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Crossplayer | As Dusk Falls fra cinema e videogioco: pensieri sparsi

As Dusk Falls, nuova avventura narrativa da Interior/Night (studio nato nel 2017 da una costola di Quantic Dream) è probabilmente il gioco più genuinamente cinematografico che il 2022 ci abbia dato finora assieme-forse-a The Quarry: strutturato sulla stessa filosofia che muove tutt’ora la poetica di David Cage e di altri studi come Supermassive Games, As Dusk Falls punta a dare al giocatore un’esperienza appassionante e improntata sulla tensione; questo è possibile grazie a una storia che attinge senza paura al grande cinema crime americano degli ultimi anni.

Ambientato in un paesino dell’Arizona del 1998, fra motel sperduti nel nulla, ranch fatiscenti e boschi impenetrabili, la sua storia mette in scena quella che gli stessi autori hanno descritto come una sorta di tragica faida fra famiglie, in cui bene e male sono determinati di fatto soltanto dalle sfighe e dai dolori che i singoli protagonisti hanno dovuto sopportare. 

Il legame col cinema, i rimandi a questo o a quel film, sono tanti.
Anzi, in realtà si tratta di un’attinenza a un genere (o meglio, a un insieme di film che hanno in comune stilemi tematici e narrativi facilmente riconoscibili) che Hollywood ha presentato più o meno a partire dagli anni ‘90 a oggi.
Una categoria di film che rilegge uno dei temi più classici del cinema americano, il crime, ma lo sviluppa superando alcuni suoi elementi peculiari e rivestendolo di contenuti al passo con i tempi, le cui tracce sono visibili anche all’interno di As Dusk Falls: setting, dinamiche fra personaggi, schemi attraverso cui vengono affrontati determinati temi sono dei perfetti esempi di queste iterazioni.

Questo genere non ha propriamente un nome, ma chi scrive si sente particolarmente creativo e ha intenzione di recuperare una vecchia definizione critica per darla ad ADF e compagnia: parleremo quindi di “neo-noir”.

ATTENZIONE: ARTICOLO SPOILEROSO, SE NE CONSIGLIA LA LETTURA A GIOCO FINITO

Neo-noir: il crime movie dei nostri tempi

La lista di film compresi in questa categoria è lunga, lunghissima, e ci permette di individuare le coordinate stilistiche essenziali per la nostra analisi “narratologica” di ADF.

Partendo dagli anni ‘90 e andando a memoria, “neo-noir” è un genere che potrebbe comprendere tanti mostri sacri e classici del cinema degli ultimi trent’anni: dal Tarantino de Le Iene, Pulp Fiction e Jackie Brown (pulp, grottesco, ironico) al Michael Mann di Heat-La Sfida e di Collateral (una sorta di crime neo-romantico imbevuto di pessimismo esistenziale), dai fratelli Coen di Fargo e Non è un Paese per Vecchi al Taylor Sheridan de I Segreti di Wind River (forse uno dei migliori autori di “rural noir” di sempre), passando quasi per Mystic River di Clint Eastwood.

Banner originale di “Non è un paese per vecchi”

Cos’hanno in comune questi film, tra l’altro molto diversi fra loro?
Cos’hanno in comune con As Dusk Falls? 

Anzitutto, parlano tutti di crimini e criminali, in modo diverso ma utilizzando la stessa prospettiva: quella di un’America che non riesce più a distinguere il bene dal male, e forse non vuole neanche più provarci. In seconda battuta, più sottile, tutti questi film finiscono inevitabilmente per spogliare il noir di alcuni suoi elementi estetici fondativi.

Per esempio, al posto dei classici detective privati o criminali da hard-boiled con battuta facile e pistola sempre in mano, il neo-noir non ha paura di mostrare personaggi più realistici e umani per i quali la storia crime altro non è che un modo per affrontare i propri demoni interiori. Ancor più interessante, il setting delle storie si sposta in modo prepotente dalle megalopoli della West Coast come Los Angeles e San Francisco ai piccoli paesi di campagna dell’entroterra, magari sperduti fra praterie e deserti al confine col Messico, come nel caso di Non è un paese per vecchi o di Wind River.

A questo proposito c’è persino chi ha parlato di “western contemporaneo”, con la traslazione del vecchio racconto condito da tensioni tra pistoleri immersi nel west della fine dell’800 a una contemporanea non meno brutale

Macchine al posto dei cavalli, M4 al posto delle vecchie Colt e giubbotti di pelle a sostituire i sombreri, ma poco cambia: sempre di un’America violenta e corrotta, in cui le persone reagiscono ai propri demoni sparandosi addosso, si parla.

I Segreti di Wind River

Proprio sul discorso sociale è necessaria una parentesi interessante

Per quanto non sempre (pensiamo ai film di Mann e Tarantino), in tutti i film che abbiamo elencato è onnipresente una critica all’american way of life, ai suoi “stilemi”, al suo modus vivendi e alle profonde disuguaglianze che attanagliano la società.
In queste storie, il crimine non è mai solo un ingrediente narrativo messo lì per creare una storia d’azione o d’avventura ma è un elemento centrale, una conseguenza del degrado e dell’indigenza.
In tutte queste narrazioni, As Dusk Falls compreso, il tema fondante è che le persone possono arrivare a fare cose orribili perché messe alle strette e senza altre soluzioni.
E questo porta tutto il discorso su un altro piano. 

