Durante una nottata di tregua dai playoffs NBA mi sono ritrovato a guardare la live streaming del processo tra Johnny Depp e Amber Heard e ho realizzato di cosa si trattasse.
Guardare questo “spettacolo”, se escludiamo le varie clip del maxiprocesso a Cosa Nostra o qualche puntata particolarmente ispirata di Forum, mi ha fatto capire di star assistendo al primo vero e proprio verdetto in aula della mia vita, il primo “trial” a cui stavano assistendo i miei occhi.
Ecco, in questa maniera, come folgorato non ho potuto fare a meno di accogliere la rivelazione che stavo avendo: mi sembrava tutto, in una maniera praticamente sconcertante, una partita ad Ace Attorney.
Negli anni ho collezionate brutali batoste a NBA2K da amici che a differenza mia non avevano il vizio di fare le 4 per guardare le finali di conference, o meglio manco sapevano a che ora andassero in onda. Ho conosciuto personalmente chi ha passato i pomeriggi da adolescente contorcendosi sulle tavole da snowboard di SSX Tricky ma che, nelle sue poche sortite sulla neve, non ha manco mai indossati degli sci. Questa discrepanza tra cose videoludiche e cose reali è una delle magie del medium, senz’ombra di dubbio.
In attesa del mio arresto posso dire che le uniche esperienze in tribunale avute sono state giocando nei panni di Phoenix e amici. Tra le altre cose, signori della corte, vorrei anche dire che questo non è altro che uno dei videogiochi dal fascino talmente intenso da non aver ancora mai trovato il tempo adatto per poter mettere insieme un tributo come si deve. Quasi se esistesse una specie di timore reverenziale.
Mi è venuto quasi spontaneo chiedermi una cosa: di questa celebre saga che è riuscita nel tradurre la giurisprudenza in materiale da intrattenimento esiste un corrispettivo mobile?
Di Ace Attorney per smartphone esistono ben 4 capitolo: Dual Destinies, Spirit of Justice, Investigations/Miles Edgeworth e Apollo Justice.
Tutti questi sono porting, cosa che ha molto senso considerando che questi videogiochi sono nati come titoli touch screen friendly direttamente su 3DS.
Questo però non è un vero e proprio corrispettivo: un corrispettivo deve riuscire nella difficile missione di riprodurre gli elemnti di gameplay, ritmo narrativo, atmosfera e visione estetica all’interno di un pacchetto che si scarica da uno store, sotto spoglie neanche troppo aliene.
Dopo qualche ricerca sono riuscito a trovarne 2:
Ci siamo, nuova partita.
Il gioco mi ha chiesto una seconda volta se volessi davvero iniziare, facendomi fin da subito presagire una certa vena inquisitoria.
Siamo in tribunale: la partenza è in medias res.
Silenzio in aula, classiche inquadrature alla Ace Attorney e avvocati parecchio carismatici a schermo. Alla sbarra, un testimone che fa la sue dichiarazioni ma basta guardarlo per capire che, sotto sotto, anche lui ben lo sa: stiamo per ribaltare le sorti del processo e stiamo per farlo battendo violentemente i palmi sul tavolo, giusto per farci accompagnare da una musica trionfale e dallo stupore generale. Tyrion, il nostro alter ego virtuale, ha appena detto al testimone che egli sta mentendo.
A schermo parte un flashback.
Questo è il racconto del delitto, stavolta visto dalla prospettiva del carnefice.
Al momento Attorney of the Arcane sembra essere un visual novel di discreta fattura, che non indugia nel mostrare un suo carattere deciso. L’ambientazione medievale viene pian piano svelata e, quà e la, compaiono figuri in giacca e cravatta: si fa facilmente riferimento tanto alla magia quanto alle leggi che regolano la società in questione.
Ora torniamo in tribunale, nell’anticamera dell’aula più precisamente.
Qui possiamo parlare con la figlia della vittima (il nostro cliente).
Nel tutorial riceviamo un’introduzione alle meccaniche relative alle prove, possiamo analizzare gli oggetti registrati durante il processo per confutare le dichiarazioni dei testimoni e ragionare. Inizia poi un’altra sezione, quella relativa al mettere in pratica le nozioni appena apprese.
Tutto sembra andare per il meglio ma… qui si blocca il gioco.
A schermo c’è giusto una scritta “Witness Testimony” che non vuole sapere di andare via. A prescindere da dove io poggi il dito non succede niente. Salvataggio e ricarica non aiutano nemmeno in questo caso: quella che sembrava una demo o un primo episodio, purtroppo, si è rivelata pure piena di bug.
Sulla pagina dello store non si trovano commenti, scavando nel web c è poco a riguardo e ancora meno sono i commenti che risalgono a meno di sei mesi fa.
Dalle pagine ufficiali si può notate come gli sviluppatori siano assorbiti dal rilasciare il gioco su Steam entro il 2023; non sembrano esserci informazioni riguardanti la versione mobile del gioco.
Davvero un peccato.
Dopo aver metabolizzato la delusione, continuo la mia ricerca del corrispettivo perfetto ed è così che mi ritrovo sulla schermata di titolo di Tears of Themis. Qui, per prima cosa, mi viene chiesto di fare il download delle voci dei dialoghi di gioco.
