Quando si parla di software house che hanno rivoluzionato il mondo dei videogiochi molti pensano ovviamente a Naughty Dog.
L’azienda fondata da Andy Gavin e Jason Rubin nel 1984 ha fatto sicuramente la storia del videogioco sin dalla prima PlayStation con la spettacolare saga di Crash Bandicoot e conquistando sempre più blasone anche sulle console successive con Jak & Daxter, Uncharted e ovviamente The Last of Us, ma all’interno dei PlayStation Studios è presente anche un’altra software house, ugualmente brillante, ma che spesso passa in secondo piano: Insomniac Games.
Se da una parte Naughty Dog è la software house della lungimiranza, Insomniac è sicuramente l’azienda videoludica dell’iconicità.
Lo studio californiano, nonostante sia entrato a far parte dei PlayStation Studios solo nel 2019, è riuscito in un traguardo che pochi possono raccontare di aver raggiunto: creare un videogioco iconico per ogni piattaforma targata PlayStation.
Un’azienda giovane, ma che allo stesso tempo ha saputo esprimere a pieno le sue qualità per innovarsi ogni volta e adattarsi allo sviluppo su tutte le console di casa Sony riuscendo nell’impresa titanica di ideare una serie di icone videoludiche di successo.
Perché Insomniac Games è una software house unica nel suo genere?
I PlayStation Studios hanno tra le loro fila una marea di sviluppatori brillanti che hanno creato videogiochi rivoluzionari, ma Insomniac è riuscita a compiere un vero e proprio miracolo pur essendo un’azienda nata solo nel 1994, ovvero può vantarsi di aver creato quattro icone per quattro versioni di PlayStation consecutive: leggere, per credere.
Nel 1998 Insomniac si è fatta conoscere con il platform Spyro the Dragon, ha bissato il successo nel 2002 con la saga di Ratchet and Clank, si è ripetuta su PlayStation 3 con Resistance fino al capolavoro di ingegneria Marvel’s Spider-Man su PS4.
Trovare un’altra software house che è riuscita a creare tutte queste saghe iconiche ancora oggi molto amate e apprezzate è davvero difficile, proprio per questo diciamo che la storia di Insomniac Games è davvero degna di nota.
La storia di Insomniac inizia nel 1981 quando un ragazzino di appena nove anni decide quale sarà la strada che intraprenderà per il resto della sua vita, ovvero quella dei videogiochi.
Siamo a Richmond e il ragazzo in questione non è altri che Ted Price, attuale CEO della software house che rimase letteralmente stregato dalle potenzialità di Atari 2700; è proprio in quel momento che decide che da grande avrebbe lavorato nell’industria videoludica.
Facciamo un salto al 1994, in quest’anno Price si è appena laureato all’Università di Princeton e inizia a lavorare in uno studio medico, ma proprio quando i suoi desideri di diventare un programmatore stanno per vanificarsi incontra la persona che gli cambia la vita: Alex Hestings, suo compagno universitario e soprattutto abile programmatore.
Nel giugno del 1994 le idee rivoluzionarie di Price si uniscono alle capacità informatiche di Hestings dando vita al loro primo studio di sviluppo denominato Xtreme Software: un nome a dir la verità abbastanza banale e proprio per questo già usato da un’altra azienda prima del loro arrivo.
Price e Hestings furono quindi costretti a cambiare nome allo studio dopo appena un anno: le idee furono molte ma tutte scartate fino a che a Ted Price non arriva l’illuminazione: Insomniac Games!
Da dove deriva?
Beh in realtà il CEO ha sempre affermato che non ha una vera e propria origine, “ha solo senso“.
Riflessioni sul nome a parte, la neo-nata Insomniac Games ha ora l’arduo compito di ideare qualcosa di concreto e l’opportunità arriva già dal 1996: Price e Hestings avevano già in mente di creare un clone di Doom, dato che in quel periodo gli sparatutto in prima persona andavano per la maggiore e sicuramente il titolo di id Software era il più conosciuto all’epoca.
I lavori sul primo videogioco di Insomniac cominciarono nel 1994 e si conclusero due anni più tardi: l’ultimo passo per entrare definitivamente nel mondo dei videogiochi era adesso trovare un publisher.
