Benvenuti ad un nuovo #Gamersdigest, recap delle principali notizie della settimana videoludica appena trascorsa.
Selvaggi
I PlayStation Studios si allargano.
Sony ha acquisito un nuovo team di sviluppo, con l’intenzione di focalizzarlo esclusivamente sul settore mobile. Si tratta di Savage Game Studios, fondato nel 2020, con uffici a Berlino e Helnski, composto da fuoriusciti di Rockstar Games, Wargaming, Rovio e Next Games, tutti con esperienza nello sviluppo di progetti mobile, per l’appunto.
Nel comunicato stampa ufficiale, il capo di PlayStation Studios Hermen Hulst ha anticipato che il team è già al lavoro nella produzione di un “AAA mobile live service action game”, dunque un titolo che verrà costantemente aggiornato e che si reggerà su sistemi di monetizzazione che potranno andare dal gacha free-to-play al pay-to-win moneygrabber (speriamo non questo secondo caso, ovviamente).
La “notizia nella notizia” è però un’altra: questa acquisizione non rappresenta una timida incursione nel settore mobile da parte di Sony, bensì una decisa strategia di aggressione di quella nicchia di mercato in cui il marchio PlayStation ancora non si è insinuato. È lo stesso Hulst a rivendicare con orgoglio la grande annata di vendite console e i sempre maggiori successi dei port PC di casa Sony, ritenendo una naturale progressione il focalizzarsi anche sul segmento del mobile gaming, nel quale la compagnia manca da tanti anni, ovvero dalla dismissione della poco felice avventura commerciale di PS Vita:
Savage Game Studios entra a far parte della neonata PlayStation Studios Mobile Division, che opererà in modo indipendente dalla divisione dello sviluppo per console e si concentrerà su esperienze innovative in mobilità basate sulle IP PlayStation, già esistenti o nuove. Hermen Hulst per PS Blog – 29 agosto 2022
Non ci sono riscontri che suggeriscano che Sony stia lavorando ad una nuova console portatile, cosa che la porrebbe in competizione con Nintendo Switch, quasi-monopolista del settore, e la neonata Steam Deck rivolta ad una nicchia di spesa di fascia alta. Il settore hardware non sembra presentare particolari opportunità di inserimento. È più probabile quindi che la strategia di Sony riguardi solamente lo sviluppo software, almeno per il momento.
Incidentalmente, Sony ha anche acquisito quote di FromSoftware, di cui detiene circa il 14% del totale azionario. Il 16% è in mano a Tencent, mentre la maggioranza delle quote (e quindi la proprietà) rimane saldamente in mano a Kadokawa.
Facebook Gaming, brutto
Facebook Gaming è morta.
Ok, non l’intero servizio, bensì la app dedicata, che dopo appena due anni sarà dismessa da Meta il prossimo 28 ottobre, come si legge nel comunicato qui sopra. Che il pubblico si filasse poco la piattaforma di Facebook dedicata allo streaming dei videogiochi era sensazione comune a tutti, e questa notizia non stupisce particolarmente.
Il servizio continuerà, ma esclusivamente all’interno di Facebook. Insomma, se Meta ambisce davvero a creare lo “Zuckerverse” occorre una ripensata generale di tutte le sue applicazioni, dalle loro funzioni al modo in cui dialogano tra loro. In questo senso un po’ di pulizia da inutili/improduttivi orpelli non può che fare bene.
Parigi-Pechino, sola andata
Nuova incursione cinese in terra europea, stavolta con l’acquisizione di Quantic Dream (di cui già aveva delle quote) ad opera di NetEase Games, per una cifra non divulgata. Chiunque sperasse che la compagnia francese, in passato attratta dall’orbita Sony, finisse per esservi prima o poi inglobata, si è dovuto ricedere.
In questo modo NetEase è riuscita ad imbastire una testa di ponte nel mercato europeo del gaming, il che potrebbe essere indice di un trend futuro, qualora i colossi come Tencent e la stessa NetEase decidessero che le maglie delle stringenti regolamentazioni del governo cinese in materia di gaming rendano il mercato interno troppo costretto.
