Saturnalia (leggi qui la nostra recensione), sviluppato da Santa Ragione, è uno dei prodotti più interessanti di questi ultimi mesi usciti dalla “filiera” dell’industria videoludica italiana, la quale si sta facendo sempre più largo nel panorama europeo dei videogiochi grazie a una maggiore tutela offerta da IIDEA (ex AESVI), che rappresenta i produttori di console, editori e sviluppatori di videogiochi operanti in Italia, il coinvolgimento di associazioni che hanno capito l’importanza del videogioco in quanto forma artistica e medium di intrattenimento e divulgazione – Saturnalia è nato con la partecipazione della Sardegna Film Commission, fondazione che vuole valorizzare il patrimonio sardo – e la maggiore consapevolezza proprio dei giocatori che non vedono più nel prodotto italiano amatorialità e basso profilo.
Le produzioni videoludiche italiane in molti casi si staccano dal proprio territorio ed esplorano generi e meccaniche sdoganate dalle grandi produzioni internazionali, basti pensare a Soulstice (leggi qui la nostra recensione) che sperimenta le dinamiche dello stylish action à la Devil May Cry e Bayonetta, mentre in altri casi attingono dal nostro paese traendo ispirazioni da altri media (Milanoir, dello studio milanese Italo Games, si ispira ai poliziotteschi, genere cinematografico in voga negli anni ’70 che rappresentava in modo particolarmente violento la criminalità italiana) o dalle storie regionali.
Le regioni italiane sono ricche di storia e di “saggezza popolare”, questo fa sì che l’horror possa rivelarsi un genere adatto proprio a un videogioco nostrano. Per horror italiano si può intendere semplicemente una storia da brivido ambientata in Italia senza alcuna connotazione popolare, il cinema e la letteratura sono pieni di esempi, o un racconto che ha le sue radici nella cultura autoctona. In quest’ultimo caso abbiamo ovviamente il folk horror. Questa definizione viene poco usata in Italia perché si pensa che il nostro paese abbia pochi riferimenti di natura misterica, mitologica e, più banalmente, mostruosa. Il folk horror è solitamente collegato alle nazioni asiatiche come Giappone, Taiwan, Thailandia, Corea, e a certi periodi della storia sia americana sia europea (esempio sempre valido è la famigerata caccia alle streghe che viene posizionata cronologicamente dalla seconda metà del 1400 al 1750).
In realtà, l’Italia ha moltissimo materiale per un folk horror, materiale derivante da miti, leggende, racconti popolari, credenze che nascono nei paesi rurali e si diffondono anche solo semplicemente attraverso detti e superstizioni.
Uno degli aspetti più interessanti di Saturnalia è la costruzione del setting e di come questo cambi per disorientare il giocatore. Santa Ragione non è un team sardo, ha sede a Milano, il suo fondatore Pietro Righi Riva è nato nel capoluogo lombardo, mentre l’art director Nicolò Tedeschi è veronese, quindi perché ambientare il gioco in Sardegna? Nell’intervista rilasciata da Riva alla nostra redazione (qui per leggerla tutta) viene spiegato ciò:
Secondo me l’horror è un genere in cui gameplay e narrazione hanno una relazione molto forte, perché nell’esplorare, nello scappare, nello scoprire, nelle azioni che fai in gioco è già inclusa una componente narrativa. L’ambientarlo in Sardegna è una decisione che ci è venuta quasi immediatamente, perché l’isola è un luogo che secondo noi si presta moltissimo all’horror data la sua sconfinata abbondanza di folklore, di stratificazioni di culture, di storie e di maschere
Questa affermazione spiega molto bene il processo di creazione dell’ambientazione di Saturnalia. Ogni volta che si muore, il villaggio in cui si muovono i personaggi cambia la propria conformazione, posizionando diversamente i luoghi di interesse. Questa dinamica procedurale va ad aumentare il senso di disagio e di disorientamento del giocatore che si ritrova in una trappola in continuo mutamento. Ci sono territori, più di altri, che permettono questo tipo di sviluppo perché già naturalmente strutturati in modo così peculiare da sembrare labirinti architettonici.
