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Speciali

Elden Ring | #SEIMESIDOPO

Placati gli schiamazzi col tempo, scemata l’orda di Astrologi, Guerrieri, Confessori e altri viandanti, l’Albero Madre è ancora lì, ad avvolgere l’Interregno con i suoi rami sinuosi, ad accarezzarlo con le sue foglie dorate che lentamente si posano a terra.

Sono passati poco più di sei mesi dal lancio sul mercato di Elden Ring, da quando cioè la campagna di comunicazione e di marketing roboante imbastita da Bandai Namco ha trovato il suo compimento e giocatori di tutte le piattaforme supportate si sono fiondati nel primo open world firmato FromSoftware.

Parliamo di quasi 18 milioni di persone a livello mondiale (secondo gli ultimi dati condivisi dall’azienda nipponica), di un picco di 952.000 giocatori simultanei su Steam, rendendolo il quinto videogioco della storia della piattaforma con più giocatori attivi, il primo se si prendono in esame le sole produzioni con focus sul giocatore singolo.

Insomma, l’insolita coppia di Hidetaka Miyazaki e George R.R. Martin ha fatto centro e dopo i clamori iniziali, possiamo ora distenderci a un falò (a un luogo di grazia, forza dell’abitudine) per riflettere sul recente passato, analizzare il presente e proiettarci al futuro. Avviso a tutti gli esploratori che devono ancora percorrere il loro viaggio nell’Interregno della presenza di possibili spoiler.

Aspettative e premesse

Un nuovo viaggio ha inizio.

E3 2019, il mondo intero conosce Elden Ring. Il trailer di presentazione, tutto in computer grafica, rimbomba di regalità grazie alla traccia musicale firmata Yuka Kitamura. Come ha spiegato successivamente il compositore (attraverso un articolo condiviso sul PlayStation Blog a settembre 2022), fu necessario imprimere un’idea precisa nelle menti degli spettatori: il prossimo gioco diretto da Miyazaki e soci sarà diverso da Dark Souls e da Bloodborne.

Con la trilogia completa alle spalle da un lato e l’esclusiva PlayStation dall’altro, dalle primissime sequenze e dalle successive traspariva una dichiarazione d’intenti lampante: evolvere le idee alla base che caratterizzano il team dai tempi di Demon’s Souls apponendone delle altre e spingersi oltre i confini fino a ora sfiorati, infrangendo le barriere delle mappe anguste verso un mondo aperto, libero.

LEGGI ANCHE: Elden Ring | Recensione (PS5) | Il viaggio di un Senzaluce

Da un lato i non morti (leggasi i fan) in cerca di nuovi stimoli fremevano alle possibilità di un connubio tra open world e la maestria di FromSoftware nel level design, dall’altro sarebbe indegno non considerare la potenza mediatica e di markenting data dal nome di Martin.

L’autore noto per il ciclo delle Cronache del ghiaccio e del fuoco si era infatti accordato per contribuire all’edificazione di questo nuovo mondo in rovina, ma prima di toccare il gioco con mano non era chiaro quanto sarebbe stata visibile la sua impronta.

Storie dell’Interregno: tra potenze e debolezze

Il connubio tra i temi cari a Miyazaki e gli sporchi intrighi medievali a firma dello scrittore statunitense si palesa nella trama oltre che nel world building tutto, esplodendo di ora in ora in un dedalo di tradimenti, alleanze fittizie e ancora di ricerca di se stessi in una fede o in un’altra. Come in Dark Souls, non mancano i rimandi e le allegorie a immagini filosofiche, a discorsi religiosi, ma con lo zampino di Martin assumono connotazioni più nobili, spesso più infide.

Non è intenzione di questo speciale raccontare la storia di Elden Ring passo dopo passo; nondimeno descriverne alcuni punti permette di carpire le differenze e le somiglianze rispetto al passato dello studio nipponico, oltre alla potenza narrativa della loro ultima fatica presa a sé stante.

In tale senso s’inserisce la nuova variante di forza primigenia con il Crogiolo, forma primordiale dell’Albero Madre. A incarnare le espressioni di questo ultimo sono i draghi antichi, dotati di un respiro di fuoco, di corna e di coda. Tutt’ora questi ultimi popolano l’Interregno ed è possibile ammirare Greyoll, la madre di tutti loro, attorno al Dracotumulo di Caelid.

L’evento più dirompente nella terra di mezzo made in FromSoftware è l’arrivo della Volontà Superiore, divinità esterna che soppiantò quella venerata dai draghi antichi. Una meteora giunta dallo spazio impiantò nel Crogiolo la Belva Ancestrale, portando alla nascita dell’Albero Madre. Potere terreno di stampo naturalistico da una parte, energia aliena e spaziale dall’altra: più variabili da considerare rispetto alla fiamma nata nel 2011.

Affamati d’immortalità o di un Credo come rifugio – sia l’Ordine aureo, quello di Villa Vulcano o un altro – i personaggi di Elden Ring risuonano del carattere di Hidetaka Miyazaki, così teatrali e melodrammatici, decadenti o fiduciosi nei riguardi del loro posto nel mondo. Più che nel mero numero, a complicare le cose per i divoratori di lore sono le relazioni tra i protagonisti, scoprendo il fianco a un modo straniante d’interpretare gli scambi tra uno e un altro, così come tra loro e il giocatore.