Questo, e altro ancora, sono elementi che tornano prepotentemente anche in As Dusk Falls.

As Dusk Falls: una storia americana

E quindi, dopo questa lunga lezione di narrativa/cinematografia neo-noir, la domanda è: cosa c’è di neo-noir in ADF? Praticamente tutto, sia da un punto di vista narrativo che estetico.

Probabilmente, i film ai quali Interior/Night sembra ispirarsi sono quelli dei Coen, in primis Non è un paese per vecchi

Lo splendido Javier Bardem di Non è un paese per vecchi)

Nel film del 2007, tratto da uno dei più bei romanzi degli anni 2000 (a firma Cormac McCarthy), il furto di una valigetta piena di soldi da parte di un semplice operaio scatena un clan di malavitosi che recluta un feroce sicario che uccide con una curiosa arma ad aria compressa (un gigantesco Javier Bardem) per recuperare il prezioso bottino. A dover districare la matassa, uno splendido sceriffo crepuscolare interpretato da Tommy Lee Jones.

Per quanto la trama sia di differente, il tema fondamentale è il medesimo: una montagna di soldi che scatena una violenza spietata che porta persone “buone” e “cattive” (le virgolette son d’obbligo) a dover combattere per la propria vita. E credetemi, anche se Non è un paese per vecchi è tutt’oggi riconosciuto come un vero cazzotto nello stomaco, di quelli indimenticabili, a livello di brutalità e secchezza As Dusk Falls ha davvero poco da invidiargli. 

As Dusk Falls (“Come cala il tramonto”… ditemi, non è splendido?) è come detto in sede di recensione l’ennesima grande ballata americana su come le colpe dei padri ricadano inevitabilmente sui figli, con costanza. 

Abbiamo due “innocenti” (Zoe, bimba in viaggio con la famiglia, e Jay, il più giovane dei rapinatori) che si ritrovano a dover gestire le conseguenze più o meno pesanti delle scelte dei loro genitori, che li fanno inevitabilmente diventare delle persone messe a dura prova dalla vita e dalle sue bruttezze. 

Zoe, quasi casualmente, diventa una persona traumatizzata a vita da una rapina in cui è incappata perché si è ritrovata nel classico posto sbagliato al momento sbagliato, il secondo diventa rapinatore perché cresciuto in un contesto di violenza e disagio. È un tema antico del cinema, al quale ADF si rifà e che vuole ripetere, e funziona benissimo anche come premessa per un gioco di questa portata. 

E di queste narrazioni il gioco riprende anche gli elementi formali essenziali: la tavolozza calda da western fuori tempo massimo, i non-luoghi utilizzati con sapienza (a cominciare dal motel nel deserto), tanto realismo nella rappresentazione del mondo. 

Tutti tasselli che trasportano il gioco dritto in quell’universo e quella mitologia, quasi fosse uno spin-off di successo. E questo è bellissimo, e culturalmente stimolante.

Cinema e videogioco: qual è il vero confine?

Se seguiamo il ragionamento fatto fin qui, non sorprende che ADF possa portare il discorso verso un tema che fa torna ciclicamente nel settore, soprattutto negli ultimi anni.
Dopo l’avvento di un certo modello di tripla-A, votati alla creazione di un effetto blockbuster per emozione e costruzione tematica (i nomi son sempre quelli: The Last of Us e God of War, ma anche Red Dead Redemption II e GTA V) il tema si è fatto sempre più chiaro: il confronto tra cinema e videogioco in termini di coinvolgimento e perizia tecnica.

In questo ragionamento, As Dusk Falls è un gioco che pone degli spunti interessanti, e non perché sia tecnicamente il punto d’incontro più alto possibile fra storytelling filmico e gamificato (anzi), ma per i temi che tratta.

Potremmo passare ore a parlare di come le atmosfere cinematografiche vengano rielaborate in un’operazione come quella di Interior/Night, di come la perizia della direzione sia la medesima, ma sbaglieremmo a limitarci alle analogie formali. 

Il punto è che giochi come As Dusk Falls, Life is Strange e altri riescono ad avvicinare molto più cinema e videogioco di tanti tripla-A costruiti sull’effettone visivo per la loro sceneggiatura carica di significati, per il loro osare affrontare temi “duri” (e come detto ad As Dusk Falls il coraggio non è mancato) in una cornice ritenuta “safe” da molti.

As Dusk Falls è vero “cinema videoludico”, o “videogioco cinematografico” perché fa sul serio, pone temi e li analizza come farebbe uno storyteller visivo di un altro livello.  È forse questa maturità tematica di fondo, piuttosto che in altri aspetti, che conferma la direzione verso cui un certo tipo di videogioco sta andando e come si svilupperà. 

Avremo in futuro più giochi in grado di scatenare un dibattito su questo o quel tema? Di partire magari da un genere fortemente codificato come il noir o l’action, e di allacciarlo a tematiche attuali o comunque di comune sentire, in grado di portare al confronto? E perché non ragionare su quanto alcuni videogiochi potrebbero diventare materia di discussione nei circoli culturali anche mainstream?

Gli spunti, le domande e le questioni sono tantissime e, se pensiamo che a porle è soltanto un “medio” gioco doppia-A ritenuto giustamente di nicchia, pensiamo a cosa potrebbe fare un gioco “più grande”. 

This post was published on 24 Luglio 2022 14:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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