<<Nell’Era degli Antichi, il Mondo […], un regno di rupi grigie, alberi giganti e Draghi Eterni>>.
Questa frase, che a molti farà battere il cuore, proviene da Dark Souls, gioco di From Software del 2011.
Tuttavia, non urge analizzare la frase in relazione a Dark Souls ma utilizzarla come ariete, per parlare di una delle leggende più ataviche e recondite che la storia dell’umanità possa enucleare. Nell’acclamato titolo di FS, ci viene narrato come i Draghi fossero le fondamenta del mondo, prima dell’arrivo della fiamma o vita che dir si voglia. Ma riflettendo un attimo sui draghi, si ha idea di dove nasca tale mito?
Centinaia sono ormai le opere che contano riferimenti a queste magnifiche creature. Tra film, serie tv, fumetti e videogiochi si sprecano le rappresentazioni di questi esseri; a volte serpentini, altre volte alati, a volte con due e poi con quattro zampe. Sputafuoco, fatti di magia, divini o demoniaci. Se dovessero chiederci “cos’è un drago” tutti avremmo un’immagine, più o meno definita, cui fare riferimento.
Nel concetto di μίμησις (mìmesis) platoniana, tutto ciò che è rappresentazione sensibile, proviene dal mondo delle idee (ὑπερουράνιος), perfette ed immutabili; tramite un esercizio mentale, verrebbe quindi da chiedersi: se tutti hanno un’idea di cosa sia un drago, da dove viene quest’idea? Per farla più semplice: quando è successo che qualcuno, raccontando una storia, ha pensato di parlare di una creatura volante squamosa? E di chiamarla drago?
Sulla questione si contano diversi studi.
Peculiare è l’analisi del drago nel mondo videoludico.
Come già detto, i draghi hanno conquistato qualsiasi medium comunicativo. Esseri saggi o spietati, a seconda della rappresentazione che se ne vuole dare. Il mondo del videogioco ha preso a piene mani dalle più disparate storie a riguardo. I risultati sono stati tanti, non sempre vincenti ma che, in un modo o nell’altro, affascinano.
La prima grande differenza nel vasto mondo draconico, la fa la cultura di provenienza della creatura analizzata. Si distinguono draghi “occidentali” ed “orientali”. Le figure sono spesso simili ma tendono a presentare delle caratteristiche sia estetiche che comportamentali, peculiari.
L’articolo conterrà spoiler per alcuni dei giochi trattati.
Per familiarizzare con l’argomento, è meglio iniziare dai più noti. Il Drago occidentale è, sicuramente, il più comune per gli europei. Anche detto Draco Occidentalis Magnus, è il classico mostro imponente. Quattro zampe su cui poggiare, due imponenti ali sul dorso e l’innata capacità di sputare fuoco.
Le case di sviluppo, spremono questa figura sin dal lontano 1984: risale proprio a quell’anno, la prima testimonianza di inserimento di un drago all’interno di un videogioco. Il gioco in questione è Dragon World, pubblicato da Telarium games. Non era più che un’avventura narrativa, come andava di moda a quei tempi. Il giocatore si ritrovava ad esplorare foreste oscure e caverne misteriose quando, proprio in una di queste, compariva una creatura mostruosa e spaventosa.
La didascalia recitava <<A Giant Coldrake swoops over the road>>.
Ad onor di cronaca, il termine “cold drake” va fatto risalire prima alla cultura norrena e poi a Tolkien, che definiva in questo modo le creature draconiche che non erano riuscite ad acquisire il potere di sputare fuoco.
Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90, il drago occidentale farà delle comparsate in altri giochi minori come Dragon Spirits.
Per vederne una rappresentazione di spicco, bisognerà però aspettare sino al 1998 con l’avvento di Spyro: The Dragon. Il gioco, sviluppato da Insomniac Games, presenta un’avvincente avventura con al centro il simpatico draghetto Spyro. Con tonalità accese e vivaci ed un art design capace di catturare qualunque bambino o adolescente dell’epoca, Spyro divenne una delle più grandi icone PlayStation.
Oltre al simpatico draghetto, nel gioco erano presenti diversi altri draghi. Alcuni ricalcavano esattamente il modello del drago occidentale come Ignitus: possente, fiero sulle sue quattro zampe, con due ali di rosso infuocato sul dorso. Capace di sputare fuoco. Visto il colore e l’indole guerriera, verrebbe da pensare che si tratti di una derivazione dal drago gallese (Y ddraig goch).
