Paese che vai, videogiocatore che trovi: dopo la scorsa analisi, dedicata a tracciare un identikit dell’american gamer, è il momento di esaminare ciò che avviene dalla parte opposta del mondo, in quel Giappone che ha dato i natali a tanti dei nostri titoli preferiti e che contribuisce in modo continuo a plasmare l’industria del gaming con i suoi geniali game designer e le sue storiche software house.
Ma il Giappone è unico anche dal punto di vista del suo pubblico di videogiocatori: un bacino d’utenza con gusti a volte molto distanti da quelli occidentali, e di cui osserviamo le conseguenze nella pletora di generi e titoli destinati al solo mercato interno, poiché di nessuna presa o difficilmente comprensibili per chiunque non provenga dal paese del Sol Levante. Ma nel concreto, a cosa giocano i giapponesi, e per quanto tempo? Che preferenze hanno dal punto di vista estetico e di gameplay? Sono fedeli ai brand nazionali, o manifestano segnali di interesse anche nei confronti dei grandi produttori esteri, ad esempio Microsoft e Tencent? Scopriamolo dati alla mano, grazie al sempre ottimo lavoro di analisi di mercato operato da Newzoo, che ci permette conoscere meglio i nostri cugini asiatici.
Giocatori di ruolo
Il primo dato che balza all’occhio è la quantità: Newzoo stima in 75.6 milioni il totale dei videogiocatori in Giappone! È un numero impressionante: se tutti gli italiani videogiocassero, non ci avvicineremmo neppure ad un numero così alto (siamo poco meno di 60 milioni secondo la stima 2020 della Banca Mondiale). È chiaro che il Giappone ha un peso specifico notevole nelle scelte produttive dell’industria del gaming: nel concreto si tratta di un mercato che è valso oltre 22 miliardi di dollari di ricavi nel corso del 2021. Un mercato che è utile cercare di definire meglio, per capire quali possano essere le future tendenze di acquisto di un pubblico di non facile decifrazione.
Di questi 22 miliardi, ben 12 sono derivati dal segmento mobile, che è attualmente il metodo di fruizione videoludica preferito dai giapponesi, davanti a console e PC (qui l’analisi del mercato del mobile gaming nel 2021). Ma a cosa giocano i giapponesi? È possibile individuare un genere predominante nelle scelte di consumo del pubblico? La risposta è sì: si tratta dei GDR.
Quasi superfluo ricordare la fondamentale importanza che il genere del gioco di ruolo, declinato in JRPG, ha avuto nello sviluppo dell’industria del gaming giapponese. Si tratta di uno dei generi più antichi, frequentati ed apprezzati dal pubblico di tutto il mondo. Serie come Final Fantasy e Dragon Quest hanno fatto la storia di Nintendo e Sony, sono talmente note nel mondo dal renderle spesso sinonimo di GDR o addirittura di videogioco. Vero è che, trattandosi di esperienze di gioco profonde e complesse, si prestano meglio ad essere esperite su una console domestica piuttosto che tramite una piattaforma mobile. Ecco perché la forbice che separa il genere dalle altre percentuali è più marcata nel settore console.
Da notare il raffronto con le tendenze del mercato globale: sempre soffermandoci sul segmento console, osserviamo che la quota dedicata ai GDR in Giappone è esattamente il doppio rispetto alla tendenza estera, 46% contro 23%. Insomma, se siete rimasti stupiti dal fatto che un’azienda abbia concesso un giorno di ferie ai propri dipendenti in occasione dell’uscita di Monster Hunter Rise, ora sapete il motivo.
La forbice si riduce comprensibilmente quando si esamina il mercato mobile, che per sua natura si presta ad esperienze maggiormente mordi-e-fuggi. In ogni caso, il primato dei GDR permane anche qui, forte probabilmente del successo di titoli GaaS come Genshin Impact, che rappresenta solo la punta dell’iceberg di una moltitudine di esperienze (MMO)RPG free to play disponibili per il mercato mobile, in cui i grandi produttori asiatici, e cinesi in primis come Tencent e NetEase, si sono gettati con enorme profitto nell’ultimo decennio. In ogni caso, in questo segmento il GDR se la gioca quasi alla pari con il puzzle game, genere che va a nozze con la portabilità. Qui i gusti di giocatori americani e giapponesi si avvicinano: avevamo visto nella precedente analisi che le meccaniche puzzle siano quelle predilette negli USA. Come gli americani, inoltre, l’utenza nipponica ha una predilezione per i setting e le tematiche fantasy, che sono giudicate attrattive dalla metà del campione statistico analizzato per questa ricerca.
A distinguere marcatamente il Giappone dal resto del mondo è invece lo scarsissimo appeal esercitato dai generi shooter e strategico, tra i meno amati in quei lidi.
Solo il 23% dei giocatori intervistati ha giocato ad uno shooter su console negli ultimi 6 mesi del 2021, e solo il 14% ha messo mano ad un arcade o ad uno strategico. Se per questi ultimi due generi si può ragionare sul fatto che in generale siano poco popolari su console, lo stesso non si può certo dire per gli shooter, che da Halo in poi (ma anche prima ovviamente) hanno spopolato, almeno in occidente. l’Asia dal canto suo è patria di alcuni grandi franchise del genere, ad esempio PUBG della coreana Krafton. Anche in questo caso si tratta di esperienze più diffuse su mobile o PC, a discapito delle console, piattaforme su cui i giapponesi adorano giocare a GDR, avventure e simulazioni.