La demo del gioco fu presentata a vari produttori fino a che non arrivò nelle mani del solito Mark Cerny che proprio in quegli anni stava gettando le basi della fruttuosa collaborazione con Sony.
Il CEO di Universal apprezzò molto lo sforzo di Insomniac e accettò di pubblicare il loro gioco a una sola condizione: il titolo sarebbe stato prodotto per la Sony PlayStation, la nuova console che avrebbe rivoluzionato il modo di giocare.
Ted Price e Alex Hestings (ai quali si aggiunse successivamente anche il fratello Brian) rimasero increduli, loro avevano provato la demo soltanto sul dev-kit del Panasonic 3DO, certamente meno potente e sicuramente meno costoso di quello di PlayStation.
Cerny era certo che le potenzialità dei giovani sviluppatori potessero fruttare una fortuna per Sony e per questo motivo il 30 novembre 1996 pubblicò sotto la sua etichetta Disruptor, il primo videogioco mai creato da Insomniac Games.
Disruptor era un classico FPS che, come recitavano le premesse, era molto simile a Doom ma con un’ambientazione più sci-fi.
Dal punto di vista meramente economico il titolo fu un flop dato che era stato pubblicizzato male, ma questo non tarpò le ali a Ted Price e colleghi che invece ebbero un’iniezione di fiducia per proseguire il loro cammino nel mondo dei videogiochi e per iniziare la vera storia del successo epocale di Insomniac Games.
Disruptor non aveva portato molti soldi nelle casse di Insomniac, ma come detto gli aveva dato tanta fiducia per continuare a sviluppare per il mondo dei videogiochi.
La PlayStation di Sony era ormai diffusa in tutte le case e le prime valutazioni avevano messo in risalto un dato interessante: l’utenza della console era perlopiù formata da bambini e ragazzi e non da persone adulte. Questo dato demoscopico aveva convinto Insomniac e Mark Cerny a cambiare rotta: non più giochi violenti, ma provare a sviluppare un titolo per famiglie e per i più piccoli.
Come già successo per Doom, anche per questo nuovo gioco Ted Price e colleghi si guardarono intorno per cercare spunti interessanti e ovviamente gettarono l’occhio sul parco titoli Nintendo, da sempre considerata la regina dei giochi per famiglie. Proprio in quegli anni stava spopolando un gioco che poi avrebbe fatto la storia dei platform, ovvero Super Mario 64.
A differenza di Naughty Dog che aveva preferito rimanere su livelli a corridoio con il suo Crash Bandicoot, Insomniac pensò che la scelta di un mondo aperto fosse quella giusta, bisognava solo trovare un personaggio carino che potesse essere apprezzato da tutti, una mascotte insomma. L’illuminazione arrivò grazie a Craig Sit, uno degli artisti del team di sviluppo di Disruptor, il quale aveva suggerito di creare una storia e un gioco basato su un drago antropomorfo.
Mark Cerny e Ted Price accettarono la proposta anche perché proprio in quegli anni era uscito il film DragonHeart nelle sale cinematografiche: a questo proposito Insomniac aveva il desiderio di creare un titolo più maturo e realistico in 3D, ma il capo di Universal stroncò la proposta suggerendo invece di ideare un videogioco dai toni più ironici, semplici e in stile “cartoon” per essere apprezzato anche dalle famiglie e dai bambini.
Dopo quasi 2 anni di sviluppo Insomniac presentò a Sony il primo progetto di Spyro the Dragon che aveva qualche differenza con il titolo poi effettivamente uscito sul mercato: innanzitutto il protagonista si chiamava Pete, ma poi il suo nome fu cambiato poiché era presente un personaggio Disney con lo stesso nome; anche il design del draghetto era diverso: Charles Zembillas, disegnatore che aveva lavorato anche con Naughty Dog per la creazione di Crash Bandicoot, inizialmente aveva colorato di verde il piccolo draghetto, poi corretto nel suo classico viola perché altrimenti si sarebbe confuso con il prato dei primi livelli che era anche piuttosto ampio.
