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Speciali

Ho giocato Far Cry 3: Blood Dragon e non capisco perché Ubisoft non abbia creato un’IP a parte | #SaveAGame

Noi giocatori molte volte non capiamo cosa si celi dietro alle scelte di mercato delle aziende che lavorano nell’industria dei videogiochi. Giustissimo, non siamo del settore, ci giriamo intorno, ma non ci siamo dentro, non siamo dentro alle logiche di multinazionali che, prima di tutto, devono produrre introiti, perché il videogioco è anche un prodotto commerciale.

Un’azienda abbastanza controversa da questo punto di vista è Ubisoft, una volta simbolo di creatività, oggi additata come mungitrice seriale, infatti i suoi brand ormai si contano sulle dita di una mano; questi vengono reiterati nel tempo, con cadenza quasi “callofdutyana”.

Non penso ci sia bisogno di fare nomi e cognomi, anzi, facciamoli pure: Assassin’s Creed e Far Cry. Proprio su quest’ultimo mi vorrei soffermare, perché è giocando a un capitolo di questa serie che mi sono fatto alcune domande. E non è neanche un capitolo canonico, è un’espansione.

Blood Dragon è l’espansione stand-alone cyberpunk di Far Cry 3, l’ho sentita nominare spesso e sempre con toni entusiastici, tuttavia non mi sono mai preoccupato di recuperarla. Finché non ho spulciato il catalogo del nuovo PlayStation Plus e l’ho visto lì, con la sua cover ignorantissima e retrofuturistica. Ho pensato: “Perché non dovrei farlo?”. L’ho avviato in streaming. E ho capito che le aziende a volte fanno scelte incomprensibili.

Più cyberpunk di Cyberpunk

Blood Dragon è una delle esperienze più incredibili che abbia fatto negli ultimi anni, ribadisco, è un’espansione, non dura neanche tantissimo, ma distrugge giochi completi da 50 ore senza neanche tanti sforzi. Divertente, intenso, non si perde in chiacchiere inutili e soprattutto non ti fa desiderare di vedere la fine dopo qualche ora.

Blood Dragon è un inno al cyberpunk, come si suole dire: è più cyberpunk di Cyberpunk. Il contesto è quello che viene presentato il più delle volte in prodotti del genere, una guerra nucleare che porta il mondo allo scatafascio, con l’eroe di turno che da solo risolve la situazione. L’eroe di turno è Rex Colt, un soldato potenziato di generazione mark IV che deve fermare un gruppo di terroristi composto da cybersoldati alla ricerca di una bioarma, nascosta sull’isola in cui è ambientata l’avventura.

La storia non ha assolutamente picchi memorabili, tuttavia è l’esperienza nel complesso a regalare enormi soddisfazioni agli amanti del genere, grazie a tantissime chicche e citazioni alla cinematografia anni 70-80 e a un ritmo sempre stimolante, con zero momenti morti.

La narrativa di Blood Dragon ha due chiare ispirazioni: il manga Ken il guerriero e il capolavoro di Carpenter 1997 – Fuga da New York. Dal primo, il gioco Ubisoft riprende le modalità di racconto, visibili soprattutto nell’incipit in cui l’antefatto viene proposto proprio come nell’anime tratto dall’opera di Tetsuo Hara; del secondo, sono riconoscibili la scrittura, la sceneggiatura e l’atmosfera. Rex Colt è Iena Plisskin dotato di abilità sovrumane, un Plisskin al quadrato.

Quando il combattimento infuria Terminator prende in mano la situazione, mentre in sottofondo la soundtrack composta da Power Glove, il duo australiano di musica elettronica e synthwave, prende a calci rotanti le orecchie del giocatore. Non mancano, inoltre, citazioni a Robocop, Star Wars, Rocky e ai polizieschi Cobra e Danko. Come si può evincere, dunque, dalle fonti utilizzate per confezionare il prodotto finale, Blood Dragon non vuole essere un’opera cyberpunk alla Blade Runner, cioè raffinata, intima e filosofica. L’espansione di Far Cry 3 vuole rappresentare il cyberpunk nelle sue forme più violente, offrendo al giocatore un action adrenalinico.