Trattandosi di un gioco sviluppato nella terra del Sol Levante, tra le lingue selezionabili non figurano né l’italiano né l’inglese ma solo un buon numero di quelle parlate prettamente nei paesi orientali. Decido di selezionare il giapponese, tanto per mantenermi fedele a una certa familiarità maturata in anni di consumo di prodotti, videoludici e non, proprio a stampo nipponico, ma è in questo momento che si verifica un altro imprevisto, uno tra i meno “simpatici” per chi è avvezzo a giocare sul suo smartphone: quell’a dir poco snervante messaggio che recita “insufficient storage space“.
Avere disponibili quattro gigabyte di memoria (il corrispettivo del peso del pacchetto voci da scaricare) è un requisito che rischia di non essere immediatamente alla portata di ogni cellulare, spesso foto e video o la mole di file media che si accumulano nei meandri più oscuri delle cartelle di Whatsapp lasciano poco spazio di manovra.
Senza perdermi d’animo cancello qualche app e un po’ di vecchie foto da una galleria significativamente nominata Mykonos2015 e Tears of Themis è pronto ad accogliermi con il suo filmato introduttivo mozzafiato. Il colpo d’occhio dallo stile anime, dinamico e scintillante, lascia presagire il tema romantico che impregnerà la storia da qui in avanti.
Si inizia finalmente e ci ritroviamo nelle vesti di una tirocinante presso lo studio legale Themis. La giovane giurista, appena uscita da un asfissiante periodo trascorso sui libri, si presenta a noi in preda all’indecisione: prima di rientrare in ufficio sarà o meno il caso di lasciarsi tentare da un succulento dessert?
Sciolto il dubbio, faremo poi la conoscenza del nostro senior, Artem Wings, titolore della law firm e eccellente avvocato, dal carattere tanto serio e infaticabile da renderlo irresistibilmente affascinante: o almeno sembra essere di questo parere la nostra main character, da ciò che riusciamo a carpire dopo i primi scambi di battute e dai suoi pensieri espressi a schermo. D’altronde, quella che vede gli opposti attrarsi è una vecchia consuetudine .
Lungo il nostro corso ci faranno compagnia, alternandosi, diverse figure di questo tipo. Il playboy un po’ pericoloso, l’amico di infanzia sincero e affidabile e altre love interests con cui instaurare e sviluppare relazioni negli intervalli tra un caso e l’altro; se non fosse ancora chiaro, Tears of Themis rientra nella cerchia degli otome games, un genere di giochi mirato principalmente, per tematiche e estetica, a un pubblico femminile.
Allo stesso tempo è un free-to-play abbastanza schietto e lineare, spacchettato in capitoli, ognuno dei quali tenterà di catturare un pezzo della nostra attenzione in maniera differente.
Nelle sezioni investigative ci troveremo a raccogliere indizi e potenziali prove in ambienti ampi spesso più di una singola schermata scrollabile.
Nei capitoli in cui ci capiterà a tiro un potenziale testimone avremo la possibilità di interrogarlo e poi disporre delle sue dichiarazioni per esaminarle confrontandole con le prove già raccolte. Potremo quindi giungere a deduzioni vitali per procedere nelle ricostruzioni dei casi: queste fasi scivoleranno molto fluide e anche nell’ipotesi commettessimo un errore associando gli elementi forniti ciò non ci costerà granché, avremo semplicemente modo di riprovare.
Alcuni capitoli presentano poi delle speciali “battaglie dialettiche“. Si tratta in sostanza di discussioni verbali contro un altro npc giocate sotto forma di combattimento a turni, e cioè dovremo dare risposte “a tono” a quello che il nostro nemico ci dirà per zittire i suoi hit points. Nel corso del dibattito non utilizzeremo però risposte in senso stretto fatte di frasi o parole; lo faremo mediante l’utilizzo di carte, unico elemento che potremo ottenere mediante il gatcha incorporato. Le carte di per sé sono molto belle, riportano degli artwork dei personaggi maschili del gioco e si dividono in tre diverse tipologie, utili in base alle circostanze.
Quando avremo completato una dozzina di capitoli si spalancheranno per noi le porte dell’aula, per permetterci di fare la nostra entrata trionfale e risistemare tutto nell’ordine in cui giustizia reclama. Malgrado la fedeltà al format da cui Tears of Themis prende spunto, a queste trial, per la mancanza di alcune piccolezze, per il modo un po’ blando in cui sono inscenate, manca un pochino di enfasi. Mettiamola così: se Depp e la sua ex si fossero confrontati in un tribunale di Tears of Themis credo che avremmo decisamente avuto molte meno clip a giro su tiktok di quante ne abbiamo avute riguardo il loro processo.
Al di là delle battute, di questo titolo il punto di forza è senza dubbio la narrazione che risulta interessante e altamente intrattenente, i personaggi caratterizzati seguendo in maniera soddisfacente i canoni del racconto sentimentale giapponese, e il visivo, efficace nell’ottica di toccare le corde emotive che si prefigge.
E poi, sui giga investiti per avere il doppiato delle voci, sincero, ne è valsa la pena. Non ho rimpianto troppo l’ aver dovuto cancellare, tra le altre, la foto dove io, due miei amici, un greco e un irlandese di Cork stavamo sulla spiaggia ubriachi come Nikola Jovic dopo aver firmato un contratto multimilionario. A conferma che talvolta, alcune prove, è sempre meglio occultarle.
This post was published on 16 Ottobre 2022 12:30
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