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Speciali

Ho visto la conferenza di Konami e m’è venuta una tristezza infinita | #Story

Non voglio fare tanti giri di parole, ieri pomeriggio ho visto la conferenza di Konami al Tokyo Game Show e sono rimasto perplesso, quasi avvilito. Già so cosa state pensando e voglio replicare preventivamente all’ovvia obiezione che queste prime righe susciteranno: “Eh, ma cosa pensavi, di vedere davvero Silent Hill al Tokyo Game Show?“.

No, non sono così sprovveduto, bazzico l’ambiente videoludico da un bel po’ di anni e so benissimo che Silent Hill non è un titolo da Tokyo Game Show, soprattutto dopo tutti questi anni di assenza. L’evento che va in scena nella capitale giapponese ha un’impostazione molto diversa da quella che hanno altre rassegne videoludiche. Il ritorno di Silent Hill (ma lo stesso discorso si potrebbe fare per il remake di Metal Gear Solid) sarebbe un evento nell’evento, si tratterebbe di un annuncio in grado di far crollare i teatri e i palazzetti perché la serie horror ha scritto pagine indelebili della storia dell’industria dei videogiochi.

Io un annuncio di questa portata me lo posso aspettare durante un E3, la Gamescom di Colonia, la cerimonia dei Game Awards, al limite durante uno State of Play di Sony, eventi dalla natura maggiormente solenne rispetto al Tokyo Game Show che, invece, ha sempre mostrato la sua impostazione più leggerina.

Pertanto, no, non sono deluso dalla conferenza di Konami, a me è venuta proprio tristezza. Mentre scorrevano le immagini, pensavo di essermi sintonizzato su una tv privata durante le riprese, in stile Mai dire Tv, in un mercatino rionale. Non è stata la noia a prendere il sopravvento, è stata la malinconia. Konami ha iniziato mostrando Yu-Gi-Oh: Cross Duel, nuovo card game che segue il successone di Master Duel, una delle IP che maggiormente sta rimpinguando le casse dell’azienda nipponica.

Trenta-quaranta minuti di Yu-Gi-Oh, ho perso il conto, in cui i conduttori sembravano davvero stupiti per ogni minima cosa, è il loro lavoro, per carità, e non dico che Yu-Gi-Oh non sia un titolo di cui essere fieri, se fa quei numeri significa che alle persone piace. Io non sono un appassionato di questo tipo di intrattenimento, ma non metto in dubbio la bontà di tutto ciò che ruota intorno a questo franchise. Poi Konami ha effettivamente annunciato il ritorno di una sua serie storica, si tratta di Suikoden, j-rpg che tornerà con le versioni rimasterizzate dei due capitoli usciti sulla prima PlayStation.

Io qui alzo le mani perché Suikoden è effettivamente una serie che ha accompagnato nella propria crescita tanti ragazzini dell’epoca, il suo ritorno è graditissimo, tuttavia Konami anche in questo caso ha dimostrato di passare un periodo, molto lungo, di apatia e strafottenza senza pari avendo mostrato davvero pochissimo del gioco di punta del suo showcase. Anzi, la melodia che ha accompagnato quel gameplay striminzito e con poco mordente mi ha messo ancora più tristezza.

La palla poi è passata a eFootball con due ragazze immagine che sono state palesemente costrette a giocarci e a sorridere, altrimenti la loro famiglia, rapita in precedenza, sarebbe stata soppressa. Io sono sempre stato un “pessaro”, fino a che i giochi di calcio non mi hanno letteralmente stufato, ho vissuto attivamente tutta l’era ISS Pro Evolution/Winning Eleven. Sono diventato appassionato di calcio e di videogiochi anche grazie alla simulazione calcistica di Konami, ma eFootball non mi ha fatto percepire la stessa passione che c’era una volta da parte del team di sviluppo.

Ah sì, poi abbiamo visto Super Bomberman R 2 e una sorta di documentario all’interno della eSports school di Konami, ma non faccio battute altrimenti non mi pubblicano l’articolo, tuttavia non è questo il punto. Non sono i giochi il punto. È l’atmosfera generale di questa conferenza che mi ha messo addosso una sensazione di scoraggiamento, più guardavo più mi chiedevo dove fosse finito uno degli studi più prestigiosi dell’industria videoludica. Per un’ora ho avuto la sensazione che Konami fosse lì solo perché la sua sede si trova a Chūō, un quartiere di Tokyo, se invece l’evento si fosse svolto a Osaka, per dire, a 400 km di distanza circa, non si sarebbe presentata perché tanto “chi ce lo fa fare?“.

Il mood dello showcase a me ha ricordato il filmino della cresima di un nipote che manco ti telefona, però esige che tu veda quanto fosse bello il vestitino. Io non posso accettarlo da Konami, un’azienda che mi ha forgiato in quanto videogiocatore, che mi ha temprato mettendomi di fronte a scene forti per un bambino/adolescente come la violenza subita da un mannequin da parte di Pyramid Head o l’ingresso in scena di Gray Fox. Non lo posso accettare da un’azienda che aveva tra le mani giochi che hanno letteralmente dettato legge e scritto i canoni di ogni genere a cui appartenevano: Silent Hill con l’horror, Metal Gear Solid con gli action stealth, Castlevania con i metroidvania (che appunto prendono il nome da esso e da Metroid).

E non solo, perché di Konami le persone ricordano spesso e volentieri solo le tre serie sopra citate, in realtà di IP meravigliose la società giapponese ne aveva altre. A parte Suikoden che abbiamo già nominato, Konami ha creato Contra, il gioco che ha inventato il genere run’ n gun poi sdoganato da Metal Slug e di cui oggi abbiamo tante rivisitazioni, la più importante e particolare è senza dubbio Cuphead. Konami ha sviluppato un titolo che forse non molti ricordano, ma che ha rappresentato una delle esperienze più intense della sesta generazione, Shadow of Memories (qui potete leggere un mio speciale a esso dedicato per la rubrica retrogaming).

È andato tutto perduto? Va bene, ne prendo atto, ma io chiedo almeno un minimo di dignità da parte di Konami, un moto d’orgoglio, come avvenuto in casa Capcom, perché durante il Tokyo Game Show non ho percepito minimamente la volontà di offrire uno spettacolo quantomeno dignitoso, ma solo il fastidio di dover mostrare una vetrina spoglia con tutta la merce in liquidazione perché tanto il mondo è pieno di persone che si fanno raggirare dai pachinko, garantendo una rendita a vita a Konami.

Come potete capire, la mia è tristezza nel costatare che Konami è l’ombra di se stessa, non è delusione per annunci mancati che forse un giorno, tra l’altro, arriveranno visto che, parliamoci chiaro, il ritorno di Silent Hill non è isteria di massa, quella al limite era esplosa pensando a un Kojima sul progetto, ma una conclusione logica dopo la partnership tra Konami e Bloober Team. E quando un giorno l’annuncio ci sarà, tutto ciò che sto imputando all’azienda rimarrà, perché la fiducia si riconquista passo dopo passo con fatti concreti, non con la caramella offerta per far star buono il bambino capriccioso.

Nessuno qui fa i capricci, se ci sono community a cui non si può dir nulla sono proprio quelle di Silent Hill, che ha dovuto ingoiare delusioni su delusioni senza battere ciglio, e quella di Metal Gear Solid che ha subito l’onta di Survive con estrema dignità. La stessa dignità che si spera Konami ritrovi chiusa in un cassetto.


Leggi anche: Cinque autori indie che non sbagliano un gioco | #indie

This post was published on 17 Settembre 2022 14:00

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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