Nei due precedenti articoli di questa rubrica abbiamo tracciato un identikit del videogiocatore americano e di quello giapponese, per analizzarne preferenze ed abitudini di consumo.
Sono molte le società di analisi dati ad occuparsi dei numeri del mercato dei videogiochi, che ormai da anni rappresenta il settore più redditizio dell’intero intrattenimento digitale. L’Italia segue le tendenze del mercato globale in termini di crescita sia del bacino di utenza che dell’aumento del fatturato del mercato videoludico, con una conseguente fioritura di nuove case di sviluppo e una generale penetrazione del medium nella quotidianità di sempre più persone.
Per noi appassionati è un piacere constatare che, malgrado qualche sacca di resistenza dovuta all’ignoranza, la percezione pubblica del videogioco non è più generalmente negativa o indifferente, complice l’impennata della sua diffusione nel corso del 2020 causata dal lockdown (vi rimando all’analisi dei ricavi globali del 2020 per la lettura di questi numeri eccezionali).
Come il mercato globale nel 2021 ha subito una leggera contrazione, senza dubbio dovuta all’alleggerimento delle restrizioni legate alla pandemia di COVID-19 (qui i numeri del 2021), anche il nostro paese ha seguito questa tendenza contrattiva, come evidenziato dal Rapporto IIDEA “I videogiochi in Italia nel 2021 – Dati sul mercato e sui consumatori“ recentemente pubblicato.
Attraverso l’ottimo lavoro di sintesi operato dall’associazione è oggi possibile tracciare un profilo dei giocatori italiani e farsi un’idea circa il futuro di questa forma di intrattenimento nel nostro paese (spoiler: è un futuro roseo).
Basta una rapida occhiata ai dati per sfatare un mito vecchio a morire, ovvero che i videogiochi siano “roba per bambini”. In effetti, la maggior parte dei videogiocatori italiani sono adulti fatti e finiti!
Fatto più che naturale, i bambini di 30 anni fa oggi sono adulti e continuano a perpetrare la loro passione videoludica. Ovviamente il medium suscita anche l’appetito dei più giovani: osserviamo come sia la fascia d’età adolescenziale a costituire un picco, sia nei maschi che nelle femmine. Non è difficile immaginare questo bacino d’utenza: ragazzi in età scolare, curiosi di esplorare il medium, magari con qualche entrata economica che garantisca loro una possibilità di spesa; la fascia 15-24 è dunque la più ricettiva, assieme a quella 45-64, probabili affezionati gamers della prima ora, uomini e donne fatti e finiti con una costante disponibilità a pagare, oppure professionisti che giocano più casualmente tramite smartphone, tra una trasferta di lavoro e un viaggio in metropolitana.
Questi 15 milioni di italiani costituiscono il mercato del videogioco nel nostro paese: rappresentano il 35% della popolazione complessiva, e in sé il loro numero non rende certamente l’Italia un bacino d’utenza particolarmente enorme; oltretutto i numeri evidenziano la contrazione di cui ho accennato in apertura dell’articolo: si è passati dai 16,7 milioni vi videogiocatori del 2020 ai 15 del 2021, un calo evidente. Tuttavia vi pongo 2 spunti di riflessione. Primo: in un paese refrattario alla tecnologia e legato ad una cultura umanistica, 15 milioni è un numero incoraggiante.
Vero, la tendenza è calante rispetto all’anno precedente, ma era impensabile mantenere il livello raggiunto dall’exploit dell’anno del lockdown. Secondo: il pubblico femminile rappresenta poco meno della metà dell’utenza totale, indice del fatto che anche il vecchio adagio secondo cui i videogiochi “non sono roba da femmine” è ormai vetusto, ammesso che sia mai stato vero.
Nel recente articolo sulla storia di Koei Tecmo abbiamo visto come il videogioco creato “dalle donne per le donne” sia una realtà già dagli anni ’90 in Giappone. E nel nostro paese le videogiocatrici aumentano sempre più le loro fila, magari anche grazie alla sempre maggior visibilità di content creators di sesso femminile, oltre ad un cospicuo numero di redattrici nelle testate giornalistiche dedicate e alla presenza femminile in aumento nell’industria videoludica italiana, anche in ruoli apicali (conoscerete ad esempio Luisa Bixio, CEO di Milestone, la più importante software house italiana).