Al suo fianco, draghi come Tomas o Astor, nonostante presentassero tutte le caratteristiche fisiche del draco occidentale, riuscivano ad incarnare un’altra delle forti caratteristiche dei draghi di alcune culture (quella Norrena su tutte): la saggezza.
L’onda di Spyro fu talmente travolgente che le case di sviluppo cercarono di sfruttarla quanto più possibile.
Si, insomma, cavalcare il drago finché è caldo.
Nel 2001 la 3DO Company pubblica Dragon Rage, uno shooter in cui viene interpretato un drago, Cael Cyndar, intenzionato a salvare la sua razza, prossima all’estinzione. Il gioco, pubblicato per la seconda Playstation non fu accolto bene: totalizzò un punteggio di 50/100 su Metacritic, basato su sole nove recensioni.
I draghi occidentali più classici sono stati la base di partenza per decine di culture diverse. Tra le più trattate nel mondo dei videogiochi, vi sono sicuramente le derivazioni norrena ed ellenica.
Si tratta di una delle più rilevanti ramificazioni del drago occidentale. La cultura vichinga, da sempre affascinante, ha regalato alla storia quattro archetipi draconici che, in un modo o nell’altro sono stati ripresi in opere di grandissimo peso. Le quattro estrinsecazioni norrene sono il Puk (drago domestico, piccola taglia, due ali, due zampe); il Black Worm (nella leggenda, si dica sorvegli il grande tesoro del mondo); il Firedrake (alato, sputafuoco e che spesso vive in antri bui. L’ispirazione di Tolkien per la creazione di Smaug); il Lindworm (un mostro serpentino, ispirazione del basilisco visto in Harry Potter. Occhi infuocati e zanne affilate, quasi mai dotato di ali).
Dote peculiare di quasi tutti i draghi norreni è la capacità di parlare.
Conta diverse incarnazioni videoludiche: nel primo Dark Souls, possono considerarsi Puk le viverne di fulmine che si trovano alla Valle dei Dragoni, nei pressi di Petite Londo.
Sempre con Puk si ha a che fare nella saga di Panzer Dragoon. Questo shoot’em up, dall’incostante fortuna, vedeva il protagonista cavalcare dei draghi attraverso dei percorsi, cercando di uccidere tutti i nemici che si paravano davanti. I draghi del gioco, tuttavia, non erano i classici Puk ma presentavano differenze estetiche che li rendevano più simili a draghi meccanici.
La più recente estrinsecazione del Puk la si ha in Century: Age Of Ashes, sviluppato da Advanced Mobile Applications. Un free-to-play t.p.s. in cui due squadre si sfidano a cavallo di agili e veloci draghi, in scontri all’ultimo sangue. Nel gioco sono presenti vari draghi, ognuno capace di dominare un elemento diverso.
Di Firedrake ne è piena l’industria. Nonostante ogni creator declini il concetto a piacere, per adattarlo alle proprie esigenze, il compito di questo documento è analizzare i vari prototipi.
Sempre restando nel mondo di Dark Souls, esempi di Firedrake sono tutti i draghi antichi, esistenti prima della venuta della fiamma o al massimo, loro diretti discendenti. Ricordiamo ad esempio Kalameet, dotato di un solo occhio e capace di sputare magia. Può essere affrontato nelle terre di Oolacile (precedentemente questo scontro era nel dlc “Artorias of the Abyss”; con la remastered del 2018 è stato inglobato nel gioco principale).
In Dark Souls II, al Santuario Draconico, nel mezzo di una grossa piazza, alla cima di una lunghissima scalinata, incontriamo un npc. Potremo parlarci ma non ci verrà rivelato il suo nome. Solo attaccandolo, comparirà il nome: Drago Antico. Assieme al nome, comparirà una barra della vita che ci farà scoprire come si tratti di un boss segreto.
