Sin dalla sua uscita nel duemilaundici, Dark Souls è diventato un pezzo importante di cultura pop. Il gioco di From Software, al netto della sua difficoltà e complessità, è riuscito a ricavarsi una nicchia di appassionati che con gli anni sono solo aumentati. Lo dimostrano le vendite: come riportato sul sito ufficiale di From Software, i tre giochi del brand hanno raggiunto l’incredibile risultato di 27 milioni di copie vendute.
Negli anni le community di appassionati hanno sviscerato ogni dettaglio che i giochi offrivano. Analisi di lore ed ambientazione hanno fatto la fortuna di tantissimi creator attorno al globo, come l’italiano Sabaku No Maiku.
Nonostante i tanti contenuti rilasciati relativi al mondo di Dark Souls, un aspetto che è sempre stato poco approfondito è la musica del gioco. Le soundtrack dei Souls, nonostante siano ormai iconiche per molti e nonostante sentirne anche solo poche note riesca a ricondurre ogni appassionato ad uno specifico momento del gioco, non hanno mai ricevuto un approfondimento storiografico adeguato. Nè tantomeno ne sono state approfondite le ispirazioni.
Che musica è quella di Dark Souls?
Per capire di che musica parliamo, è doveroso prima capire chi sia il compositore e quali siano le sue ispirazioni.
Motoi Sakuraba nasce nella prefettura di Akita, in Giappone, nel 1965. Inizia ad appassionarsi di composizione sin da poco prima dell’ingresso in università.
Poco più in là, formerà una band prog rock con un suo collega ed inizieranno a farsi chiamare Clashed Ice. Non avranno grossa fortuna ma questa esperienza servirà a Motoi per prendere più seriamente il mondo della musica e della composizione.
La scena progressive giapponese, in quegli anni era infatti parecchio florida, grazie al movimento prog rock nato negli anni ’70. Nomi come Carmen Maki and Blues Creations o Cosmos Factory erano punti di riferimento per qualunque musicista giapponese, Motoi compreso come riportato da lui stesso in un documentario a lui dedicato.
Sakuraba si avvicinò al mondo dei videogiochi grazie all’amicizia sviluppata con Masaaki Uno, compositore e director di Wolf Team (il team dietro il primissimo Tales Of Phantasia, ribrandizzato poi in Namco Tales Studio). Da lì a poco avrebbe iniziato a collaborare con Tri-Ace, software house importante per la scossa che ha dato al mercato dei JRPG, dove si troverà a realizzare colonne sonore per le serie Star Ocean e Valkirye Profile.
Quando Masaaki Uno iniziò a lavorare per la Camelot Software Planning, portò con sè Sakuraba che compose colonne sonore di giochi come Mario Golf, Mario Tennis e la serie Golden Sun.
Di lì in poi la sua carriera subì un’accelerata: il compositore si trovò a comporre soundtrack per Super Smash Bros Brawl, Donkey Kong Country, Pokemon: Rubino e Zaffiro ed altri titoli di casa Nintendo.
Nel 2010 approda presso gli studi di From Software dove si troverà a comporre la colonna sonora di Dark Souls. L’approccio che adotta è totalmente diverso rispetto a quanto fatto in precedenza poiché il gioco presenta ambientazioni cupe, a tratti claustrofobiche.
La sensazione di pericolo doveva essere costante, lasciando poco spazio e momenti di relax per il giocatore.
Una forte componente della soundtrack che accompagna l’avventura a Lordran, deriva dal cosiddetto impressionismo musicale. La musica impressionista vede in Debussy la maggiore via espressiva e compositiva agli inzi del XX secolo, seppur inconsapevolmente (la definizione “impressionista” venne attribuita solo successivamente dagli storici).
Il compositore francese Erik Satie si ritrova però spesso a lavorare con Debussy, acquisendo quella vena compositiva che cercava di regalare “colore” agli strumenti. Diventa importante il timbro che ogni strumento doveva imprimere nella composizione, regalando sfumature delicate, quasi sussurrate.
La sua idea era quella di creare una musica che potesse accompagnare cene e momenti conviviali, di riposo. Gli strumenti utilizzati non sono molti: sono presenti per lo più archi glissati, arpa pizzicata e pianoforte. Inusuale ma comunque ravvisabile è la presenza di fiati e ottoni.
