Il concetto di videogioco indie si è evoluto tantissimo negli ultimi anni. L’industria videoludica indipendente è cresciuta con una velocità all’inizio impensabile perché i prodotti che ne uscivano erano considerati per una nicchia specifica, quasi elitaria. Esisteva dunque l’industria “adulta” e poi quella indie, separate da una linea di demarcazione abbastanza spessa.
Ora, invece, indie e tripla A stanno iniziando addirittura a fondersi, cosa che ha trasformato il concetto originario di indie. Oggi vengono considerati tali anche videogiochi che possono vantare grossi publisher alle spalle, i casi più esemplari ovviamente sono tutti quei titoli di natura indie con Sony e Microsoft a fare da chioccia. La prima ha prodotto Kena: Bridge of Spirits, vincitore del Game Award 2021 come miglior gioco indipendente, la seconda invece organizza regolarmente uno showcase chiamato ID@Xbox in cui propone parecchi indie interessanti. Stesso discorso si può fare per gli EA Originals che hanno le spalle coperte da una delle aziende più ricche del settore. Il caso più eclatante è senza dubbio It Takes Two che, da gioco indie, ha vinto il Game of the Year 2021.
Sono effettivamente giochi indie? Qualcuno direbbe di sì, qualcun altro propenderebbe per il no. Chiariamo, è ovvio che Sony non dà il budget di Ghost of Tsushima a uno sviluppatore indie, tuttavia non si può negare che sviluppare per conto di queste grandi aziende sia un gran bell’aiuto. Non è un’accusa, è una constatazione. Anzi, ben vengano programmi, iniziative e quant’altro a supporto degli indie che possano garantire la visibilità a studi e designer talentuosi che altrimenti rimarrebbero nell’anonimato.
Detto questo, ci sono una marea di indie su piattaforme meno trafficate in grado di offrire esperienze ludiche e narrative di altissimo livello. Sono giochi più semplici nelle dinamiche, perché in linea con le risorse messe sul tavolo, ma anche parecchio utili per capire la differenza tra un gioco indie al 100% e uno che è riuscito a garantirsi uno spazio tra i “grandi”. In questo articolo vogliamo proporvi sette videogiochi indie (per davvero) a cui dovreste dare un occhio.
Sviluppato da Richard Campbell, ho scoperto The Night Fisherman su itch.io, piattaforma (da qualche mese inglobata da Epic Games Store) che propone un gran numero di titoli piccolini, ma enormemente soddisfacenti per chi è alla ricerca di prodotti particolari e originali. Ora questo titolo è disponibile anche su Steam in forma gratuita, non avete scuse, dovete recuperarlo. The Night Fisherman, come spesso accade in opere di questo tipo, inserisce temi maturi in un contesto ludico e scenico basilare. Non c’è un gameplay complesso, l’interazione si concentra sullo spostamento della telecamera e sulla possibilità di operare delle scelte di dialogo.
Il giocatore impersona un pescatore che, di notte, trasporta viveri attraverso un canale inglese. Sulla sua barca, però, c’è anche un ospite poco gradito da chi pensa che non tutti debbano avere le stesse possibilità di riscatto e di vivere un’esistenza felice. Durante uno dei suoi viaggi, il pescatore viene fermato da un’imbarcazione preposta al controllo dei confini. Per tutti arriva il momento di scegliere, quel pescatore dovrà farlo e ciò significherà sacrificare una vita: la sua o quella di un’altra persona.
Non si tratta di un gioco politico, piuttosto di un’opera che vuole trattare in modo umano una tematica che non conosce lo scorrere del tempo.
Ispirato al capolavoro di Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, questo gioco narrativo ci mette nei panni di quattro sconosciuti personaggi che, in momenti diversi, in città diverse, esplorano se stessi affrontando gli ostacoli della vita, a volte con coraggio, altre con rassegnazione. Le tematiche presenti nel gioco vanno dall’omofobia al razzismo, dalla salute mentale al suicidio, esse sono trattate con estrema delicatezza, senza fini moralistici o sensazionalistici. L’obiettivo è far riflettere su problematiche che sembrano “cose della società moderna”, ma che in realtà affondano le radici in secoli di storia. Solo oggi, però, ne abbiamo piena consapevolezza e, grazie agli strumenti a nostra disposizione, le possiamo affrontare in modo maggiormente analitico e con coscienza.