Sempre in Dark Souls II, nel dlc “Crown of the Sunken King”, incontriamo Sinh, il Drago Dormiente. Nonostante tutto, non sarà una bossfight estremamente impegnativa ma avrà una particolarità rispetto ai draghi incontrati fino a quel momento: il suo sputo, ci avvelenerà. Questa caratteristica, oltre a renderlo un unicum nella vasta storia di Dark Souls, lo avvicina ad alcune tipologie di draghi del mondo orientale.
Serve citare anche Dark Souls III, capitolo conclusivo della saga di From Software. L’interesse cade sicuramente su Midir, il mangia oscurità. Presente nel dlc “The Ringed City”, rappresenta uno dei più imponenti muri che la saga abbia mai posto agli appassionati. Coriaceo, con pelle a scaglie, capace di sputare sia fuoco che raggi magici. Il drago soulsiano più vicino alle rappresentazioni tolkeniane del Firedrake.
Già dal primo Final Fantasy, l’imponente brand nipponico abbracciò a piene mani l’estetica draconica, tramutandola in boss ed incontri casuali. Draghi bianchi, verdi, blu potevano sbucare fuori ad ogni esplorazione. In un’altra sezione, tratteremo Tiamath, boss del primo titolo della saga.
Nel 2014, Bioware pubblica Dragon Age: Inquisition. Il gioco straborda di draghi dalla forte ispirazione norrena. Oltre alle caratteristiche già note, molti di essi presentavano grossi rinforzi organici sulla testa. Basti ricordare il Cavalcatempesta gamordiano o il Maestrale Maggiore. Punto forte dei draghi del titolo Bioware è l’estrema varietà sia estetica che di approccio, dato che ogni drago riusciva a padroneggiare un elemento diverso, dal fuoco al fulmine, dal ghiaccio al vento.
Nell’ultimo capitolo della saga di God Of War , uscito nel 2018, l’avventura nata tra le fila del pantheon greco, si sposta in quello norreno. Tra le tante creature, umanoidi o meno, che ci si trova ad affrontare o ad ammirare, uno su tutti ruba il fiato.
Chiunque abbia giocato il titolo di Santa Monica Studio, avrà ben presente il momento dell’apparizione di Jörmungandr. Detto anche “serprente del Mondo”, grazie al mito che lo vuole cresciuto sino al punto da abbracciare tutto il mondo tra le sue spire, diverrà un punto centrale della narrazione.
E in attesa dell’uscita del nuovo capitolo, gli appassionati di cultura norrena, hanno già una vaga idea di quale potrebbe essere l’epilogo di questo grande ed imponente essere.
Di Lindworm, sempre con le fattezze dello Jörmungandr si parla anche in Smite. Il MOBA, sviluppato dagli Hi-Rez Studios, presenta il serpente come personaggio giocabile. Possente ed inamovabile, un ottimo support.
Un accenno d’obbligo va fatto a Harry Potter e La Camera dei Segreti, videogioco pubblicato nel 2002 da EA Aspyr. Nelle fasi finali del gioco, come nel film omonimo, ci troviamo a fronteggiare l’enorme basilisco. È chiaro qui il riferimento al Lindworm norreno.
È giusto segnalare come le influenze sopra riportate e fatte risalire alla mitologia norrena, sono comunque assimilabili ad altre culture le cui rappresentazioni sono però, sicuramente meno iconiche. Si parla di drago simile ad un serpente, in tutte le culture influenzate dall’induismo. (Naga indiano; Nogo indonesiano; Bakunawa filippino).
I greci, come spiega Daniel Ogned nel suo trattato Dragons, Serpents, and Slayers in the Classical and Early Christian Worlds: A Sourcebook, avevano ideali di draghi molto diversi da quelli medievali e norreni. L’iconografia cui facevano riferimento era quella orientale. Il Naga indiano rappresentava forse la massima fonte d’ispirazione.
I loro draghi erano quindi più simili a serpenti, capaci di sputare veleno o acido, senza ali né zampe. Spesso, raffigurati con multiple teste. Ed è proprio con quest’ultima caratteristica, che l’iconografia greca approda al mondo del videogioco.
La mitica creatura di cui scriveva Ovidio nelle Metamorphoseon, capace di far ricrescere tre teste quando una ne veniva tagliata.