Ma a cosa videogiocano gli italiani? Se diamo un’occhiata alla classifica dei giochi più venduti nel 2021, il panorama appare abbastanza variegato, ma con un punto fermo imprescindibile: il calcio viene prima di tutto.
I titoli sportivi macinano numeri anche in virtù della loro propensione al multigiocatore: FIFA lo si gioca spesso in almeno due persone, ma per molti è un’abitudine organizzare tornei e/o partitelle con il proprio gruppo di amici, e così il numero di giocatori si moltiplica ulteriormente.
Le prime posizioni, inoltre, non sono affatto una particolarità italiana, ma rispecchiano in toto i trend dell’intero continente europeo. Il podio è identico alla classifica di vendita 2020 in Europa, UK esclusa, per quanto riguarda il mercato digitale; se invece si considera digitale e fisico insieme le prime due posizioni rimangono inalterate, mentre il terzo posto è occupato da Animal Crossing: New Horizons (fonte: Gameindustry). Non è dunque il caso di stracciarsi le vesti accusando i videogiocatori nostrani di avere gusti troppo mainstream, dato che sono totalmente in linea col resto del continente.
Da questa classifica si possono rintracciare le preferenze del pubblico rispetto ai generi videoludici più giocati: si tratta prevalentemente di simulazioni sportive e action-adventure, questi ultimi in particolare connotati da meccaniche esplorative a mondo aperto, di cui sono esempio GTA V, Assassin’s Creed Valhalla e Red Dead Redemption 2.
Possiamo anche renderci conto della prevalenza dei marchi Sony e Nintendo rispetto a Microsoft: in classifica infatti non appaiono titoli esclusivi Xbox, mentre figurano due esclusive PlayStation (Spider-Man: Miles Morales e Gran Turismo Sport) e numerosi titoli Nintendo, forte di IP storiche come Mario e Pokémon. I giocatori Nintendo in particolare meritano qualche parola ulteriore: essi sono infatti i più coinvolti in assoluto in termini di monte ore speso a videogiocare.
Come potete immaginare, i possessori di Nintendo Switch sono una minoranza rispetto a coloro che hanno in casa una PlayStation (in totale, 5 milioni di giocatori) e sono in numero inferiore anche rispetto ai PC gamers e a chi gioca su smartphone. Eppure, i titoli esclusivi Switch presenti in classifica sono ben 6: dobbiamo quindi immaginare che i giochi summenzionati siano stati acquistati dalla stragrande maggioranza di tutti coloro che possiedono la console di Nintendo, cosa d’altronde abbastanza ovvia dato che è l’unica piattaforma su cui è possibile giocarli.
Guardando i numeri relativi al monte ore speso in compagnia dei videogiochi, notiamo appunto che i nintendari sono coloro che dedicano più tempo alla settimana al loro hobby: ben 9 ore in media, il doppio dei PC gamers e dei possessori di Xbox One!
Nella scelta delle fonti di informazione il pubblico italiano si dimostra piuttosto conservatore, preferendo i media classici (tv e stampa generalista) rispetto a testate specializzate, content creators tematici e comunità online.
Ma la fonte di informazione principale rimane quella diretta, ovvero il passaparola: che sia il consiglio di un amico o il suggerimento di un parente, è la cerchia delle conoscenze strette a imporre il suo primato tra i canali informativi preferiti dagli utenti.
Sarebbe interessante se IIDEA discriminasse ulteriormente questi dati sulla base delle fasce d’età, perché la mia impressione personale è che le percentuali possano cambiare significativamente da un sottoinsieme anagrafico ad un altro: per esperienza personale ad esempio so che molti miei coetanei (30-35) consultano quotidianamente siti web specializzati, magari tramite feed RSS creati ad hoc, oppure sono iscritti a newsletter a tema, seguono gli showcases web dei developers ed in generale evitano come la peste i programmi televisivi in cui viene affrontato l’argomento videoludico.
Tuttavia mi rendo conto di possedere una percezione molto parziale del pubblico, avendo esperienza diretta solo della mia bolla di conoscenze, rappresentata per forza di cose da utenti molto ben informati e che bazzica nel medium da decenni.