Io non ho mai visitato la Sardegna, invece il nostro Alessandro Colantonio, autore della recensione, ci è stato e mi ha confermato che molti paeselli sardi, soprattutto quelli nell’entroterra e con un forte retaggio rurale, presentano una conformazione in grado di stranire chi non conosce bene questa regione.
Stradine che si incrociano, edifici in granito che fanno sentire il peso della loro storia (in alcuni borghi c’era presenza umana già nel Neolitico), vicoli strettissimi, archi bassi, muri obliqui e scalinate che non ispirano il massimo della sicurezza sono solo alcune delle caratteristiche architettoniche di villaggi talmente legati alla tradizione e alla propria cultura da sembrare sospesi nel tempo. Addirittura, in certi edifici le scale non portano ai piani inferiori o superiori, ma al piano stesso da cui partono. Non chiedeteci il perché, ma è così. Uno scenario surreale da visione onirica allucinatoria di un film di David Lynch.
E così è Gravoi, il paesino fittizio in cui è ambientato Saturnalia… fittizio, fino a un certo punto. Facendo una rapida ricerca è possibile imbattersi in Gavoi, un comune in provincia di Nuoro che presenta moltissime similitudini con la sua controparte videoludica. Quando ho visto le foto, pensavo di aver caricato un file di salvataggio di Saturnalia:
Non è solo Gavoi ad avere questo stile, la quasi totalità dei piccoli paesi sardi propone questa vista ai turisti. I capoluoghi di provincia non sono comunque esenti dall’essere labirintici e claustrofobici, ad esempio Sassari
Santa Ragione ha saputo cogliere, rivestendola di un’estetica appropriata al tipo di gioco, l’essenza dei villaggi rurali della Sardegna, riuscendo a farla combaciare perfettamente con gli scopi narrativi e ludici di Saturnalia. È infatti nelle zone rurali che prendono forma le figure e gli archetipi che vanno a delineare il folklore popolare, ovvero quell’insieme di credenze, superstizioni e tradizioni tramandate nei secoli dalle persone facenti parte degli strati sociali più bassi legati perlopiù all’agricoltura, difatti questi formavano le cosiddette società contadine. Ed è proprio in una società contadina che nascono i culti che spesso sono la fonte primaria delle tradizioni più antiche.
I culti di tipo religioso avevano un ruolo venerazionale nei confronti delle divinità a cui le famiglie contadine chiedevano, anche a seguito di sacrifici animali, di vegliare sul raccolto, di rendere fertile una terra e abbondanti i suoi frutti. Il videogioco in questione si intitola per l’appunto Saturnalia che indica una festività antichissima che si svolgeva seguendo proprio questa liturgia. ma ci torneremo dopo.
Saturnalia ci accoglie con una schermata del titolo accompagnata da una filastrocca inquietante recitata da una voce femminile:
Luna nuova, cielo nero
Urla il vento al cimitero
Sasso, ferro, campanaccio
Ringhia il lupo nel crepaccio
Questo è solo l’incipit di una litania che sembra essere stata inventata proprio dal team di Santa Ragione, non abbiamo avuto altri riscontri. Inoltre, non appena si disfano le valigie, termina il prologo e partono i titoli di testa con in sottofondo una lirica intitolata Passacaglia dei Saturnalia composta apposta per il gioco e ispirata alla Passacaglia della vita (Homo fugit velut umbra), un’opera di autore anonimo del 1657 che ha come ultimo verso di ogni quartina la frase: bisogna morire.