Perfetta metafora delle metamorfosi di cui Ovidio scriveva
La prima incarnazione degna di nota va ricondotta a Final Fantasy. Nel primo capitolo della saga, sarà infatti possibile imbatterci in un temibile boss di nome Tiamath. Anche se secondo la wiki del gioco, il mostro sia identificato come demone elementale del vento, la forma che assume è esattamente quella dell’Idra. Sei teste, capacità di controllare il vento.
Incredibilmente più reperibile per la cultura pop è l’Idra di Lerna che ci ritroveremo ad affrontare nei panni di Hercules. Il gioco, pubblicato nel 1997 dalla Disney’s Interactive Studios, riscuote grande successo grazie all’onda positiva data dal film da cui fu tratto. Questo platform, diventato culto per gli appassionati, enuclea tanti boss diversi ed a volte inediti rispetto al film. L’Idra viola è sicuramente il più iconico: col suo terrificante ruggito, rappresenterà per il giocatore una sfida avvincente ma non proibitiva. Lo scontro consisterà nel tagliare le teste finché un grosso masso non sotterrerà la creatura, agonizzante.
È necessario, per chiudere il cerchio, tornare al primo Dark Souls. Recandosi infatti, nella parte più basse del Giardino Radice Oscura, sarà possibile incontrare un’idra dotata di sette teste per attaccare, cercando di schiacciare il giocatore al suolo. Peculiarità di tale mostro sta anche nel getto d’acqua, capace di colpire il giocatore anche a grandi distanze. La battaglia col mostro potrebbe risultare ingiusta, quasi come se non fosse pensato per essere affrontato, ma batterlo darà accesso a premi di alto livello.
Sarà possibile incontrarne un secondo al Lago di Cenere, zona segreta alla base del gigante albero cavo, a cui si accede dal lago della Città Infame.
Quella britannica è una variazione sul tema del classico drago occidentale. Il drago britannico è anche detto Wurm o Wyrm. Verme, insomma. Presenta un corpo allungato e sinuoso, ricoperto di scaglie. A volte può presentare ali sul dorso. Capace di sputare fuoco, vive rintanato in grotte di lava o antri bui.
La più immediata rappresentazione arriva da Elden Ring. L’ultima fatica di From Software, ci permette infatti di addentrarci in una grotta, ai piedi dell’altopiano di Altus e di affrontare Makar. Definito come magma wyrm, rientra perfettamente nella descrizione del wyrm britannico. La sua stazza e la capacità di usare il fuoco saranno le sue armi più temibili.
Non sarà l’unico drago di magma che incontreremo in Elden Ring, ma tendenzialmente sarà il primo. In ER trovano posto tante altre estrinsecazioni draconiche, assimilabili in linea di massima col draco occidentalis magnus, nella sue deriva norrena del firedrake come Lansseax. Altre volte, si è più vicini alla forma greca dell’idra, come con Placidusax.
Mentre la trattazione dei draghi occidentali può venir meglio ricondotta, grazie a localizzazioni storiche più vicine a noi europei, quella dei draghi orientali risulta più impervia. Vi è forte frammentazione culturale ed ogni cultura ha delle rappresentazioni molto precise che, spesso differiscono da altre solo per minuscoli dettagli estetici o comportamentali (il Ryu giapponese differisce dal Lung cinese solo per un artiglio in più).
Il loro utilizzo nel mondo dei videogiochi è anomalo. Le produzioni più grandi che hanno dato spazio a draghi di forte ispirazione orientale sono due su tutte: Dark Souls e The Elder Scrolls V: Skyrim.
Nonostante le ambientazioni dei giochi non richiamino quasi per nulla le culture asiatiche o medio-orientali, l’ispirazione di molte creature presenti giunge da lì.
A molti tale termine non dirà molto. E se l’altro modo di chiamare questo tipo di drago fosse “viverna”? Ecco che molte lampadine si accenderebbero.
Ormai famosa è, tra gli appassionati, la diatriba relativa ai draghi/viverne in Dark Souls. Per risolvere una volta per tutte questa diatriba, possiamo rifarci alla cultura indiana. La viverna indiana è infatti dotata di due zampe, due ali, un corpo possente ed una coda potente. La palette cromatica varia dal rosso infuocato al nero più spento.
In verità, già da Demon’s Souls, gioco di From Software del 2008, sarà possibile imbattersi in due viverne. Entrambe a Boletaria. Dalla wiki sono denominate “draghi”, ma non fatevi ingannare: due ali, due zampe, capaci di sputare fuoco. Quelle sono viverne in tutto e per tutto.