Dopo qualche ritocco finalmente il 9 settembre del 1998 venne pubblicato su PlayStation il videogioco Spyro the Dragon che ebbe un successo strepitoso e fu il punto d’inizio di una carriera costellata di successi per Insomniac Games.
Il team di sviluppo di Ted Price aveva creato un platform open map come lo era anche Super Mario 64, ma aveva a disposizione un hardware molto più potente: questo permise a Insomniac di creare un titolo con tante ambientazioni diverse, ricco di elementi e collezionabili e soprattutto nemici e personaggi iconici e variegati fra loro.
Spyro, inoltre, riuscì a convivere benissimo anche con Crash: il platform di Naughty Dog era rivolto già a ragazzi più grandi per la sua difficoltà più elevata, mentre il titolo di Insomniac aveva una difficoltà più bassa in generale e inoltre dei temi molto più leggeri, caratterizzati anche da una sottile ironia che faceva sicuramente piacere alle famiglie e ai più piccoli. Nonostante questo però il gioco era comunque apprezzabile da tutti, soprattutto per chi amava fare completismo.
Spyro the Dragon arrivò a vendere circa 2 milioni di copie nei primi mesi di vita e divenne ben presto uno dei titoli più giocati su PlayStation. Mark Cerny rimase sbalordito e subito suggerì a Insomniac di mettersi a lavoro per un sequel, avendo già vissuto la stessa esperienza 3 anni prima con Naughty Dog e Crash Bandicoot.
Ted Price e i fratelli Hestings si misero subito a lavoro per cercare nuovi membri per lo staff che in pochi mesi arrivò a 13 unità: in meno di un anno partirono e finirono i lavori sul secondo capitolo di Spyro the Dragon che fu pubblicato sempre su PlayStation il 2 novembre del 1999 con il sottotitolo “Ripto’s Rage!” per introdurre il nuovo antagonista del gioco.
Insomniac per rendere appetibile il titolo doveva innovarsi e ci riuscì perfettamente introducendo nella serie non solo nuovi personaggi carismatici, ma anche nuove meccaniche e mini-giochi che avevano tanto divertito nel primo capitolo. Anche questa volta fu un successone e Insomniac si era già messa in carreggiata per diventare una delle software house più iconiche del mondo PlayStation.
Spyro era diventata ormai una serie di successo di PlayStation e inevitabilmente Insomniac si mise subito a lavoro per un terzo capitolo da far uscire entro un anno: il team si allargò ancora di più raggiungendo i 25 membri, tra i quali anche l’attuale game director della software house per la serie di Ratchet and Clank, ovvero Brian Allgeier.
Il 10 ottobre del 2000 venne pubblicato su PlayStation il terzo capitolo di Spyro, ovvero Spyro 3: Year of the Dragon che introduceva meccaniche molto interessanti per il draghetto viola come la possibilità di nuotare e tirare testate; inoltre per la prima volta nella serie era possibile controllare anche altri personaggi oltre il draghetto, ognuno con il proprio set di mosse e poteri.
Agli inizi del nuovo millennio, dopo aver dato tutto per portare avanti la serie di Spyro, Insomniac decise che era il momento di dire basta e di concentrarsi su altri generi videoludici.
I diritti del draghetto viola rimasero a Universal che, come accadde anche per Crash Bandicoot, cercò altre software house per lo sviluppo di nuovi capitoli del franchise anche per la neo-nata PlayStation 2 che si stava diffondendo nelle case dei videogiocatori.
Insomniac, d’altro canto, si mise a lavoro su un altro videogioco che avrebbe sancito ancora una volta il successo di Ted Price anche sulla console di nuova generazione.
Siamo solo nella prima parte della storia incredibile di Insomniac Games che ancora oggi continua a portare capolavori sulle console di casa Sony, soprattutto dopo che nel 2019 è entrata a far parte ufficialmente dei PlayStation Studios.
Nel prossimo episodio parleremo dell’arrivo della software house su PlayStation 2 e succssivamente della creazione di uno dei titoli più amati degli ultimi anni, ovvero Marvel’s Spider-Man. Vi diamo dunque appuntamento al prossimo capitolo di “Insomniac Games: l’Ammiraglia di casa Sony“.
This post was published on 2 Novembre 2022 12:30
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