Uno di questi strumenti è proprio il videogioco che unisce arte visiva e interazione attiva del fruitore, un mezzo che gli sviluppatori indie usano sempre più spesso per offrire esperienza in grado di accendere la mente portandola a fare chiarezza su argomenti che in precedenza, forse per pigrizia, non si erano mai approfonditi. If On A Winter’s Night Four Travelers è un classico punta e clicca, ma non propone enigmi particolarmente complessi, il prodotto vuole essere scorrevole e una sorta di sguardo sul mondo. Sviluppato da Dead Idle Games, è anch’esso disponibile gratuitamente su Steam.
Uno dei giochi più peculiari che abbia giocato negli ultimi anni. Bird of Passage è sviluppato da SpaceBackyard, studio che a dispetto delle apparenze è italiano, composto infatti da Alessandro Arcidiacono, Simone Tranchina, Maddalena Grattarola e Gianluca Pandolfo, ragazzi terribili con una passione sconfinata percepibile nei loro giochi dopo pochi istanti, possiamo citare Like Roots in the Soil, ma è proprio Bird of Passage ad avermi colpito in modo particolare perché affronta un argomento a prima vista molto specifico di una cultura, quella giapponese, mantenendosi tuttavia attuale anche per chi non conosce gli eventi di cui si narra. Inoltre, è un titolo in grado di fare divulgazione perché io, ammetto la mia ignoranza, non conoscevo la terribile sciagura occorsa nel 1923 in Giappone, conosciuta come il Grande Terremoto di Kanto, un sisma di magnitudo 7.9 che colpì l’isola nipponica distruggendo Tokyo.
Il protagonista ha vissuto quell’evento e ne ha vissuti tanti altri che si perdono nelle pieghe del tempo. Con un’estetica stilizzata, Bird of Passage ci presenta un personaggio che, ogni notte, prende un taxi senza avere alcuna meta, il suo unico obiettivo è parlare con i tassisti che di volta in volta lo accolgono sul proprio veicolo. Sembra arrivare da un altro tempo, conosce dettagli che solo chi ha vissuto per secoli può conoscere. I suoi pensieri toccano temi universali su cui tutti almeno una volta abbiamo riflettuto.
È incredibile come i videogiochi in pixel art riescano comunque a trasmettere sensazioni vivide, particolarmente intense. Si pensa che certe emozioni possano scaturire solo se davanti a noi abbiamo immagini chiare, realistiche, in realtà il fotorealismo e la grafica tecnicamente ineccepibile non c’entrano nulla con il veicolare le emozioni. Queste possono generarsi ascoltando un brano, attraverso un singolo suono, leggendo una frase che tocca corde sensibili del nostro cuore. Per dire, uno dei giochi horror più belli a cui io abbia giocato è Lone Survivor, ispirato fortemente a Silent Hill, è stato in grado di inquietarmi e farmi sentire in pericolo molto più di certi tripla A.
I Remember the Rain è una storia sul lutto, su come questo possa annientare una persona rendendola inerme di fronte alla vita. Anche i gesti più banali diventano pesantissimi, ciò che vediamo di fronte a noi non ha più luce. Il titolo sviluppato da Jordan Browne dura pochi minuti, nonostante ciò è intensissimo, dimostra che fare molto con poco è possibile. Trovato su Gamejolt, è stata una bella sorpresa.
I giochi lovecraftiani ormai stanno diventando sempre di più. Quelli ispirati alle opere di H.P. Lovecraft spaziano dall’horror all’action perché traendo ispirazione si costruiscono intorno dei contesti non per forza specifici dei suoi racconti, ad esempio Amnesia e Bloodborne sono diversissimi ma hanno echi dello scrittore americano. Meno in voga invece i giochi tratti dai suoi racconti, i più famosi sono Call of Cthulhu e The Sinking City, sviluppati rispettivamente da Cyanide e Frogwares. Nei meandri dell’industria indie però ce ne sono di molto belli, citiamo The Shore e Dagon, quest’ultimo è un racconto interattivo gratuito che potete trovare anche su Steam. Dagon era una divinità mesopotamica a cui Lovecraft si è ispirato per una delle prime opere appartenenti al Ciclo di Cthulhu, pubblicato nel 1919 sulla rivista Weird Tales.
