È il 18 Dicembre del 1987 quando sugli scaffali giapponesi atterra un nuovo titolo per NES, destinato a catturare l’attenzione e la curiosità di migliaia di appassionati.
Grazie ad una copertina splendidamente illustrata, insolita e ricercata, riesce a distinguersi soltanto con la sua boxart, evitando gli ipertrofici musclemen e le sgargianti esplosioni tipiche dei packaging dei giochi a 16 bit.
Una cover ben lontana anche dai canoni estetici dei titoli giapponesi, come Zelda o Super Mario, che puntano ancora oggi a catturare giovani nintendari con i loro colori saturi, i protagonisti buffi o giovanili e gli sfondi sempre coloratissimi. In questo nuovo titolo di Square troviamo invece uno sfondo bianco che va a incorniciare un cavaliere slanciato, dai tratti fortemente maturi e drammatici, colorato con tocchi acquarellati.
Il misterioso guerriero al centro della copertina è dotato di lineamenti delicati e di una corazza dominata da una tonalità violacea, che per design e accostamenti cromatici sembra provenire da un mondo antico, lontano e mai visto. Il curatissimo logo che riporta il titolo è rappresentato utilizzando uno stormo di diamanti azzurri che danno vita a dei kanji brillanti, traducibili semplicemente con due parole: Final Fantasy.
Il primo JRPG di Square Enix (all’epoca SquareSoft) non solo darà inizio ad uno dei franchise più amati e attesi del settore, ma introdurrà nel panorama videoludico uno dei più grandi e venerati artisti odierni, segnando per sempre la storia del medium e la sua carriera: il suo nome è Yoshitaka Amano.
Grazie al fondamentale lavoro svolto per la saga creata da Hironobu Sakaguchi, a cui Amano ha regalato un numero gigantesco di concept art e loghi, sono in moltissimi ad aver ammirato almeno una volta le sue copertine o illustrazioni, quest’ultime indispensabili per aiutare gli sviluppatori a dar forma ai fantastici mondi e gli amatissimi personaggi sparsi tra i numerosi capitoli della saga.
Amano nasce nel 1952 in Giappone, nella prefettura di Shizuoka, e sin da bambino sviluppa una viscerale passione per il disegno e tutto il mondo dell’arte figurativa. Il piccolo Amano è un bambino piuttosto fragile, spesso si ammala ed è costretto a rinchiudersi in casa, è così che il disegno diventerà un vero e proprio rifugio. Dopo aver disegnato per ore, giorno dopo giorno, qualsiasi cosa gli passasse per la testa a soli 14 anni raggiunge un’abilità tale da catturare le attenzioni di Tatsuo Yoshida: il fondatore della casa d’animazione Tatsunoko Production.
Amano lavorerà alla Tatsunoko per 15 anni, periodo di grande crescita artistica nel quale curerà quasi esclusivamente i character design di alcune delle più importanti serie prodotte dalla Tatsunoko: tra i vari progetti troviamo anche titoli amatissimi come Kyashan – Il ragazzo androide, Yattaman e Gatchaman.
“Quando avevo 14 anni, il mio migliore amico si era trasferito a Tokyo e sono andato a trovarlo. Capita che lo studio di animazione Tatsunoko Production era nelle vicinanze e quindi siamo andati lì per mostrare i miei disegni, dopodiché ho ricevuto un’offerta di lavoro. Inizialmente sono entrato nel team come animatore, ma una delle caratteristiche di Tatsunoko Pro era la produzione di serie originali. E così che sono finito a creare personaggi per loro fino alla fine dei miei vent’anni. I miei lavori sono stati utilizzati come base dagli animatori per varie serie trasmesse in televisione, tuttavia volevo che le persone guardassero direttamente i miei disegni, motivo per cui sono diventato un illustratore.“
Durante la sua carriera nel mondo dell’animazione, comincia a coltivare un profondo interesse per l’arte occidentale: tra le ispirazioni di questo periodo troviamo artisti del calibro di Andy Warhol, Peter Max e il fumettista americano Neil Adams. Tutte influenze che Amano non sopprime in alcun modo e che finiranno per ispirare l’iconica cifra estetica di numerosi progetti realizzati proprio per la Tatsunoko.