Mi riferisco per esempio alla mancata reazione di ogni attore in gioco dopo la scoperta dello scheletro nell’armadio di Radagon: un’epifania inspiegabilmente appannaggio di pochi e la cui importanza viene sporcata dal semplice design di una statua che sfocia in sembianze diverse.

Parlo inoltre d’incongruenze nei percorsi di determinate sotto trame: dall’iniziale immobilità di Sellen, incapace di partecipare alle scoperte del Senzaluce, fino a Hyetta che da non vedente riesce a superare zone laviche e altre per dove moltissimi hanno fallito.

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Si trattano d’increspature microscopiche su una linea altrimenti equilibrata e pulita, ma che, a distanza di oltre sei mesi dal lancio del titolo, vanno segnalate per contestualizzare il suo lascito nel mercato e il ricordo in chi lo ha vissuto.

I segreti dell’Interregno e in particolare di chi vi abita saranno scoperti solo da coloro i quali faranno i giusti collegamenti, specie se aiutati da un pizzico di ottima memoria. L’aggiornamento portatore dei simboli sulla mappa indicanti i vari personaggi sembra un silenzioso mea culpa da parte degli sviluppatori: l’ingrandimento di storie e di spazi rispetto al passato del team avrebbe dovuto essere accompagnato da una serie di aiuti per il giocatore, di accorgimenti affinché il passaggio a un’impalcatura open world fosse morbido e facilitato.

Non è stato così: la mole di descrizioni, punti di riferimento, personaggi importanti che si spostano da un luogo a un altro è tale da soverchiare tanti senza vergine. Alcuni sui social network condivisero i propri diari di viaggio in formato carta e penna, lasciando forse intravedere una breccia nel calcolato sistema di FromSoftware.

Badate bene: non voglio dire che esista una correlazione totale tra i due fattori, né che sia sconsigliato prendere degli appunti (anzi, può divenire un modo per arricchire l’interazione virtuale con un’azione reale); solo, lanciare una moltitudine di nomi in un campo così ampio avrebbe meritato un’attenzione specifica e diversa.

Mondo aperto e DLC: il futuro di FromSoftware?

Provata l’ebrezza di uno scenario aperto, tornare indietro potrebbe essere difficile. Certo, gli indubbi talenti di casa FromSoftware possono applicarsi a produzioni di stampo diverso (forse anche a base di mecha), ma il sistema di Elden Ring rappresenterebbe un buon compromesso tra il purista dei souls e l’entusiasta di esperienze inedite.

Ciò che permette a questo ultimo di vincere su altre produzioni dall’impalcatura simile, è la capacità di sorprendere e premiare la curiosità esplorativa del giocatore: data una libertà di movimento massima, il Senzaluce può correre verso Grantempesta, spostarsi a Caelid a suo rischio e pericolo, o prepararsi ai misteriosi nemici procedendo verso Sud di Sepolcride. Quale sia il punto cardinale scelto, una o più scoperte attenderanno il volenteroso guerriero.

Ebbene, a questa auto gestione si aggiungono i legacy dungeon, continuo sfoggio di un level design maturo, affinato in anni di grandi prove. I limiti delle vecchie aree si frantumano e le mappe della loro ultima fatica permettono di sbizzarrirsi pure sull’asse verticale, mantenendo intatta la coerenza interna di posizionamento di nemici e oggetti.

Non solo, da un lato commerciale e artistico insieme, Elden Ring può fare felici tanto gli editori quanto gli autori, considerando le possibilità future: trame secondarie, storie accennate, tutti ingredienti per dei DLC che non mi stupirebbe se fossero annunciati.

Da tale sistema ne giova inoltre il lato GDR: proprio in virtù di quanto spiegato, gli equipaggiamenti quanto le armi arrivati anche solo oltre il Monte Gelmir sembrano offrire possibilità tendenti all’infinito. Considerate pure le Ceneri di guerra, un amante di questa formula non potrà che apprezzare l’idea di studiare ancora e ancora la miscela per una build perfetta.

Giocare a Elden Ring dopo sei (più due) mesi?

La risposta è un grande almeno quanto il Gigante di fuoco, a prescindere dal contesto o condizioni specifiche. Prima di tutto, Elden Ring è significativo tanto per il curriculum dello studio giapponese, quanto per il mercato videoludico intero, vedendosi assegnato il riconoscimento (ancora senza legittimità ufficiale, purtroppo) di esperienza da vivere per la propria cultura nel panorama dell’intrattenimento.

In seconda istanza, chi non ha passato attraverso la nascita della community online del gioco, dei trucchi, dei segreti spiattellati sul web e del progressivo arricchimento di pagine e pagine di approfondimenti, troverà ad accoglierlo un mondo virtuale e reale di aiuti, di stimoli. E se siete proprio in cerca dell’Elden Ring, beh, per quello toccherà sporcarsi le mani e adorare l’Albero Madre, oppure bruciarlo e lasciare l’Interregno nella sua decadenza perpetua.

This post was published on 5 Dicembre 2022 12:30

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