Al developer è garantita indipendenza creativa, e il CEO Guillaume De Fondaumière si dice sicuro che l’operazione porterà nuove possibilità di investimento e quindi crescita di Quantic Dream, divenuta ormai publisher oltre che solo sviluppatore (durante la Gamescom abbiamo visto il trailer di Under The Waves, avventura subacquea di Parallel Studio che sarà distribuita dal gruppo francese):
Ora saremo in grado di portare avanti le nostre ambizioni sfruttando le sinergie tra le compagnie, pur rimando pienamente indipendenti nella gestione del nostro studio e delle nostre scelte editoriali. È una situazione ideale per noi: sia per l’azienda, i suoi partner e il nostro team, sia per i milioni di giocatori in tutto il mondo che apprezzano il nostro lavoro. Per i nostri dipendenti è anche una garanzia di sostenibilità nel tempo, che ci assicura di poter mantenere le nostre ambizioni vive nel corso del tempo, avendo la sicurezza di appartenere a un gruppo globale. Guillaume De Fondaumière citato da James Batchelor per Gamesindustry – 31 agosto 2022
Nel comunicato ufficiale sul sito di Quantic Dream, l’azienda francese si dice entusiasta dei 25 anni di attività sin qui trascorsi, e fiduciosa di essere pronta per i prossimi 25 grazie ad una partnership strategica come questa, in grado di portare i giochi dell’azienda a mercati finora lontani. Peraltro questa operazione non comporterà alcun cambio ai vertici della compagnia, che continuerà ad essere guidata da Guillaume De Fondaumière e David Cage.
C’è comunque da chiedersi se la vocazione all’online propria dei giochi NetEase Games non finirà per insinuarsi, in un modo o nell’altro, nei prodotti della software house europea. Tradotto: NetEase proverà a diversificare il suo portfolio lasciando indipendenti gli studi esteri, o viceversa tenderà ad uniformarli a quella che è stata finora la sua filosofia di game design? A parole, sia i francesi che i cinesi propendono per la prima ipotesi (come si può leggere dal comunicato di acquisizione diffuso da NetEase), li aspettiamo alla prova dei fatti.
Indagine su un’acquisizione al di sopra di ogni sospetto
Il garante inglese per la concorrenza (UK Competition and Markets Authority, CMA) vuol vederci chiaro nella colossale operazione di M&A con cui Microsoft vorrebbe accaparrarsi Activision Blizzard (operazione da 68,7 miliardi di dollari). Il primo settembre si è conclusa una prima fase di indagine (iniziata il 6 luglio) che ha fatto emergere potenziali rischi per la concorrenza sul mercato inglese. Nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito del governo britannico, si legge infatti:
Microsoft possiede già una console da gioco leader sul mercato (Xbox), una piattaforma cloud (Azure) e il principale sistema operativo per personal computer (Windows), tutti elementi che possono decretarne il successo in ambito di cloud gaming. La CMA è preoccupata che Microsoft possa sfruttare i giochi di Activion Blizzard combinati con la potenza della stessa Microsoft in ambito console, cloud e PC per danneggiare la competizione del nascente mercato del cloud gaming. Comunicato stampa della CMA su gov.uk – 1 settembre 2022
Per approfondire la questione verrà quindi avviata una Fase 2 delle indagini, questa volta affidata ad un team indipendente di esperti di settore, che dovrà cercare di stabilire se veramente l’operazione di acquisizione potrebbe dar vita ad uno scenario di mercato meno competitivo di quanto sia attualmente. Tutti gli aggiornamenti saranno pubblicati sulla pagina ufficiale della CMA riguardante il caso. Microsoft avrebbe tempo fino all’8 settembre per presentare prove a sostegno della innocuità dell’operazione e far ricredere l’ente, una finestra temporale piuttosto ristretta per riuscire ad impedire la prosecuzione delle indagini.