Nella colonna sonora di Dark Souls, diversi sono i brani che possono essere ricondotti a questo filone. Il primo è sicuramente la prima parte del prologo. Sotto l’anziana voce intenta a raccontarci le origini di quel mondo grigio e della venuta della fiamma, poche note si levano, un suono di archi tenue si inacutisce e quello che potrebbe sembrare un pianoforte strimpella delle note. Come se fossero casuali movimenti sulla tastiera.
L’impressionismo musicale mette forti radici anche nella traccia A Moment’s Peace, unica traccia del primo Dark Souls non composta da Motoi Sakuraba ma da Yuji Takenouchi. L’iconica melodia del menù di creazione personaggio presenta un tema principale eseguito da un’arpa pizzicata. Di fondo suoni lontani e delicati si alterneranno a rintocchi di campane. Ogni suono sarà dosato e creerà un tappeto sonoro suggestivo e rilassante.
A questo filone può appartenere la traccia Gwyn, Lord of Cinder, ovvero la canzone conosciuta dalla community come “plin plin plon”, non è altro che la traccia del boss finale di Dark Souls.
A differenza di altre che vedremo più avanti gioca in maniera intelligente con la situazione, cercando di evitare l’epicità ed il dinamismo in favore di una nostalgica inquietudine. Sarà possibile trovare un’origine molto chiara al brano, ascoltando Gymnopédie n. 1, Lent et douleureux proprio di Erik Satie.
Con un tappeto musicale essenziale, viene allestita una sovrastruttura pianistica di movimenti. Ciò che viene fuori da entrambe le composizioni è una melancolia esistenziale per qualcosa di mai vissuto. O di troppo fugace ed ineffabile.
Ultima rappresentante del filone è la Nameless Song. Il brano fungerà da accompagnamento durante i titoli di coda e la sensazione sarà perfetta per il momento. Finire Dark Souls porta alla luce parti viscerali dell’animo umano. In tanti, una volta finito, restano comunque fermi davanti lo schermo a fissare i nomi passare, riflettendo in religioso silenzio. La dolce voce della Nameless Song è capace di alleviare l’attesa e di farci riprendere fiato dopo le decine di ore spese a Lordran. Ed ovviamente, è ottima per non uscire dal mood e prepararsi ad una seconda run.
Nei primi decenni del XX secolo, un importante sviluppo in ambito compositivo si ha con l’avvento della atonalità o, come la definisce Schoenberg nel suo Manuale d’Armonia, pantonalità.
<<Atonale potrebbe essere semplicemente qualcosa che non corrisponde affatto all’essenza del suono. […] Se proprio si cercano appellativi, si potrebbe ricorrere a politonale o pantonale.>>
Così il compositore austriaco, padre della dodecafonia, definiva la nuova deriva musicale degli anni venti del secolo scorso. Non un’assenza di tonalità ma una sovrabbondanza di essa in una singola composizione.
Da queste base, estremamente arzigogolata, si snoda la seconda grande matrice delle musiche di Dark Souls. Ed a questo filone appartiene una parte molto ampia delle boss fight track che per anni hanno terrorizzato i giocatori. La reference principale è soprattutto 5 Orchestral Pieces Op. 16 .
Ad aprire la lista ci pensa la traccia Taurus Demon, che accompagna la boss fight proprio del Demone Toro. Questo boss è tendenzialmente il primo che i giocatori incontreranno ed apparirà spaventoso, costringendo l’avventuriero ad una lotta su di un ponte stretto che da sull’oblio. Alle spalle due arcieri scoccheranno le loro frecce mentre un inferocita belva dalle sembianze taurine impedirà anche solo di pensare a causa della sua ferocia.
La sensazione che la soundtrack cerca di restituire è proprio la claustrofobia dell’arena in cui stiamo lottando. I violini disegnano note brevi, seghettate e taglienti. L’elemento pantonale sta nella presenza di diversi temi sviluppati dai vari strumenti e dal coro. Mentre una base di ottoni comporrà un tappeto irto, su di esso si snoderanno voci prima maschili, poi femminili, in totale contrasto tra loro e con qualunque altro elemento della composizione.
I violini avranno il compito di far crescere la tensione e soffocare il giocatore.