Non deve stupire quindi che la maggior parte delle persone raccolga informazioni dalle pagine dei giornali generalisti cartacei (o dalle loro controparti web), tanto più che oggigiorno un numero vieppiù crescente di testate accoglie al proprio interno rubriche dedicate al mondo hi-tech o dell’intrattenimento digitale in generale.
Giudico questo fatto positivamente: lungi dall’essere un negativo abbassamento del livello della discussione attorno al medium, è invece indice di quanto i videogiochi stiano diventando pervasivi, parte integrante della quotidianità di sempre più persone, tanto da spingere anche i media generalisti ad occuparsene sempre più. Anche perché forse hanno capito, in base la numero di click, che l’argomento tira abbastanza da poter generare un ritorno economico non indifferente.
Al di là di console e PC, i videogiocatori italiani sono particolarmente attivi sul fronte mobile: sono ben 9 milioni gli utenti smartphone/tablet, un bacino più grande degli altri due, fermi entrambi a quota 6,9 milioni.
Anche in questo il mercato italiano riflette la tendenza globale circa il mobile gaming, che sta vivendo la sua età dell’oro, con quasi 91 miliardi di dollari di ricavi totalizzati lo scorso anno (per maggiori informazioni su questo exploit vi rimando all’analisi dei numeri del mercato globale del mobile gaming 2021).
A prescindere dai numeri assoluti, è interessante notare che i dispositivi mobili siano tra le piattaforme più utilizzate da ogni fascia d’età di videogiocatori, il che spiega la tanto rapida diffusione del gaming su tali dispositivi: chi non ha uno smartphone, al giorno d’oggi? E chi non si installa almeno un giochino per passare il tempo?
Insomma abbiamo visto come l’identikit del videogiocatore italiano sia uno specchio delle tendenze globali dell’intero mercato: si tratta di videogiocatori di ogni età, di entrambi i sessi, che prediligono simulazioni sportive e action-adventure e amano giocare tramite dispositivi portatili.
In chiusura è interessante accennare brevemente alle politiche economiche a sostegno del settore, una realtà molto giovane in Italia (quella delle politiche a sostegno, non quella del videogioco, che ha ormai decenni di storia alle spalle).
Risale solo all’anno scorso l’istituzione del First Playable Fund, fondo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico introdotto dal DL Rilancio del 2020 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’8 febbraio 2021 “con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo dell’industria dell’intrattenimento digitale a livello nazionale attraverso la concessione di contributi a fondo perduto in favore di progetti che, attraverso lo sviluppo delle fasi di concezione e pre-produzione, intendono realizzare un prototipo di videogioco destinato alla distribuzione commerciale” (fonte).
Nel 2021 tale contribuito è ammontato a 4 milioni di Euro, una cifra sostanziosa per sviluppatori indipendenti, ma pressoché irrisoria per realtà più grandi. È un vero piacere quindi constatare che, per il 2022, Il Ministero della Cultura ha a sua volta deciso di sostenere il settore, dedicando ben 11 milioni di Euro a copertura del Tax Credit Videogiochi.
Come forse saprete il credito d’imposta permette di ottenere un credito esattoriale quantificato in un valore percentuale rispetto al totale della cifra investita in un progetto audivisivo (in questo caso videoludico). Per il 2022 tale soglia è fissata al 25% del budget totale di produzione. Ciò significa che, se una casa di produzione spende 100 per produrre un videogioco, 25 gli verrà scalato dalle tasse.
Si tratta di un meccanismo in vigore da molto tempo per l’industria cinematografica, che ha reso appetibile l’investimento nella produzione da parte di enti privati, invogliati dai vantaggi fiscali che tale operazione comporta. Una tale applicazione in ambito videoludico non può che rappresentare uno stimolo agli investimenti, anche se forse non è ancora una cifra abbastanza elevata da attrarre soggetti esteri.
L’attenzione sempre maggiore delle istituzioni nei confronti del settore videoludico è una notizia incoraggiante, le prospettive di crescita del videogioco Made in Italy, mercato che vale oggi poco più di 2 miliardi di dollari, non sono mai state così rosee: Italia, cogli questa opportunità!
This post was published on 28 Marzo 2022 14:30
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