Non sono certo un esperto di autorità antitrust, ma le preoccupazioni sollevate dall’ente inglese mi sembrano ragionevoli, così come l’eventuale Fase 2 prospettata dalla CMA mi pare rientri in una normale prassi di indagine, considerando le dimensioni dell’operazione. Che questo comporti per forza, anche in caso di via libera finale, un ritardo nella concretizzazione dell’operazione (fissata per giugno 2023), è da capire. Secondo la dirigenza di Activision Blizzard, non c’è da preoccuparsi: il CEO Bobby Kotick ha infatti pubblicato una lettera ai dipendenti della compagnia, in cui si dice fiducioso che l’acquisizione andrà in porto entro i tempi previsti.
Pur tenendo conto del gran numero di approvazioni governative necessarie, riteniamo comunque che l’operazione si concluderà molto probabilmente entro la fine dell’anno fiscale di Microsoft, che si concluderà a giugno del prossimo anno [30 giugno 2023]. Abbiamo la fortuna di aver già ricevuto pareri favorevoli da un paio di Paesi, e il processo con tutte gli enti regolatori sta procedendo come ci aspettavamo. Ci sono giunte notizie dal Regno Unito, dove abbiamo il maggior numero di dipendenti dopo il Nord America. Lì siamo entrati nella Fase 2, e continueremo a collaborare pienamente con le autorità preposte, nel Regno Unito così come in tutti gli altri paesi che ancora necessitano di approvazione. Bobby Kotick, lettera ai dipendenti riportata sul investor.activision.com – 1 settembre 2022
Gotta Catch’em All The Money!
The Pokemon Company ha fatto causa a 6 aziende cinesi per violazione di copyright. La faccenda è relativa ad un gioco mobile, Pocket Monster Reissue, che sembra essere un vero e proprio plagio dei giochi di Pokemon realizzato senza alcuna autorizzazione. Il South China Morning Post, che ha riportato la notizia, pubblica anche uno screen della presentazione del gioco sugli store digitali, dove si testimonia l’appropriazione indebita.
La denuncia è stata depositata presso il tribunale di Shenzhen, con una richiesta di risarcimento che ammonta a 500 milioni di yuan, ovvero circa 72,5 milioni di dollari, nonché dei comunicati di scuse ufficiali delle aziende responsabili sulle principali testate cinesi di settore. Chi vincerà?
C’è da dire che in Cina, per decenni chiusa a qualsiasi commercio videoludico con l’estero, il settore è stato caratterizzato tradizionalmente dalla presenza di giochi-fotocopia, plagi conclamati di noti franchise, e a quanto pare Pokemon non ha fatto eccezione, tanto più che Pechino ha impedito la distribuzione di alcuni titoli del franchise anche in tempi recenti, ad esempio nel 2017 ha messo al bando Pokémon Go, vietato per motivi di sicurezza.
Guai al PQubo
Brutto periodo per il distributore britannico. Settimana scorsa PQube, publisher specializzato in produzioni indipendenti, è stato accusato pubblicamente da due studi indonesiani, Toge Productions e Mojiken Studio, di aver sottratto loro i finanziamenti vinti grazie ad un fondo dedicato al sostegno di sviluppatori di minoranze poco rappresentate: l’azienda inglese avrebbe usando tali risorse per operazioni che nulla avevano a che fare con il gioco a cui gli studi stanno lavorando, l’avventura story-driven A Space for the Unbound.
Insomma, PQube studio si sarebbe intascata i soldi.
Ovviamente l’azienda ha respinto tutte le accuse, e vedremo dove questo porterà. Nel frattempo però le fila degli accusatori si sono ingrossate con l’arrivo di Corecell, che su Twitter ha fornito un pessimo feedback riguardante la partnership, ormai conclusa, con PQube, relativa alla distribuzione del loro gioco AeternoBlade II.
Corecell sostiene infatti che il publisher inglese non abbia pagato il minimo garantito allo studio per i diritti di distribuzione, avendo versato solo una prima tranche di pagamento. A seguito di ciò lo sviluppatore avrebbe receduto dal contratto siglato con PQube, la quale non avrebbe però mai restituito i diritti di distribuzione del gioco, che dunque continuerebbe a vendere illecitamente; tutto ciò a danno di Corecell, che avrebbe passato gli ultimi 3 anni in una precaria situazione finanziaria.