Un discorso simile può farsi per la traccia Gaping Dragon, boss fight track del Drago Famelico. L’elemento centrale saranno qui gli archi che, a differenza di quanto succede col Demone Toro, comporranno un dedalo di note brevi, legate tra loro a formare un’onda sonora continua ed incessante.
Esempio più che valido di politonalità è la boss fight track dell’Iron Golem che sarà possibile affrontare sulla cima della Fortezza di Sen. Il brano sarà una continua giostra di cui i violini saranno gli ingranaggi. Con suoni decisi ed acuti, costruiranno delle scale di sensazioni, necessarie a far salire la tensione in uno scontro a cui si arriva stremati, dopo aver risalito l’intera Fortezza.
Nella seconda parte del brano, col ritorno delle scale ascendenti dei violini, faranno la loro comparsa prima degli ottoni con un tema breve ma intenso e poi, sullo scroscio delle campane cori maschili eseguiranno quelli che sembrano urli di battaglia.
Particolarità del brano sta nell’uso di quello che sembra un clavicembalo, strumento che conobbe grande utilizzo tra il XVII ed il XVIII secolo e che venne man mano abbandonato in favore del pianoforte, per le composizioni operistiche.
Un certo aspetto meditativo e sospeso lo si ritrova in Knight Artorias, soundtrack di uno degli scontri più celebri del gioco. Artorias, nonostante la foga nella lotta, ha alle spalle una storia di sofferenza e dolore. La musica non vuole infatti incutere sentimenti negativi. Sembra quasi di ascoltare il suono dell’anima del cavaliere, inquieta e poco definita. Alcuni elementi potrebbero ricordare il filone impressionista ma l’incrocio di voci, campane sorde ed un tappeto leggiadro di violini, ci permettono di vedere in questa traccia un esempio di composizione politonale.
Oltre ad un’analisi musicale, è giusto farne una geografica. E quindi chiedersi chi siano le ispirazioni giapponesi di Motoi Sakuraba.
Sakuraba, nato nel 1965, già da ragazzo si sarà ritrovato a vivere al cinema l’esplosione dei tokusatsu, film dedicati ai classici mostroni giapponese come Godzilla, Mothra, Rodan ecc.
Akira Ifukube, uno dei compositori più famosi del Giappone, intorno agli anni cinquanta diventa compositore di colonne sonore, proprio di quel nuovo filone di film che tanto sta spopolando tra i giovanissimi. La struttura della colonna sonora cinematografica è un elemento essenziale nell’analisi della soundtrack di Dark Souls.
Viene logico pensare che il giovane Sakuraba abbia subito l’influenza, forse involontaria, del maestro Ifukube, data la tartassante presenza dei film con la sua colonna sonora nei cinema.
Basterà ascoltare ad esempio la Suite from Rodan del 1956 per cogliere somiglianze con Ornstein & Smough. La traccia del dinamico duo avrà al suo interno parecchi richiami stilistici alle composizioni di Ifukube, dalla costruzione del tappeto tensivo degli archi sino all’esplosione degli ottoni che avranno il compito di trascinare il ritmo di una delle battaglie più dure dell’intera trilogia.
Mentre Suite from the Three Treasures sembra un riferimento estremamente pertinente a Great Grey Wolf Sif. Entrambe le tracce trovano la loro ragion d’essere nella coralità soffice nel suono ma deciso negli accenti. Voci che sembrano lamenti accompagneranno una delle boss fight più toccanti che la trilogia proponga.
Il videogioco è il medium che, più di altri, può inglobare le varie arti del mondo.
Durante la creazione di Dark Souls, questo concetto sarà sicuramente stato presente nelle menti dei creativi che vi hanno lavorato. La colonna sonora del gioco è capace di accompagnarci, farci vivere momenti tesi e distensivi, far schizzare alle stelle l’adrenalina e subito dopo farci scoppiare in lacrime.
Che si tratti di una boss fight, di una cutscene, della creazione del personaggio o dei titoli di coda, ogni emozione troverà il giusto veicolo di trasmissione anche grazie alla musica.
Si potrà essere stanchi o frustrati, le continue morti ed i nemici inamovibili potranno abbatterci. Ma ci basterà accendere il falò del Santuario del Legame del Fuoco per farci cullare dalle lunghe note dei violini e dal pizzicolio timido dell’arpa. E saremo pronti a ripartire, con la ritrovata capacità di sentirci a casa.
This post was published on 8 Novembre 2022 12:30
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