L’esigenza di evolversi costantemente, facendosi trascinare dalle travolgenti influenze occidentali, comincia a bussare sempre più forte. Convinto che quel lavoro stesse significativamente rallentando la sua crescita artistica, decide di lasciare la Tatsunoko e buttarsi nelle incertezze della vita da freelance. Amano spiega questa scelta come l’unica che poteva salvarlo da quella ingombrante stabilità, che pian piano stava incessamente limitando la sua creatività.
In questi quindici anni l’illustratore nipponico colleziona una lunga serie di stimoli e ispirazioni che da questo momento in poi, ormai libero dalle restrizioni dell’animazione seriale, riuscirà a incanalare e trasmettere in ogni sua pennellata, senza alcun limite, dando così vita all’inconfondibile “stile Amano”.
Tra i movimenti artistici che toccano più nel profondo il tratto dell’illustratore troviamo sicuramente l’Art Nouveau, da cui assimila la spettacolarità della natura e le tipiche linee dinamiche ornamentali. In particolare si riscontrano delle forti somiglianze con alcuni grandi nomi legati al movimento, come Alfons Mucha, Aubrey Beardsley e Gustav Klimt. Artisti dell’Art Nouveau che furono a loro volta influenzati, come Van Gogh e lo stesso Amano, dalle sgargianti stampe ukiyo-e diffuse in Giappone a partire dal periodo Edo, opere che ancora oggi riempiono le gallerie d’arte di tutto il mondo.
Altri pilastri della storia dell’arte, fondamentali per l’evoluzione dell’illustratore giapponese, sono il leggendario Leonardo Da Vinci e vari artisti legati al simbolismo, come il parigino Gustave Moreau e il russo Léon Bakst, da cui ruberà alcune delle tipiche atmosfere evanescenti e le affascinanti figure eteree.
Ma un nome che non possiamo evitare di citare, assolutamente fondamentale per il percorso artistico di Amano, è l’illustratore statunitense Frank Frazetta (1928-2010), figura importantissima per aver definito l’immaginario di Conan Il Barbaro e di conseguenza l’intero genere sword and sorcery. Poter mettere gli occhi sui mondi, le creature e i personaggi scultorei creati da Frazetta, genererà in Amano quasi un ossessivo interesse per l’estetica fantasy, portandolo da lì a poco a lavorare quasi esclusivamente su questo tipo di immaginari, perfetti per inserire senza limiti tutte le suggestioni stilistiche catturate fino ad allora.
I primi lavori da freelance di Amano consistono in alcuni piccoli progetti a fumetti e soprattutto cover realizzate per diversi romanzi giapponesi, tra i più famosi ricordiamo Guin Saga, serie di romanzi fantasy incentrati sul guerriero dalla testa di leopardo, e in particolare Vampire Hunter D, saga dark fantasy ambientata in un futuro post-apocalittico che racconta le gesta di D, un dampiro cacciatore di vampiri.
Amano non solo creerà l’aspetto iconico del protagonista, inventato dallo scrittore Hideyuki Kikuchi, ma il successo della fortunata collaborazione fu tale da portarlo a realizzare tutte le altre copertine di VHD, ad oggi una delle saghe letterarie più vendute della storia con oltre 17 milioni di copie vendute. La saga di Kikuchi iniziata nel 1983 è stata riproposta come videogioco, manga e anime, ed è tuttora in corso, arrivando a contare 40 pubblicazioni tutte impreziosite dalle splendide copertine di Amano.