La morte crudele
a tutti è infedele
ogn’uno svergogna
morire bisogna
Abbiamo dunque due dei pilastri del folk horror: la filastrocca o il racconto popolare e il lirismo, inteso come espressione di una forma artistica, che sia poesia, musica o pittura. La religione e il racconto popolare sono due elementi molto importanti nel folklore italiano e hanno un legame più stretto di quanto si possa immaginare. Il racconto popolare nasce spesso come un monito o come consiglio per vivere una vita virtuosa, scansando i pericoli e ricercando proprio quella saggezza di cui abbiamo parlato qualche paragrafo fa. La religione, d’altro canto, è venerazione di entità al di sopra della nostra conoscenza, pertanto è strettamente legata anche all’altra faccia della medaglia: la paura di imbattersi o in divinità sfavorevoli o nel maligno. L’eterna lotta tra bene e male, insomma.
In entrambi i casi – fiaba e religione – abbiamo dunque il monito a seguire un percorso retto per non imbatterci nel maligno (sotto forma di tentazione e peccato) o in creature pericolose (il lupo cattivo). I racconti popolari, le fiabe, gli stessi proverbi non nascono in forme infantili e innocenti, bensì hanno connotazioni oscure. Noi conosciamo le fiabe per come ce le hanno raccontate le nostre nonne, per come ce le ha mostrate la Disney, ma sono versioni edulcorate. Rimanendo in Italia, quindi senza scomodare Perrault, i fratelli Grimm e Andersen, basta leggere Lo cunto de li cunti del napoletano Giambattista Basile per rendersi conto di cosa fosse un racconto popolare.
È un continuo sterminio: principesse che vengono violentate, personaggi che vengono rinchiusi in botti e lanciati vivi nei fiumi, vecchiette letteralmente scorticate e antagonisti che vengono accecati da corvi per punizione. Quest’ultimo punto è interessante perché si ricollega proprio a una leggenda che trae origine da una festa religiosa presente nella struttura narrativa di Saturnalia: la festa di Santa Lucia. E qui arriviamo al titolo del gioco che infatti si riferisce ai Saturnali, un ciclo di festività di epoca romana che si svolgeva dal 17 al 23 dicembre.
Il nome derivava ovviamente dal dio Saturno che si insediava nel proprio tempio, questo era motivo di festeggiamenti che si svolgevano con banchetti e sacrifici. Quest’ultimi servivano a convincere Saturno, che nel mentre vagava sulla terra durante il periodo invernale, a tornare tra gli Dei in modo da rendere di nuovo fertili i terreni (ci ricolleghiamo, quindi, ai culti delle società contadine). Cosa c’entra Santa Lucia? I Saturnali oggi sono identificati con varie festività, tra cui il Natale e le feste patronali, Santa Lucia si festeggia il 13 dicembre, pertanto cade più o meno nello stesso periodo.
Nel videogioco di Santa Ragione, i protagonisti si ritrovano, per motivi diversi, a Gravoi proprio durante i festeggiamenti che culmineranno nella Processione di Santa Lucia. Martire del IV secolo durante la persecuzione ai danni dei cristiani voluta da Diocleziano, Santa Lucia veniva invocata per il raccolto del grano, ad esempio a Ghilarza, in provincia di Oristano, c’era tradizione di mandare i bambini a chiedere su trigu de santa Lughia, ovvero il grano di Santa Lucia. Essa è anche patrona di Siracusa, in Sicilia, e protettrice dei ciechi e degli oculisti, in alcuni comuni la si prega dicendo: Santa Lughia reguardàemi sa vista mia (salvaguarda la mia vista). Nel videogioco, ci viene raccontato che, secondo la tradizione, Santa Lucia porta i regali ai bambini buoni, ma con un risvolto macabro. I bambini che disobbediscono guardandola in volto mentre porta i doni vengono accecati. Questo è un altro caso di mito/racconto popolare che ha risvolti inquietanti perché nato con intenti “educativi” poco ortodossi.