Andate a recuperarlo. Io però adesso voglio parlarvi di The Terrible Old Man (Il terribile vecchio) uno dei racconti brevi più inquietanti di Lovecraft ma forse non conosciutissimo dai più. Almeno non da coloro che si sono concentrati maggiormente sulle opere più “mainstream” (Alle montagne della follia, La maschera di Innsmouth, etc.). Di questo racconto esiste un’avventura grafica sviluppata da Cloak and Dagger Games davvero interessante e ben curata, fedele al racconto originale tra l’altro. La storia narra di tre malfattori che si recano presso l’abitazione di un ricco anziano per derubarlo. Non hanno fatto bene i loro calcoli.
The Kite è un titolo freeware, sviluppato da Anate Studio, che mi ha generato un’angoscia che ho percepito pochissime volte giocando a un videogioco. Non è un horror, è un drama, infatti l’angoscia che si sente giocandoci è quella che si avverte quando ci si rende conto che si sta vivendo un’esistenza vuota e inutile, quando capisci che i sogni stanno svanendo e l’ultimo treno è ormai passato.
Ambientato in una città dai palesi connotati sovietici, The Kite ci fa vestire i panni di una donna che dalla vita non ha avuto nulla. Abita in una dimora squallida, situata in un quartiere degradato, con un marito che ha grossi problemi di alcolismo. La sua unica gioia è riversata sul figlio, per cui è disposta a fuggire da una realtà disumana alla ricerca di un riscatto che sembra impossibile.
Il gioco è un “pugno nello stomaco”, come direbbero i cinefili nell’era dell’Internet che colpisce andando a rappresentare una realtà che molti vivono, fatta di rinunce e desideri che non si sono mai avverati.
Ispirata alla serie I segreti di Twin Peaks di David Lynch, la serie di Cube Escape è uno dei trip più assurdi che possiate fare con dei prodotti indie. Sviluppati dallo studio olandese Rusty Lake, fondato da Robin Ras e Maarten Loise, i dieci capitoli che compongono la raccolta conducono il giocatore in ambientazioni sempre diverse in cui avvengono fatti surreali e al di là della conoscenza umana. Il detective Dale Vandermeer cerca di sbrogliare una matassa fatta di enigmi in cui la mente viene perennemente ingannata.
Cube Escape ha portato poi alla realizzazione di un’altra serie omonima dello studio, Rusty Lake appunto, un fumetto e un cortometraggio. Gli amanti dei puzzle non banali avranno filo da torcere perché la logica usata in questi giochi è particolarmente intricata, non scorretta, ma in grado di portare anche i più appassionati del genere al disorientamento.
In questo elenco, volevo inserire titoli ancora più piccoli che giocai anni fa su siti di flashgames, ma mi sono reso conto che moltissimi di questi ormai sono letteralmente spariti, spazzati via dal fatto che la tecnologia flash è stata soppiantata da linguaggi informatici e motori grafici più moderni. Ad esempio, ne ricordo uno che si intitolava I Have 1 Day, una sorta di rpg in cui l’obiettivo era di completare la quest principale nel giro di 24 ore. Ogni azione o viaggio intrapreso, però, “costava” un certo quantitativo di ore, era pertanto necessario decidere con attenzione quali missioni svolgere per non perdere tempo.
L’ho cercato dappertutto, ma non sono riuscito a trovarne una versione giocabile in modo da inserire nell’articolo il link. Stesso discorso per altre decine di titoli. Come vedete, non tutti i giochi indie sono uguali.
Leggi anche: Cinque autori indie che non sbagliano un gioco.
Player.it consiglia: Cinque giochi in grado di fare tanto con poco.
This post was published on 3 Ottobre 2022 15:39
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