La diffusione delle opere dell’artista nipponico catturerà anche le attenzioni del mercato occidentale e si ritroverà presto a lavorare come copertinista per diversi romanzi nati dalla penna di Michael John Moorcock, famosissimo seminale autore inglese, noto soprattutto per i suoi titoli di genere fantasy e fantascienza: se il nome non vi dice niente, vi basti sapere che alcune delle sue storie hanno contribuito alla nascita dell’amatissimo immaginario che oggi chiamiamo “cyberpunk”.
In questo periodo Amano comincerà una delle collaborazioni più interessanti della sua carriera, realizzando gli artwork e i character design del nuovo lungometraggio animato di Mamoru Oshii, regista che una decina di anni più tardi ci regalerà quel capolavoro di Ghost in the Shell.
Il film esce nel 1985 con il titolo di Angel’s Egg e si rivelerà uno dei prodotti più autoriali ed ermetici del regista giapponese. Caratterizzato da lunghe sequenze, lente e silenziose, Angel’s Egg è ambientato in un mondo post-apocalittico dotato di tinte fantasy: una dimensione oscura ed esoterica, permeata di riferimenti biblici, con atmosfere fiabesche, cupe e cariche di spietato cinismo.
“Era davvero il progetto di Oshii. Non sono sicuro di doverne parlare, ma all’epoca Oshii stava divorziando e aveva una figlia che non poteva vedere. Sentiva che stava creando dei ricordi e dei tempi infelici per sua figlia, e forse quell’esperienza aveva portato ad Angel’s Egg. Ma è qualcosa che ho scoperto soltanto in seguito.“
Per quanto riguarda il lavoro di Amano, caratterizzato da un’insolita cupidigia, possiamo ritrovare facilmente il suo inconfondibile stile nelle spettacolari scenografie e nei carismatici protagonisti del film, anticipando di qualche anno l’iconica cifra estetica che presenterà pochi anni dopo tra gli studi di SquareSoft.
“La mia visione del mondo e quella di Oshii sono un po’ diverse. Penso che Oshii abbia portato un’angolazione più religiosa al film, io ero più interessato alla parte fantasy. Questa è stata la nostra collaborazione. Quindi, quando guardi il film, la parte religiosa ed esoterica è Oshii e l’elemento fantasy sono io. Durante i lavori per Angel’s Egg sono andato più volte a guardare i fossili, e questa è stata una gran fonte di ispirazione per me.”
La trama di Angel’s Egg racconta l’avventura di una bambina senza nome, abbandonata a se stessa tra le mura di un’oscura e decadente città. Mentre tenterà di prendersi cura di un uovo, gelosamente conservato in grembo, la bambina incontrerà un guerriero che vaga portando in spalla un’arma cruciforme.
Se siete amanti dell’animazione giapponese e dei film autoriali, vi consiglio caldamente la visione, in un modo o nell’altro vi regalerà un’esperienza difficile da dimenticare.
Tornando alla storia di Amano, tutti i lavori visti fino ad ora attireranno in poco tempo gli occhi del giovane game designer Koichi Ishii, che contatterà l’illustratore nipponico con la speranza di inserirlo nel team di un nuovo videogioco in fase di sviluppo tra gli studi Square. All’epoca ancora chiamato Fighters Fantasy, il gioco, ideato dal collega Hironobu Sakaguchi, è un inedito e ambizioso JRPG che presto prenderà il nome di Final Fantasy.
La scelta di offrire il posto all’illustratore di Shizuoka va oltre la semplice e sentita ammirazione per i suoi fantastici lavori, ma nasce soprattutto dall’esigenza di allontanarsi significativamente dallo stile di Akira Toriyama e il suo lavoro svolto sul JRPG turn based più famoso dell’epoca: stiamo ovviamente parlando di Dragon Quest.