Missione riuscita! Blood Dragon è ciò che i fan di Far Cry vorrebbero anche nei capitoli originali, un’azione immediata, velocità di esecuzione e un mondo che ti chiede solo di tirare calci nel sedere, senza perdersi in attività che smorzano il ritmo. Certo, Blood Dragon è un dlc, è normale che la mappa sia più piccola, che le cose da fare siano di meno e che si vada dritti al punto. Ma la domanda è: perché non possono avere queste caratteristiche anche gli altri giochi Ubisoft?

E se la risposta è: “non possono, punto e basta”, a me sorge un altro dubbio. Un dubbio che più giocavo più diventava grande, tanto da spazzare via dalla mia mente qualsiasi altro pensiero: se AC e FC erano destinati a diventare ciò che sono oggi, perché Ubisoft non ha pensato a creare un franchise a parte? Perché Blood Dragon non è diventata una serie?

Blood Dragon: una serie cyberpunk lineare

Blood Dragon è piaciuto a chiunque lo abbia provato, non conosco nessuno che non apprezzi questa espansione. Allora perché è sparito dai radar nonostante le enormi potenzialità da nuova IP? Io non posso credere che un’azienda come Ubisoft non sia in grado di riconoscere un prodotto di qualità quando ce l’hanno sotto il naso.

Poi però ci penso su e mi rendo conto che Ubisoft è la stessa azienda che messo in commercio New Dawn, versione alternativa in chiave rpg di Far Cry 5. Ci penso ancora un po’ è mi viene in mente che Beyond Good & Evil è stato trattato come un appestato e del suo sequel sapremo qualcosa nel 2043, quando probabilmente ci diranno che lo hanno cancellato. Rimango assorto nei miei pensieri ancora qualche minuto, tanto basta per ricordare che i remake di Splinter Cell e Prince of Persia sono evaporati.

Ecco, dov’è finita la Ubisoft che ha ideato Blood Dragon? Pare sia sparita il secondo immediatamente successivo al suo lancio, perché poi lo hanno lasciato lì a marcire, se non per riproporlo nella Classic Edition per l’ottava generazione di console.

Immaginate questa espansione come un gioco a sé stante, un’esperienza più lineare, un action/stealth cyberpunk da 15 ore, massimo 20, sulla falsariga di Deus Ex. Avremmo potuto avere oggi uno dei migliori esponenti del genere. A mio modesto parere, Blood Dragon avrebbe potuto fare da pilot per una successiva trilogia, tre capitoli da sfruttare al massimo dal punto di vista creativo, del game design e della narrativa, perché il cyberpunk è un genere più adattabile di quanto si pensi.

Forse Ubisoft non si è resa conto lei stessa di avere per le mani una declinazione del genere con delle basi già solidissime, infatti, nonostante le tante citazioni, Blood Dragon non è impersonale, ha una sua natura ben riconoscibile.

Un rischio ci sarebbe stato, quello che Ubisoft potesse mungere il brand, trasformandolo nell’ennesima vacca. Per questo ho parlato di trilogia, perché tre capitoli sono più che sufficienti per raccontare una storia profonda, evitando inutili allungamenti di brodo e tentativi di spremere il succo da un limone ormai striminzito.

Nulla, non è successo nulla. Blood Dragon è rimasto relegato nel suo angolino, Ubisoft avrà avuto i suoi motivi, ma permettetemi di dire che io questi motivi non li capisco e non li voglio capire. Un gioco divertente che non viene sfruttato con intelligenza è sempre una sconfitta per l’industria.


Leggi anche: Final Fantasy XVI non sarà open world: finalmente l’hanno capito che ha stuccato?

This post was published on 26 Giugno 2022 9:30

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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