Anche in questo caso PQube ha respinto le accuse, tacciando altresì Corecell di inadempienza rispetto alle richieste di miglioramento e correzione di problemi di cui il titolo in questione era afflitto al lancio, richieste che sarebbero rimaste in gran parte inevase dallo sviluppatore. Forse è vero che due indizi non fanno una prova, ma se non c’è due senza tre, i guai per l’editore inglese potrebbero non essere finiti…
Localizzazioni, che… Passione!
Una bellissima inchiesta di Insert Coin, progetto di Massimiliano Di Marco, ha gettato una luce su un segmento dell’industria poco battuto anche dalla stampa di settore, ovvero la localizzazione videoludica. Raccogliendo le testimonianze di dipendenti o ex dipendenti di varie aziende, Di Marco ha tracciato un quadro inquietante della situazione lavorativa che coinvolge i traduttori di videogiochi: spesso vincolati da NDA che impediscono loro di poter dichiarare espressamente su quali titoli lavorano, e altrettanto spesso privati del sacrosanto inserimento dei propri nomi nei credits dei giochi, i traduttori lavorano sovente tra l’incudine di paghe basse e orari di lavoro non consoni, e il martello dell’anonimato forzato che impedisce loro di avere credenziali credibili qualora cercassero altre offerte lavorative.
Ne emerge un quadro in cui poche, grandi aziende specializzate dominano il settore (Keywords e Transperfect su tutte), magari acquisendo e/o subappaltando gli incarichi a realtà più piccole, in cui i traduttori veri e propri si ritrovano ad essere le ultime ruote del carro, prive di alcun potere contrattuale e forzati a rimanere nelle proprie posizioni a causa di accordi di riservatezza concepiti ad hoc per impedire loro di cercare migliori condizioni lavorative altrove. Esempi virtuosi ce ne sono, ma si tratta di pochi casi che riguardano spesso realtà aziendali di piccole dimensioni, che hanno a che fare soprattutto con produzioni indipendenti. Per tutti gli altri è Game Over, tra weekend di lavoro non pagati e lo smacco di vedere spesso solamente il nome dell’azienda – e non il proprio – comparire nei titoli di coda.
Queste sono le inchieste che vogliamo leggere, questo è il giornalismo che l’industria dei videogiochi e i suoi consumatori meritano.
La settimana di Player
Settimana di recensioni, questa, alla faccia del periodo morto: l’autunno videoludico si preannuncia già caldo.
Iniziamo con Michele Longobardi, che ha provato per voi Immortality, il nuovo “gioco” del geniale Sam Barlow: un’investigazione all’interno di vecchie pellicole, da analizzare e rimontare alla ricerca di una verità nascosta sul destino di una famosa attrice scomparsa nel nulla. Scoprite di più nella sua approfondita recensione.
Altra grande attesa della stagione è The Last of Us: Parte I, almeno per chi non aveva ancora avuto modo di giocare il classico di Naughty Dog. Le migliorie apportate saranno sufficienti a consigliarlo anche ai veterani? Scopritelo nella recensione dell’esimio Claudio Albero.
Foste in vena di menare le mani a suon di battaglie tra robottoni non dovete far altro che rivolgervi a SD Gundam Battle Alliance, un action RPG che ha divertito il nostro Michele Giannini, pur con qualche riserva: leggete il perché nella sua recensione.
Finiamo con l’immarcescibile Alessandro Colantonio che, in cerca di esperienze lisergiche, si è lanciato nella prova di Ooblets, strampalato indie in cui dovremo gestire una fattoria ma anche far combattere dei mostriciattoli a passo di danza. Non capite come le due cose possano stare assieme? Nemmeno io, motivo per cui adesso vado a leggermi la sua recensione…
Infine, c’è tempo per una lamentatio dell’intristito Simone Mauro che ha giocato il nuovo Octopath Traveler ed è rimasto molto amareggiato; e per un’utile guida di Simone Alvaro “Guybrush89” Segatori (dato che si firma così non vedo perché dovrei abbreviarlo) sui come sbloccare i personaggi migliori di Genshin Impact.
Per questa settimana è tutto.
Appuntamento a domenica prossima con il #Gamersdigest 36.