Esigenza curiosa se pensiamo che Sakaguchi desidera realizzare un gioco alla Final Fantasy dai tempi del primo Wizardry, uscito nel 1981, ma è soltanto dopo il successo del 1986 di DQ che i capoccioni di Square decideranno di credere nel progetto dando il via ai lavori. Curiosità a parte, basterà un’occhiata agli artwork di Amano per capire che è più che possibile trovare una spettacolare identità estetica, senza dover rischiare di sovrapporsi alle figure cartoonesche e variopinte proposte da Toriyama.
Fiducioso del potenziale artistico offerto dai videogiochi, Amano accetta la sfida e comincia a schizzare i primi personaggi di Final Fantasy. Di quei tempi, l’artista giapponese ricorda i suoi primi character design realizzati in pixel art, poiché convinto che il team li volesse già pronti per inserirli in game. Tuttavia, Sakaguchi ha tutt’altro piano in mente.
“All’epoca il fantasy era il tema che volevo disegnare di più. Ad essere onesto, non sapevo molto di videogiochi, ma volevo fare qualsiasi cosa che si collegasse al fantasy.”
La lunga serie di artwork realizzati da Amano hanno infatti uno scopo fondamentale: riuscire a sopperire, grazie alle sue illustrazioni e l’immaginazione del giocatore, a tutte le mancanze dettate dai limiti della grafica del tempo. Ciò che i pixel non potevano mostrare, lo doveva suggerire Amano attraverso le poche immagini presenti nella boxart e nei manuali.
Il team di SquareSoft lascia un’assoluta libertà ad Amano, convinti che sia l’unico modo per spronare al meglio un artista così viscerale e istintivo. La volontà è quella di mantenersi ben saldi alle ricercate scelte suggerite dall’artista, ma non sempre risulterà un compito facile. Non a caso, spesso troviamo delle differenze significative tra gli artwork e il mondo di gioco, una discordanza che non ha comunque mai tentato Square di tornare sui propri passi: la creatività del talentuoso Amano non doveva essere tappata in alcun modo.
Inoltre l’illustratore entra nel progetto quando i lavori sono già avviati, portando il gioco ad avere più di un elemento che non rispetta fedelmente le sue illustrazioni. Un esempio è il protagonista di FF, rappresentato in game con un omino dai capelli e vestiti rossi, mentre oggi è ricordato con l’iconico look presentato in copertina: un cavaliere dai capelli argentati e l’armatura violacea.
Il motivo? Semplicemente non avevano il tempo per ricostruire gli elementi sviluppati prima dell’arrivo di Amano. Nonostante tutto, grazie agli iconici design dei mostri, l’inconfondibile stile dell’illustratore giapponese riesce a funzionare anche riprodotto con una manciata di pixel, entrando di prepotenza negli schermi e nell’immaginario dei videogiocatori di tutto il mondo.
“Penso che la mia esperienza nell’animazione sia stata molto utile in questo. Perché nell’animazione è importante avere un design del personaggio che permetta allo spettatore di riconoscere la silhouette dei protagonisti anche da lontano. Caratteristica che ho tenuto a mente anche quando ho lavorato sui mostri di “FFI”, penso che sia per questo che si sono rivelati adatti anche alla pixel art.”
Il successo del primo Final Fantasy porterà l’anno dopo ad un sequel che sancirà la collaborazione tra Square e Amano. L’artista giapponese rimarrà infatti il main artist della saga fino al sesto capitolo, approdato sugli scaffali giapponesi nel 1994, continuando a collaborare con ruoli minori anche in tutti gli altri titoli: probabilmente la sua firma è l’unica che segna ogni gioco del franchise.
Perdersi negli artwork creati da Amano per FF è un viaggio verso un mondo onirico e sfuggente, dalle atmosfere memorabili. I personaggi che vivono nei suoi fogli sono spesso pallidi e spettrali, con capelli fluenti e fluttuanti. I lineamenti sono androgini e lo sguardo è sempre intenso, mentre le labbra sono spesso nere e serrate, oppure contratte in un misterioso sorriso alla Mona Lisa.
