E dire che le previsioni di inizio anno erano rosee.
Il mercato del gaming vive da qualche anno la crescita più esplosiva della sua storia, con ricavi tali da subissare qualsiasi altro settore dell’intrattenimento. La pandemia, come ci siamo resi conto tutti, e come sottolineato dalle analisi di mercato, ha accelerato il processo, contribuendo a far entrare il gaming tra le abitudini di spesa e consumo di un bacino di utenza in costante crescita. Crescita che, sebbene più contenuta, era continuata anche l’anno scorso: le progressive riaperture ed il ritorno ad una vita più o meno normale avevano sì fatto riscontrare un calo rispetto alla crescita Y-o-Y, ma ciò non ha impedito al mercato del videogioco di fatturare circa 180 miliardi di dollari (poco meno del PIL del Qatar).
Prima della crisi
In primavera, perciò, molte società di analisi dati avevano pronosticato un 2022 favorevole, stimando addirittura il superamento della soglia dei 200 miliardi di dollari di ricavi complessivi, con una crescita Y-o-Y di oltre il 5% e con Cina e USA principali attori di spesa, sui 50 miliardi a testa.
Certo non tutto era considerato rosa e fiori: qualche piccolo problemino era stato evidenziato, ad esempio la leggera contrazione della quota di mercato del gaming mobile, dal 52% del 2021 al 51%; o l’incertezza dell’espansione del mercato cinese a causa delle regolamentazioni governative (e senza poter prevedere il disastroso non-lancio di Diablo Immortal, la cui uscita nella terra del dragone è stata rimandata a data da destinarsi).
Nessun analista aveva però preso in considerazione l’ipotesi dello scoppio di una guerra in Europa, con conseguente lotta per il riassestamento degli equilibri geopolitici mondiali.
Durante la crisi
Con un autunno/inverno che si preannuncia il più buio e freddo dai tempi della Guerra Fredda, e un generale crollo dei consumi e aumento dell’inflazione pronosticato (e in parte già in corso) in tutta Europa, è legittimo nutrire dubbi rispetto alla tenuta del mercato del videogioco, in tutto e per tutto un bene di lusso e quindi senz’altro potenzialmente sacrificabile nella situazione di emergenza planetaria che stiamo vivendo.
Insomma, sono in molti a chiedersi se i venti di recessione spireranno anche sul settore del gaming, invertendo bruscamente la tendenza degli ultimi anni. Su questo argomento si sono espressi esponenti di diverse società di analisi intervistati da Gameindustry, dalle cui dichiarazioni emerge, con argomentazioni più o meno solide, un cauto ottimismo.
Per Karol Severin di Midia Research, alcuni segnali che una crescita così rampante non sarebbe potuta durare a lungo c’erano già prima dello scoppio del conflitto, evidenti dal continuo aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse sui prestiti, indici divenuti problematici già a partire dal 2019. In questo senso, la situazione è destinata ad aggravarsi da qui fino a fine anno, con effetti sulle abitudini di consumo che si protrarranno nel lungo periodo.
Forse a salvare la baracca concorrerà l’aumento delle sottoscrizioni dei servizi di abbonamento, che quest’anno sono in pieno boom. La ragione è da ricercarsi nella grande varietà di servizi e prezzi disponibili, che viene percepita come un’opportunità, al contrario di altre forme di abbonamento legate ad esempio a musica e video, che hanno già raggiunto soglie di prezzo tali da farle percepire come meno convenienti.
Su toni pessimistici è Piers Harding-Rolls di Ampere Analysis, che pronostica una contrazione del mercato a seguito del ritiro di molti publishers dal mercato russo – che nel 2021 rappresentava il decimo mercato al mondo per l’industria del gaming – e della Brexit, che ha aumentato i costi di import/export per il Regno Unito. Inoltre lo shortage di componenti e il rinvio di grandi IP sono tutti fattori che potrebbero contribuire ad una contrazione della spesa degli utenti per l’anno corrente.
Di diverso avviso invece è Serkan Toto di Kantan Games, che si dice nient’affatto preoccupato per il mercato gaming, trainato dal settore mobile in crescita dirompente. Il suo ragionamento si basa su una constatazione: gli store digitali sono sempre pieni di offerte. Anche qualora la distribuzione internazionale avesse difficoltà di approvvigionamento, il pubblico semplicemente di dirotterebbe ancor più sul mercato all-digital, usufruendo delle super-offerte degli store PC, degli abbonamenti del segmento console e del free-to-play di quello mobile.
Ed in effetti è proprio il settore mobile quello più promettente per i ricavi futuri del mercato, dato che la previsione per quest’anno ammonta a ben 91 miliardi di dollari, quasi quanto i segmenti PC e console messi assieme!
Tom Wijman di Newzoo è uno dei più ottimisti circa la capacità del mercato gaming di resistere agli scossoni del mercato, che pure ci sono stati ultimamente a partire dalle regolamentazioni sulla privacy e il loro impatto sulle pubblicità nel segmento mobile (pubblicherò presto un approfondimento al riguardo, stay tuned):
Mi aspetto che chi risentirà meno [della crisi attuale] siano gli attori che già propongono funzionalità live o servizi di abbonamento, come Riot Games e Microsoft. Questo non vuol dire che non ci saranno effetti [negativi]. Il settore mobile ha subito una forza frenante di recente, rappresentata dalle modifiche alla privacy che hanno messo in discussione il modello di acquisizione degli utenti.
Ma questo non ha avuto ripercussioni negative sul numero di utenti attuali (…) Il timore di una recessione porta le persone a rivalutare le spese per il tempo libero e potrebbe avere un impatto notevole su questo flusso di entrate (…) Rispetto ad altre forme di intrattenimento, riteniamo però che la spesa nel mercato dei giochi possa resistere alla recessione (…) perché ci sono così tanti modi in cui le persone possono spendere – contenuti premium, microtransazioni, abbonamenti – e c’è così tanto contenuto disponibile a fronte di piccoli investimenti. Tom Wijman intervistato da Gameindustry – 1 luglio 2022
Insomma, la sensazione generale è che la crisi globale ponga sicuramente delle difficoltà al mercato del gaming, ma esse sono relative soprattutto ai segmenti hardware e fisici, dovute a problemi di shortage e distribuzione. Difficoltà che possono essere arginate, almeno in parte, tramite un sempre maggior investimento del digitale, strada già segnata da tempo e destinata dai fatti attuali ad una ulteriore accelerazione.