Il fatto che Saturnalia abbia come punto di partenza una festa religiosa spiega come sia quasi impossibile eliminare l’elemento sacro dal folk horror italiano, questo avviene perché la tradizione popolare italiana è intrisa di religione. La maggior parte delle credenze nostrane nascono dalla religione o hanno punti in comune con essa, e ciò permette a chi sviluppa un titolo horror di utilizzare questo elemento anche e soprattutto nella sua forma più estrema e occulta: l’esoterismo. Con questo termine si indica qualsiasi orientamento spirituale riservato a pochi eletti, da non diffondere pubblicamente. Nel mondo del cinema, il folk horror italiano è stato sviscerato molto più approfonditamente rispetto al videogioco, e in tutti i casi la religione e l’esoterismo sono state componenti imprescindibili.
Il maestro del folk horror italiano è Pupi Avati, le cui atmosfere e tematiche possono essere ritrovate in Saturnalia. Il film che maggiormente ha dato forma all’orrore popolare in Italia è La casa dalle finestre che ridono (1976) che vede protagonista un giovane restauratore che si reca nella provincia ferrarese per ridare il vecchio splendore a un affresco, dipinto da un artista morto suicida, che ritrae il martirio di San Sebastiano.
L’Italia è ricca anche di creature fantastiche e terrificanti. In Saturnalia, è presente la meccanica della fuga da un nemico stalker, cioè impossibile da uccidere e perennemente in agguato. Questa è ormai onnipresente nei videogiochi horror moderni ed è stata mutuata da Resident Evil, con Nemesis che ha fatto da apripista.
Nel videogioco di Santa Ragione, la Creatura non ha un nome preciso, ma le sue fattezze possono farla ricondurre ai Mamuthones. Queste sono maschere tipiche del Carnevale di Mamoiada, uno degli eventi più celebri del folklore sardo. I Mamuthones sono parte integrante della processione, procedono affaticati e indossano una maschera lignea di colore nero. Il corpo è ricoperto di pelli di pecora, mentre sulla schiena vengono posti dei campanacci.
La loro origine non è chiara, secondo una tesi risalirebbe all’età nuragica (1700-700 a.C. circa) e il culto a loro dedicato sarebbe nato per venerare gli animali, respingere gli spiriti maligni e chiedere un raccolto abbondante.
Un’altra figura che potrebbe aver ispirato la presenza demoniaca che si aggira a Gravoi è l’Ammuntadore, una creatura che attacca le persone nel sonno infestando i loro incubi. Questa credenza ha origini romane, risalente a quando l’Impero Romano si impossessò della Sardegna a seguito della prima Guerra Punica, infatti gli Incubi per i romani erano spiriti maligni che si appostavano sulle vittime durante il sonno.
Maurizio Masala, docente all’università di Cagliari, descrive così il suono dei Mamuthones nel suo saggio del 1971 Il simbolismo dei Mamuthones di Mamoiada:
A mano a mano che quel rumore si fa più vicino, quando le sinistre figure compaiono all’improvviso dal fitto delle tenebre come fantasmi dai movimenti solenni e drammatici, esso si trasforma in una sarabanda infernale, in un frastuono sempre più cupo e ovattato, indistinto e privo di armonia, di una primordialità che lascia sgomenti.
E infatti, in Saturnalia, il giocatore viene avvisato della presenza della Creatura da un suono demoniaco che si fa via via più intenso, come se l’Inferno si stesse avvicinando inesorabilmente. In conclusione, possiamo dire che Saturnalia presenta tutti gli elementi del folk horror italiano e li mette insieme creando un prodotto dal grande fascino. Il lavoro svolto da Santa Ragione può essere d’esempio a chi in futuro vorrà raccontare attraverso il videogioco il folklore italiano che merita di essere diffuso a macchia d’olio. I nostri miti e le nostre tradizioni non sono seconde a nessuno.
This post was published on 31 Ottobre 2022 16:45
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