Lo sguardo è ermetico, misterioso, indifferente al contesto minaccioso o sublime che lo circonda. A volte pensieroso, altre volte più determinato, ma sempre estremamente calmo e posato, anche quando guarda verso lo spettatore. I personaggi di Amano quasi sfondano la quarta parete pur di guardarci con tono di sfida, esprimendo tutta la loro soprannaturale potenza.
I vestiti che indossano sono un altro elemento tipico dell’artista di Shizuoka. I suoi personaggi indossano sempre costumi carichi di dettagli, sublimi e teatrali, pregni di un carisma inedito e difficilmente riconducibili alle mode di una singola cultura o epoca.
Abiti nati da un’armoniosa unione di così tante civiltà, epoche e suggestioni contemporanee, che sembrano appartenere ad un altro mondo. Se forse è difficile intuire quali siano i precisi riferimenti con un’occhiata, è decisamente facile intuire quanto Amano conosca la storia del fashion design, e per questo possiamo ringraziare gli anime a cui ha lavorato ai tempi della Tatsunoko.
“Quando lavoravo nell’animazione, avevo bisogno di un character design che avesse una coerenza storica. Ad esempio, nella serie “Time Bokan” ci sono viaggi nel tempo e avventure in varie epoche, e ho dovuto progettare i personaggi in base alla ricerca storica di ogni luogo in cui vanno i protagonisti. In un certo senso, il lavoro di controllo dei materiali, per assicurarsi che non ci fossero errori storici, è stato più faticoso che disegnare l’illustrazione stessa. A quel tempo avevo ricevuto diversi elogi per i miei character design, ma sentivo che stava diventando un compito ripetitivo. Mentre lo facevo ho iniziato a pensare: “Non voglio più guardare i materiali, voglio disegnare con più libertà!””
Un altro tassello fondamentale con cui ha contribuito l’artista giapponese sono i loghi. Come abbiamo visto a inizio articolo, la prima versione è drasticamente diversa dall’iconica scritta illustrata che tutti conosciamo, design dai tratti minimali che apparirà dopo diversi stravaganti tentativi sulle cover di Final Fantasy IV. Ad oggi uno dei compiti ancora rimasti quasi esclusivamente nelle sue mani sono proprio i loghi, dal design semplice ed estremamente evocativo, ancora in grado, dopo decenni dalla loro nascita, di far sognare milioni di fan.
Il centrale ruolo di Amano, con l’avvento di Final Fantasy VII, sarà ereditato dal collega Tetsuya Nomura, dotato di uno stile più adatto al mondo poligonale offerto da PlayStation, grazie al suo tratto spigoloso e più essenziale facilmente adattabile in 3D. L’artista dei primi FF continuerà comunque a fornire diverse illustrazioni per i futuri giochi Square Enix, dandoci tra i tanti artwork la possibilità di ammirare i personaggi creati da Nomura rappresentati con lo “stile Amano”.
In questi rifacimenti, si percepisce un certo distacco dai lavori precedenti, c’è infatti un rispetto profondo per il materiale d’appartenenza e un accurato lavoro di adattamento. Non sono mondi e personaggi nati dalla sua matita, è evidente, ma è un limite che porterà comunque a inedite atmosfere in questi lavori, proprio grazie ad un meticoloso processo di adattamento.
Anche perché, come detto in precedenza, ricordiamo che l’illustratore di Shizuoka comincia la sua carriera come animatore, professione dove è indispensabile imparare ad adattarsi allo stile di ogni serie. Amano, anche in questo caso, si confermerà perfetto per il ruolo.
Da questo momento in poi l’illustratore comincerà a sfoderare una serie di piccoli progetti, evitando legami intensi come era successo con Square e soprattutto Tatsunoko Production. La sua fama sarà in costante ascesa per tutto il resto della sua carriera, durante la quale vincerà cinque volte uno dei premi più prestigiosi del Giappone: il Seiun Prize, il più antico premio nipponico legato alla fantascienza e la sua narrativa. Di seguito andremo a vedere alcuni dei lavori portati avanti dalla fine degli anni ‘90 ad oggi.