In Dark Souls uno degli incontri più iconici con una viverna sarà quello al ponte sopra al Borgo dei non morti. Attraversando il ponte, verremo attaccati alle spalle da un getto di fuoco poderoso che rischia di ucciderci se non prestiamo la giusta attenzione.
Una dinamica simile sarà ripresa, quasi come citazione, in Dark Souls III, nella prima parte della Mura del Castello di Lothric.
E parliamo, finalmente di TESV: Skyrim o solo Skyrim per comodità. Sarà sembrato strano che in un articolo sui draghi, ancora non si parlasse del gioco che forse più di tutti, nel mainstream, ha basato la sua campagna pubblicitaria sull’iconografia draconica, sparandola di prepotenza nel trailer.
Skyrim è un caso molto particolare: nonostante l’ambientazione sia fantasy medievale con forti influenze dalla cultura norrena, la tipologia di draghi presenti attinge a piene mani dal drago d’India. Quelli nel gioco sono, infatti, viverne. Due ali e due zampe, impossibile sbagliare. Dal malvagio Alduin al saggio Paarthurnax.
L’origine di tutti i draghi presenti in Skyrim, viene fatta risalire ad Akatosh, Dio del Tempo dalle sembianze draconiche.
Ed invece, il famoso Sangue di Drago? Ha qualcosa a che fare con la vita vera o è totale finzione?
La risposta giusta è la prima. Il “sangue di drago” non è altro che una resina vegetale, originaria di alcuni alberi del sud-est asiatico. Nello specifico, viene ricavata da daemonorops, dracaena, croton, calamus e pterocarpus. Prende il nome dal suo colore rosso brunastro.
A questo punto, si potrebbe notare una certa somiglianza tra le creature descritte come viverne, e i Puk norreni. Ciò che ci permette di distinguerli è la stazza.
I Puk hanno, come le viverne, due zampe e due ali. A differenza di queste ultime però, hanno dimensioni ridotte, molto più vicine a quelle di un uomo che di un dinosauro. Le viverne, invece, sono la perfetta via di mezzo tra il Puk ed il dragone occidentale classico: sono di grossa taglia, hanno solo due zampe e sputano fuoco.
Trattasi per lo più di cavilli mitologici, ma tant’è.
Nella cultura babilonese, la figura draconica di riferimento era il mušḫuššu: compagno del dio Marduk, era ciò che oggi definiremmo una chimera. Aveva sembianze di leone, testa di serpente con le corna e corpo ricoperto di scaglie. Col progredire delle culture, la rappresentazione mutò più volte, tanto da non lasciarne un univoco ricordo.
Ad affrontare una rappresentazione chimerica, ci pensa Capcom col suo Dragon’s Dogma. Uscito nel 2012, questo rpg riscuote subito un forte successo commerciale. All’inizio dell’avventura, durante la fase tutorial, ci troveremo a combattere il primo boss. Denominato proprio “Chimera”, la creatura riprende dalla cultura mesopotamica due dei tre elementi del mušḫuššu: la parte leonina e quella serpentina sono rispettate; impossibile capire se lo siano esattamente come i babilonesi pensavano tale divinità. Ai due animali si aggiunge una parte di capra, utile a dare le corna tipiche della creatura babilonese.
Nel gioco di Capcom saranno presenti tante varietà di draghi, appartenenti ora ad una cultura, poi ad un’altra. Grigori ad esempio è molto più simile ad un classico dragone che ad altro: di stazza colossale, di colore rosso tendente all’arancione, dotato di grande forza ed intelligenza. Tuttavia, presentava solo due zampe. Vi sono poi delle più classiche viverne, sulla scia di quelle già analizzate.
Tanto è stato scritto sui draghi. Tanto ancora ce ne sarà da scrivere. Il fascino alla base di queste creature è difficile da esplorare data la loro estrema insondabilità. Da videogiocatori attenti, è nostro e vostro compito continuare a tenere gli occhi aperti. Ciò che è certo è che adesso, approcciando un gioco con all’interno una creatura draconica, dovremo pensarci due volte prima di liquidarlo come semplice “drago”.
This post was published on 26 Ottobre 2022 12:30
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