Il dato è ancor più eclatante se si considera che, in tutti gli altri paesi in cui Newzoo ha condotto la stessa ricerca (quantificati in 33 come si vede dalla slide qui sopra) gli shooter occupano sempre la prima posizione! Il pubblico nipponico è insomma in controtendenza rispetto al resto del mondo da questo punto di vista. Vero è che si tratta di un genere privo di una forte tradizione locale, a meno di non andare a ripescare qualche serie dell’epoca dei bullet hell e dei run-and-gun Konami, vedi Contra e Gradius.
C’è però un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione, ovvero il tipo di console da gioco: i giapponesi sono patiti di Nintendo Switch, la console di gran lunga più venduta nel Sol Levante. Nel 2021 ne sono state commercializzate più di 5 milioni di unità, mentre la seconda console più venduta, ovvero PS5, non ha piazzato nemmeno un milione di esemplari (fonte)!
Spesso si commette l’errore di considerare la dicotomia PlayStation/XBox senza tenere conto della piccola ma agguerritissima console portatile di Nintendo che, non avendo sofferto gli stessi problemi di shortage delle rivali, ha serenamente conquistato le classifiche di vendita persino negli USA (fonte). Com’è facile intuire, la console portatile non è certo la piattaforma più indicata su cui giocare ad uno shooter: molto meglio un caro vecchio RPG!
A proposito di dicotomia Sony/Microsoft, si tratta di una polarizzazione verissima, dal punto di vista delle vendite. Se, come abbiamo visto nell’analisi dedicata ai videogiocatori americani, gli USA hanno iniziato a privilegiare Xbox a discapito di PlayStation, in Giappone le parti sono nettamente invertite. L’azienda di Redmond non è mai riuscita a fare breccia nel mercato console locale, anche se va dato atto alla next-gen Microsoft di essere riuscita a piazzare in poco più di un anno più hardware dell’intera scorsa generazione: circa 125.000 Xbox Series X|S piazzate finora, rispetto alle 115.000 Xbox One piazzate durante l’intero ciclo vitale della console (fonte). Una piccola vittoria che potrà forse essere di incoraggiamento per ulteriori tentativi di penetrazione.
Si prega di non disturbare il gēmā
I videogiocatori giapponesi non esprimono particolari preferenze circa la componente estetica dei giochi, (lo stile anime, prediletto dal 38% degli intervistati, ha comunque la quota maggiore). Allo stesso modo, quando si indagano le motivazioni principali che spingono l’utenza nipponica a giocare, le risposte sono equamente distribuite tra 3 fattori principali: relax (50%), passatempo (49%) e immersione (45%).
Sono risposte coerenti se raffrontate ai generi preferiti: il successo dei GDR ben si adatta alla voglia di immersione e di esplorazione narrativa dichiarata dal 45% dei giocatori, più alta di 7 punti percentuali rispetto alla media globale. E la legittima voglia di relax, condivisa pressoché da tutta la platea dei videogiocatori del mondo, è sensibilmente più bassa rispetto alla media, addirittura di 13 punti. Segno che i giapponesi tendono comunque ad approcciare il medium in modo meno casual della media, applicandovisi con maggior dedizione.
Altro indice del fatto che il pubblico nipponico si dedichi al gaming con più fervore è dato dal fatto che si tratta di un pubblico che predilige di gran lunga esperienze single-player, a prescindere dalla piattaforma di gioco che adopera.
Anche in questo caso, tutto torna: quando il tuo genere preferito è il GDR e giochi prevalentemente su Switch, difficilmente macinerai centinaia di ore in sessioni multiplayer su CoD Warzone e simili. Vero è che nel lungo periodo l’expolit di vendite di Final Fantasy XIV (attulamente il gioco di ruolo online col maggior numero di utenti attivi secondo MMO Population) e di altri MMORPG potrebbe concorrere a mutare questa tendenza del gioco in solitaria verso una maggior propensione ad esperienze condivise, ma per ora il giocatore nipponico è fortemente concentrato nel viversi le proprie avventure in compagnia di una sola persona: se stesso. In effetti, motivazioni quali la socializzazione e la competizione sono tra i fattori meno incisivi in assoluto per quanto riguarda gli incentivi al gioco da parte degli utenti giapponesi.
Questo implica che i giapponesi aborriscano il multiplayer? Ovviamente no, si tratta solo di indicazioni di preferenze, non di aut-aut. Non si possono quindi escludere mutamenti di gusto e costume videoludici in futuro, anche se probabilmente non avverranno in tempi brevi. Forse il segmento di mercato dove si potranno osservare più velocemente degli eventuali cambiamenti è quello mobile, dato il bacino di utenza sempre maggiore a livello globale (qui il mio focus su numeri e tendenze del mercato mobile nel 2021); sebbene sia il settore meno frequentato in assoluto dai giapponesi in termini di multiplayer, è anche uno dei settori dall’evoluzione più vivace in assoluto, con sempre maggiori investimenti ed esperienze videoludiche in grado di fidelizzare enormi comunità di appassionati.
Solitario, nintendaro e dedito alla causa: l’identikit del nihonjin no gēmā è stato tracciato! Si tratta senza dubbio di un profilo sensibilmente differente rispetto a quello dell’american gamer. Verrebbe da chiedersi se il continente europeo possa fungere da sintesi tra questi due poli. Per scoprirlo, dovremo provare a prendere in esame un mercato a noi più vicino. Che sia il caso di profilare anche il videogiocatore italiano? Hmm…