Nel 1999 inizia la pubblicazione di un progetto a quattro mani realizzato con l’acclamato scrittore Neil Gaiman, ispirato dal folklore giapponese e intitolato Sandman: The Dream Hunters. Il romanzo illustrato è uno spin-off autonomo della rinomata serie a fumetti creata da Gaiman nel 1988, recentemente adattata da Netflix con la serie tv The Sandman. Pubblicato da DC Comics sotto l’etichetta Vertigo, oltre a incontrare il favore dei lettori, riceve una nomination agli Hugo Awards e vince un Bram Stoker Award, prestigioso premio statunitense dedicato alla letteratura horror.
L’avventura americana continua nel mondo dei comics, precisamente tra gli studi Marvel, con cui realizza nel 2002 una trilogia a fumetti intitolata Elektra and Wolverine: The Redeemer scritta da Greg Rucka. Nel 2022 invece tornerà a lavorare per la DC realizzando una variant cover per Batman Detective Comics #1063.
Mentre porta avanti diverse commissioni, tra fumetti e videogiochi, Amano punterà a guadagnarsi un posto di rilievo anche all’interno del panorama dell’arte contemporanea. Comincerà così a produrre sempre più spesso materiale esclusivo per le sue mostre, presto accolte tra le mura delle più importanti gallerie d’arte al mondo. Una scelta che non farà altro che sancire il successo dell’illustratore giapponese, da molti considerato uno dei più grandi artisti viventi del XXI secolo e sicuramente uno dei più influenti del Giappone.
A proposito di mostre, attualmente trovate su Kickstarter la raccolta fondi che sta dando vita ad un museo virtuale dedicato all’intera carriera di Amano, interamente esplorabile in VR. Per questa occasione sono state raccolte 100 opere smistate in 7 aree diverse, tutte accuratamente rimodellate e adattate in 3D, permettendo ai visitatori una visione inedita dei lavori più e meno noti dell’artista nipponico. All’interno della pagina troverete diversi video preview per capire come e cosa sono riusciti a fare per rinnovare i suoi fantastici artwork.
Per quanto riguarda il suo lavoro nel mondo dei videogiochi, oltre la collaborazione immortale con Final Fantasy, continua con modalità decisamente più marginali: nel 2014 realizza un’illustrazione di Child of Light, celebrando l’uscita del RPG turn based sviluppato da Ubisoft Montreal, mentre recentemente potete ritrovarlo in veste di concept artist per il titolo MMORPG mobile intitolato Eternal Kingdom Battle Peak.
Tra il 2019 e il 2020 realizza una carta di Magic: The Gathering in esclusiva per il mercato giapponese e varie illustrazioni che finiranno per decorare la copertina e le pagine della tiratura italiana della rivista Vogue. La copertina, dipinta da Yoshitaka Amano con il suo memorabile stile eccentrico, mostra la modella Lindsey Wixson vestita da Gucci.
Recentemente invece, l’illustratore è tornato a lavorare con Tatsunoko Production, fornendo i character design per l’anime Exception, serie horror fantascientifica recentemente approdata su Netflix, diretta da Yūzō Satō e musicata dal premio oscar Ryuichi Sakamoto.
Per concludere, voglio evidenziare l’ultima volta la dedizione con cui Yoshitaka Amano ha portato avanti la sua lunga e prolifica carriera(che continua ancora oggi), quasi impossibile da riportare nella sua interezza, almeno in questa occasione. Ci tengo a specificarlo soprattutto per lanciare un invito a tutti i suoi ammiratori o lettori incuriositi arrivati fin qui: continuate a cercare e rovistare tra i meandri del web, scoprirete sicuramente qualche progetto o artwork mai visto di Amano che vi lascerà ancora una volta con la mascella spalancata. Ne sono certo.
This post was published on 6 Novembre 2022 17:30
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