il dimenticato Unturned, o Valheim. Questo è un caso limite, perché alcuni di questi condividono molte meccaniche ma poche dinamiche (Minecraft-Valheim, DayZ, Unturned). Comunque anche qui i generi non riescono realmente a descriverli. Non è detto che a chi piace Minecraft piaccia anche DayZ.
Se vi dicessi che il gioco 3 è un Action-RPG (Genere) SoulsLike-Fantasy-OpenWorld (Tag)?
Facile no? È Elden Ring. Ma potrebbe essere anche Mass Effect o AC:Valhalla. Questo è un caso di somiglianza parziale. Si è vero tutti e tre sono action e tutti e tre hanno meccaniche GDR, ma sono profondamente diversi sul tipo di meccaniche action e GDR che usano e come presentano l’esperienza.
Proviamo ad aggiungere i tag agli altri giochi.
In realtà i tag potrebbero essere potenzialmente infiniti e posso anche inserire generi come tag senza creare alcuna ridondanza, ma lasciando intuire il ruolo secondario.
Questo tipo di classificazione è già presente sullo store di Steam che li chiama “Etichette”. Le etichette su Steam sono molto generiche e posso andare da “Mondo Aperto” a “Storia ben curata” a “Umorismo Nero”. Questi tag non dipendono dal genere e non definiscono un sottogenere anche se possono essere frequenti. Ad esempio nel genere avventura su Steam vi è suggerito “Storia ben curata” come etichetta da “sotto genere”, ma è anche presente in Divinity 2 Original Sin e Cyberpunk 2077 che non sono genere Avventura.
Dunque anche se un tag è molto frequente per un genere, e potrebbe creare un sottogenere non lo fa. La maggior parte dei giochi di avventura hanno la storia ben curata, ma non è vero che la maggior parte dei giochi con una storia ben curata sono giochi d’avventura. Un gioco secondo questo paradigma è quindi descritto da una combinazione di genere e tag.
Prendete i giochi nella vostra libreria e provate a dividerli prima solo per generi e poi provate a usare i tag e notate quanto più accurata la descrizione si faccia.
Ora che ho spiegato il problema e proposto una soluzione, cerco di convincervi sul perché questo problema è importante e dovrebbe essere un argomento a cuore della maggior parte dei videogiocatori.
Un linguaggio preciso, accurato, scientifico anche, per descrivere un fenomeno artistico (quale spero tutti pensiamo siano i videogiochi) permette di esporre critiche ben mirate, e di parlare con estrema precisione e fare ricerca. Come la tavola periodica di Mendeleev ha riordinato i pensieri e dato il via, anche a noi videogiocatori serve qualcosa del genere. Soprattutto permette a noi videogiocatori di esplorare nuovi giochi con meno rigidità, perché magari non siamo legati ad un genere ma ad un tag.
E di mezzo ci evitiamo anche problemi come Stray come action adventure.
E tanto per chiudere il cerchio, e parlare dei Game Awards, da cui tutta questa polemica è iniziata, secondo me il “miglior gioco del genere X” è un modo di premiare sbagliato. Perché così vince spesso il gioco grande, il gioco che spacca e magari i giochi più piccoli che meritano non possono tenere testa. Le eccezioni a questo scenario ci sono (Hades primo tra tutti, ha spaccato di tutto come indie), ma secondo me si dovrebbe andare in una direzione dove si premiano sviluppi specifici (tipo gli oscar), o premi con una certa narrativa, tipo quelli di Steam (ad esempio il Premio “Labor of Love”).
Smettiamola di provare a rendere semplice un mondo che non può essere descritto semplicemente. I videogiochi sono complessi e sono belli come tali. Un po’ come le persone.
Vi aspetto sul gruppo telegram per discutere di generi e tag, anche se non siete d’accordo venite e taggatemi (Ba dun tsss), discutiamo ed evolviamo anche il linguaggio dei videogiochi, per il bene dell’industria e il nostro.
This post was published on 7 Dicembre 2022 12:30
C'è la possibilità di leggere e di ritirare le raccomandate online. La possibilità viene offerta…
PlayStation 5 Pro è disponibile da meno di un mese, ma già sta dando i…
Avere un device a prova di cybercriminali è pressoché impossibile e neanche il tuo Mac…
Un'occasione imperdibile per il Black Friday di Amazon: uno dei migliori monitor progettati da MSI…
Grandi notizie per tutti gli appassionati delle grandi feste e dei momenti memorabili: il capodanno…
Siamo stati a Francoforte per un'anteprima di Dinasty Warriors: Origins alla presenza del director del…